Il gioco dell’Arte e del Design per Marc Kalinka
di MICHELA ONGARETTI
Marc Kalinka è un artista poliedrico, attivo da molti anni sulla scena artistica internazionale con installazioni multimediali, performance, fotografia, stampa digitale, serigrafia e scultura. Era ad esempio presente alla Biennale di Mosca nel 2005 e 2007, alla Biennale di Venezia nel 2007 e nel 2011, al Frieze Art Fair London, Just Madrid e Loop Barcelona. Nel 2014 si vedevano sue opere ad Art Brussels e Manifesta 10. Durante il Fuorisalone 2015 l’abbiamo notato in veste di designer con Qbo, un prodotto a cavallo tra il design e la scultura, presentato in anteprima presso lo spazio Raw. Ora si trova al Nhow Hotel di Milano, per la mostra del MAD-Milano Art Design, in corso fino alla fine di Expo 2015.
The many me. Who is the real Kalinka? – Installazione video 2009-2011
Ciò che non ci lascia indifferenti è il suo grande entusiasmo per lavori diversissimi tra loro, e il desiderio di veicolare concetti profondi attraverso un’impostazione giocosa, spesso ludica del proprio lavoro e della sua fruizione. Può darsi che questo provenga dal suo imprinting dato dall’esperienza decennale nel mondo del teatro, per cui l’intrattenimento e la narrazione sono una cosa sola. Abbiamo quindi deciso di incontrarlo per conoscere la sua storia, e abbiamo scoperto il suo coinvolgimento in diversiprogetti interdisciplinari, nei quali la memoria e l’attivazione di chi osserva sono fondamentali.
Estrae dalla borsa un dono: è una scatola che ci porge presentandola come il catalogo della mostra Club 21:Remaking the Scene, a cui ha partecipato nel 2010 presso la galleria One Marylebone di Londra. Si trattava dell’incontro tra diversi artisti da tutto il mondo, tra cui Adrian Paci, Roberto Cuoghi e Jota Castro , impegnati a reinventarsi il concetto e l’atmosfera di un club degli anni ottanta, dove performance e sound art sono presentate insieme ad installazioni, favorendo e stimolando l’interazione con l’audience. Il musicista Steve Piccolo, che fu un protagonista della scena underground neworkese aveva curato la parte sonora e performativa, mentre la curatela era di Oxana Maleeva con Art Apart.
Marc Kalinka – Consequences, 2011
Nel 2015 ha partecipato alla mostra La Casa dei tuoi sogni, organizzata a Bratislava dall’Istituto di Cultura Italiana, sempre curata da Oxana Maleeva e Steve Piccolo. Alcuni pezzi di design storico italiano erano accostati ad opere d’arte di Vedovamazzei, Steve Piccolo, Gabriele di Matteo, Aldo Damioli e Antonio Paradiso, per presentare l’eccellenza italiana in occasione della Festa della Repubblica.Il progetto era organizzato dal Mudam Museum of Luxembourg and Victoria e the Art of Being Contemporary Foundation di Mosca. Kalinka aveva presentato l’opera Consequences, e ancheil concept del catalogo-scatola è suo. Pare studiato per cambiare l’abitudine del lettore, che non sfoglia pagine ma manipola un oggetto: lo deve girare, aprire, e far suonare come uno strumento musicale o un gioco infantile per conoscere i contributi dei curatori sul mondo del clubbing di cui facevano parte personaggi come Andy Wahrol e Jean Michel Basquiat. Il design del catalogo testimonia la sua necessità di usare linguaggi diversi e insoliti che formano un’opera con un contenuto che che si espande con l’interazione, il coinvolgimento di un’azione che può far cambiare o aggiungere senso, sempre facendo scoprire a chi compie quell’azione la propria natura di giocatore curioso.
Qbo nell’allestimento dell’hotel Nhow
Anche Qbo rappresenta un possibile ponte tra l’arte e il design, nel suo trovarsi in una zona affascinante di confine, dove convivono senza soluzione di continuità entrambe le parti. L’estetica cerca una funzione e la funzione si rifugia nella bellezza del materiale e della forma pura. E’ un mobile ed una scultura componibile e scomponibile, che pare ispirarsi al concetto del cubo di Rubik nella possibilità di muovere le diverse facce, soltanto che per Qbo tutte hanno la stessa elegante venatura del legno da mostrare, in questo modo comunque siano posizionate la struttura mantiene una sua organica completezza.

L’artista stesso definisce l’opera una “forma che custodisce segreti”: per questo chi se lo trova di fronte, può essere chi ha deciso di tenerlo all’interno della propria casa e fruire della sua funzionalità, oppure chi lo nota in un contesto espositivo, non può non “viverlo”, ed esplorarlo nella sua trasformazione. Qbo mantiene quindi la sua armonia monumentale da chiuso, ma può assumere oltre venti configurazioni dalle forme di base,due cubi e due esaedri, mediante lo spostamento dei volumi attraverso l’uso di cerniere e tessuto architettonico.
