Aldo Rossi, un protagonista del mondo della progettazione italiana del ventesimo secolo, entra finalmente al museo del Novecento di Milano, sua città d’origine, con oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi disegnati e realizzati dal 1960 al 1997. La mostra è stata possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Aldo Rossi, la curatrice Chiara Spangaro dirige l’istituzione, e Silvana Editoriale. Si è avvalsa della sponsorship delle realtà che sono state un punto di riferimento della ricerca di Rossi, produttori dei mobili, archivi, collezioni private.
Per la prima volta l’intero percorso culturale di una vita non si articola in una mostra antologica ma per temi, che approfondisce la figura dell’architetto, designer, teorico e critico. Per la prima volta a Milano.
Attraverso un allestimento che gioca sulla predominanza del rosa, colore d’elezione in tante opere, il progetto espositivo firmato da Morris Adjmi – MA Architects, collaboratore e poi associato di Rossi a New York, racconta l’universo di Aldo Rossi in nove sale.
Chiara Spangaro spiega come Piazza del Duomo sia stato uno dei luoghi più significativi nella memoria di Rossi. “I suoi disegni, i suoi racconti poetici reinventano il contesto vicino, pensava alle caffettiere e alle teiere dei salotti milanesi, fino ad arrivare al divertimento del fuori scala”.
Durante la conferenza stampa abbiamo ascoltato testimonianze commosse in memoria dell’architetto. L’exibition designer Morris Adjmi si è mostrato orgoglioso di aver svelato e narrato l’umanità di Rossi, attraverso lo sviluppo di un progetto erede di un professionista che ha fatto scuola. E’ intervenuta brevemente anche Fiorella Minervino, giornalista e critico, che ha ricordato il grande affetto di Rossi per la città di Milano.
La prima sala ci dà il benvenuto con lo studio del rapporto tra immagine dipinta e realtà oggettuale.
Nella seconda osserviamo prototipi e varianti di un immaginario panorama domestico fino alla ricostruzione di un ambiente poetico. Se passiamo alla terza sala troviamo la serie Parigi (UniFor, 1994) e il servizio Tea Coffee Piazza (Alessi, 1983). Vivono in simbiosi con i disegni inediti alle pareti, anzi ne rappresentano il centro visivo e metafisico, con testimonianze progettuali della casa di Rossi in via Rugabella.
Tema della quarta sala è la varietà della produzione oggettuale, in rapporto con la forma del cubo che rievoca il Cimitero di San Cataldo a Modena. Così sono messe in relazione alle figure geometriche apollinee utilizzate dall’architetto sia nel design che nell’architettura. I prototipi per Richard-Ginori e Rosenthal, le piante architettoniche del Monumento ai Partigiani di Segrate e della scuola di Fagnano Olona, i tappeti realizzati con ARP Studio in Sardegna (1986) o le tarsie lignee di Bruno Longoni Atelier d’arredamento(1997), rappresentano la quinta sala, mentre la sesta è dedicata all’arredamento e alla casa. Qui l’allestimento si fa installazione con sedie, poltrone, grandi mobili e le loro varianti per materiale e colore, dalla scrivania Papyro (Molteni&C,1989) al tavolino Tabularium (Up&Up, 1985).
La settima sala è il cuore del progetto e della parabola progettuale di Aldo Rossi: l’interno domestico.
Ci troviamo all’interno di una ricostruzione che riunisce mobili e oggetti di Rossi con altri da lui collezionati e presenti nelle sue case. L’insieme degli elementi ci invita ad entrare idealmente nel suo spazio personale.Altri arredi ideati da Rossi per alcuni suoi edifici corredano l’ottava sala: come la seduta per il Teatro Carlo Felice di Genova (Molteni&C|UniFor, 1990). Il discorso iniziale sulle forme geometriche si ricongiunge circolarmente al Teatro del Mondo, come una presenza magica che rievoca le costruzioni temporanee in legno, dal faro alla cabina, al teatro galleggiante. L’ultimo tratto si ricollega alle opere per prime in mostra.
Se immagiamo i nove spazi come aree che trasmettono la macro-relazione della carriera di Aldo Rossi tra arte e design, è in realtà in tutto il percorso espositivo e cronologico che emerge la costante relazione tra opere grafiche e prodotti artigianali o industriali, con l’accostamento di riferimenti alle architetture e allo spazio privato.
Guardando alla produzione di Rossi, fin dai primi mobili realizzati nel 1960 con l’architetto Leonardo Ferrari, riflette sul rapporto tra la scala architettonica e urbana e quella monumentale e oggettuale.
Succede però che dal 1979 la dedizione alla produzione industriale e di alto artigianato, realizzando arredi e prodotti d’uso. Con Alessi, poi con Artemide, Design Tex, Bruno Longoni Atelier D’arredamento, Molteni&C|UniFor, Richard-Ginori, Rosenthal, Up&Up (oggiUpGroup).Tutt’ora sono in produzione molti dei frutti di quasi vent’anni di lavoro, sperimentando forme e cromie nel campo dei metalli e del legno, del marmo e della pietra, della ceramica e della porcellana, dei tessuti artigianali e industriali e dei materiali plastici.
Per lo spettatore varcare la soglia del museo del Novecento per Aldo Rossi. Design 1960-1997, significa immergersi prima di tutto in un racconto.
Talvolta immaginifico, spesso inaspettato è il dialogo tra forma e uso, classicità, ironia e metafisica. In quest’ottica sono esposte la libreria che somiglia ad un Piroscafo (con Luca Meda per Molteni&C, 1991), La conica o La cupola sono ora macchine per il caffé (Alessi,1984 e 1988) ora elementi allestitivi del Teatro Domestico (XVII Triennale di Milano, 1986). Il Faro, già teatro a Toronto e museo nell’isola di Vassivière, è una teiera in vetro e ceramica per Rosenthal (1994) o il Monumento di Segrate Si affaccia da una tarsia lignea per Bruno Longoni o da un tappeto tessuto in Sardegna.
Il prezioso insieme delle opere in mostra è per la prima volta riunito grazie al dialogo e alla collaborazione con: musei e archivi aziendali (Museo Alessi; Molteni Museum; archivi di Bruno Longoni Atelier d’arredamento e di Up Group); collezioni museali italiane e internazionali (Bonnefantenmuseum,Maastricht; Centre Georges Pompidou, Parigi; Fondazione Museo Archivio Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Firenze; MAXXI – Museo delle arti del XXI secolo, Roma; Università Iuav di Venezia; Triennale di Milano) e diverse collezioni private.
Correda la mostra una speciale edizione con lo stesso titolo: il catalogo ragionato “Aldo Rossi.Design 1960-1997”.
Edito da Silvana Editoriale, a cura di Chiara Spangaro e con un saggio critico di Domitilla Dardi. Come per la prima volta l’intera ricerca di Rossi è esposta al Museo del Novecento di Milano, così la pubblicazione è la prima ad accogliere tutti i suoi progetti di design, dai prototipi agli oggetti realizzati, gli inediti e i fuori catalogo disegnati dal professionista insignito del Pritzker Prize nel 1990.
Perché dunque andare a vedere la mostra, aperta fino al 2 ottobre?
Perché la storia del progetto italiano, di cui l’opera di Rossi è tra i suoi nomi internazionali, è la storia del Novecento, ed è stata una forma mentis condivisa con molte post avanguardie e ricerche d’arte contemporanea, dal secondo Dopoguerra.
Michela Ongaretti
Per saperne di più: www.museodelnovecento.org , c.museo900@comune.milano.it