E’ ideato come un’opera d’arte, la cui ispirazione e genesi avviene attraverso “ una sequenza di immagini che si ricomponevano continuamente, disposte su più dimensioni che si inseguivano e si sovrapponevano”, rivelando come per Kalinka l’opera, fin dalle sue origini, è sempre narrazione. E’ racconto dell’opportunità di essere diverse personalità in una sola.
Il progetto tecnico dello scorso anno è stato curato da Supercake, uno studio di progettazione composto da giovani architetti e designer di Milano nato nel 2011, il cui intento è proprio quello di creare sistemi e arredi flessibili e in grado di adattarsi a differenti funzioni ed esigenze. L’approccio progettuale, in accordo con l’ideatore del design, segue i valori di originalità e intuizione, flessibilità nel pensiero, capacità di analisi e sintesi, e ovviamenteridefinizione, uniti all’attenzione verso tematiche socio-economiche e ambientali da applicare di volta in volta nella produzione.
Per quanto riguarda Qbo quello in mostra a Milano è in legno antico d’abete rosso ossidato al sole per un anno, e alveolare in alluminio, ricavando uno stile sofisticato dall’unione tra la linea contemporanea e il pregio del materiale, con un chiaro rimando al mobile fatto a mano.La realizzazione è invece affidata alla competenza di Haute Material in termini di know how del legno: della sua ingenierizzazione e lavorazione artigianale, interamente made in Italy. Haute Material è un’azienda valtellinese che seleziona legni pregiati, antichi e di recupero, e li lavora con finiture specialirispettando la memoria racchiusa nelle loro venature, per produrre pezzi unici nati dalla commistione tra materiale senza tempo e design moderno.
Qbo nella posizione chaise longue
Kalinka ci spiega come sia in cantiere il proposito di realizzare il progetto in materiali differenti, sempre legnami perchè non sono soltanto ecologici ma continuano una storia centenaria, come il rovere della Croazia dal colore bluastro per l’antichità, ( due o tremila anni!), e la sua immersione prolungata nel fango. Rimane in gioco la riflessione sull’ecosostenibilità nella creazione di un oggetto pensato per durare “per sempre”, senza bisogno di un riciclo del materiale o di un riuso delle componenti, soltanto confidando nella robustezza durevole dell’artigianalità. L’artista insiste quindi sul concetto di necessità e non di utilizzo, dove terminato questo si tende a gettare gli oggetti, mentre sarebbe soddisfacente sapere che tra trecento anni Qbo esisterà ancora.
Marc Kalinka “The fear of the abandonment. Cells”. Stampa lambda su alluminio, edizione di 25 esemplari.
Ci esprime anche il suo desiderio di non dimenticare nemmeno quel “ passato glorioso d’Italia in ogni campo”, nell’architettura e nel design industriale: purtroppo non si pensa che gli oggetti o gli edifici possono essere riparati e destinati ad altri utilizzi, soprattutto per strutture ancora autosufficienti ma che nessuno più usa per dover apportare modifiche, quindi si preferisce non spendere tempo per un ripensamento della funzione, magari affidando questi spazi ad enti culturali, e lasciare all’abbandono il luogo. Ripensando alla memoria senza valore del luogo sono nate le opere ambientate nella cittadina di Consonno, che fanno parte della serie Will it be of me e sono foto di luoghi distrutti nei quali si vedono opere di Kalinka, trattate allo stesso modo, per riflettere sulla tutela e il destino dell’Arte, in particolar modo la sua. Un secondo progetto affine è Fear of Abandonment: una serie di foto nelle quali sono ripresi manifesti fatti stampare per lo scatto, su di essi è impressa l’immagine di beni culturali italiani molto noti, che si mescolano alla spazzatura e allo stato di abbandono dell’edificio che li ospita, la Pozzi-Ginori di Corsico. Le affiches sono una metafora di tutto ciò che è legato alla memoria e alla bellezza, di cui si denuncia una mancata politica conservativa, che resiste all’interno di un sistema che privilegia il rifiuto.
L’installazione finale de “Apostasia della Bellezza” di Marc Kalinka
Lo stesso discorso sulla cancellazione prosegue in Apostasia della Bellezza,un’installazione luminosa e sonora itinerante del 2014. E’ stata presentata a Roma nella chiesa di Santa Rita in Campitelli, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, poi a Zilina nella Repubblica Slovacca, nella mostra personale dallo stesso titolo. Un’apostasia è una rinuncia ad un credo, un abbandono di fede volontario, come lo è la violenta distruzione della Bellezza e di ogni altra testimonianza: l’installazione però non si concentra solamente su ciò che è perduto, ma anche sulla capacità umana di immaginare e ricreare con poco un mondo nuovo, di fare sopravvivere una parte di Bellezza. A suggerire questa possibilità interviene la voce eterea di un coro a più registri, che alleggerisce la presenza delle numerose sculture come lampioni veneziani, nella nebbia del momento dopo l’esplosione di una bomba.
Michela Ongaretti