Milano, arte a The Tank: mostra di Eleonora Prado a cura di Caterina Seri – recensione di Michela Ongaretti. Siamo ancora in Estate, anche se a Milano per tanti la vita lavorativa è ricominciata a pieno ritmo. Quando la città era semideserta, nonostante Expo 2015, noi che c’eravamo abbiamo cercato e trovato rifugio in alcuni luoghi nati in questo periodo: tra questi c’è The Tank, recuperato negli spazi dismessi dell’ex scalo Ferroviario di Porta Romana. Non ci siamo solo rifocillati ma abbiamo anche scoperto la mostra personale di Eleonora Prado Dal Diario Indocinese, che ci ha colpito nella canicola agostana. Nel villaggio costituito da container navali si possono visitare infatti mostre d’arte collettive e personali, curate da Caterina Seri.
Per chi è partito e per chi è rimasto qui, nel tempo della visita si parte per un viaggio nello spazio e nella memoria, attraverso appunti di viaggio di una disegnatrice in movimento tra Laos e Cambogia.Milano Arte – Alcuni momenti della mostra di Eleonora Prado presso The Tank
Per il finissage del 10 settembre è previsto un evento speciale dalle ore 19. I visitatori avranno a disposizione dei timbri realizzati dall’artista a partire dalle immagini in mostra, che potranno essere usati da tutti sulla carta sovrapponendosi tra loro, secondo il principio della libera stampa. Da questa installazione “giocabile” e aperta risulterà un caleidoscopio unico e personalizzato di macchie, fili, segni, paesaggi e volti; le opere saranno poi donate a chi le creerà. L’iniziativa era stata presentata nella “Mostra per Gioco” nel 2014 presso e a cura di Spazio Tadini e Caterina Seri, e si ripropone nel nuovo contesto di The Tank grazie al supporto e alla collaborazione degli stessi soggetti.
Eleonora Prado nel corso degli anni ha sperimentato diverse forme espressive, ma quella che predilige e che meglio rappresenta il suo modus operandi è il disegno.
E’ facile trovare nel suo studioun’intera collezione di Moleskine colme di impressioni e suggestionidalla strada e dalle persone che l’artista incontra, un diario di vita attraverso il tratto veloce e a volte nervoso della matita o china rigorosamente nere, che spesso indulgono sui segni che il passaggio umano lascia sulle cose, sui volti, sul paesaggio urbano. Nei suoi lavori, soprattutto negli ultimi, questi segni si moltiplicano, si intrecciano fino a trasformare il groviglio in un soggetto unitario, una sintesi delle suggestioni.
Il percorso dal particolare all’universale, dall’analisi alla sintesi dei soggetti è esso stesso un viaggio nelle tecniche e nei medium utilizzati. A partire da disegni e bozzetti a china l’artista sperimenta infatti diverse tecniche miste prese da questi squarci di mondo su una o due pagine, o da un loro particolare. Ne risultano dipinti con parti di disegno scoperte e a china, su diversi supporti e spesso illustrazioni digitali come nel caso di questa mostra.
Qui le forme impresse nella mente e sulla carta fioriscono, dopo la ricerca e la sperimentazione della tecnica più congeniale, in venticinque stampe in edizione limitata, di dieci esemplari ciascuna. Queste opere provengono tutte da un taccuino Moleskine “impressionato” dai disegni dell’artista durante il viaggio nel sud-est asiatico, Thailandia, Laos, e Cambogia nel 2014: sono testimonianze grafiche, come degli appunti per immagine, delle suggestioni scatenate da un volto, un quartiere, un paesaggio o un gesto. Un reportage attraverso il disegno, che per sua natura non può mai essere documentale ma inevitabilmente soggettivo. Un viaggio dove conta quello che vedi, ma dove vedi più da vicino quello che si annida nel tuo profondo.
Per questo motivo non c’è un ventaglio ampio ma piuttosto selezionato di soggetti osservati da occhi in movimento, di passaggio e concentrati sul passaggio; dove lo sguardo si posa c’è il mistero di una luce evanescente, di uno spiraglio che si apre tra le rocce per una barca in movimento, dove l’umiltà di una maitresse di un quartiere a luci rosse diventa feroce di diffidenza, e dove il mondo visto dal basso si complica di tralicci verso l’assoluto del cielo e del bianco di qualcosa che non è ancora stato scritto, tracciato.
La matassa intrecciata di cavi è un leitmotif dell’opera recente di Eleonora Prado, sempre visti come se l’unica logica fosse il tenersi uniti attraverso i mille nodi, quindi spesso silouhette distonanti e asimmetriche, nero contro il bianco, percorso dalla terra al cielo e lì bloccato nel suo ragionamento dalla stessa fisicità dell’incastro. Spesso questi fili appesi sono popolati di uccelli, altri grandi protagonisti del lavoro della disegnatrice, che in diversi lavori accompagnano e connotano figure simboliche o autoritratti. Come numi tutelari del bisogno di stare vicino alla terra, quindi vivere la vita reale e concreta, ma poter volare in una dimensione mutevole e in movimento, e guardare dall’alto di un’ironia lontana, molto lontana.
Eleonora Prado – Dal diario Indocinese
Eleonora Prado è una pittrice e illustratrice, che inizia la sua ricerca artistica con un pellegrinaggio di esperienze. Per lei questo percorso personale d’arte e di vita comincia presto nell’alveo della scena punk milanese, a quattordici anni, quando lascia la casa dei genitori e si sposta tra Firenze e Bologna. Vive a contatto per un breve e intenso periodo con il gruppo degli scultori e performers inglesi Mutoid Waste Company, di “stanza” a Santarcangelo di Romagnae molto attivi in quegli anni. Da loro riceve l’imprinting al recupero del materiale urbano ritenuto ormai rifiuto, riutilizzato fino a trasformarlo in opera d’arte plastica.
A sedici anni ritorna stabilmente a Milano, vive con amici artisti e continua il suo percorso con disegni e dipinti; poi a vent’anni sceglie di trasferirsi a Martinafranca in Puglia, dove apre un laboratorio d’arte e lavora come aiuto-scenografa. Fino al 2003 partecipa a diverse collettive, organizzate da Atelier Azur nella location di Casaterra. L’artista ritiene questo il periodo fondante per la sua formazione e per lo sviluppo futuro del suo stile e della sua poetica. Ricorda l’importanza di essere stata affiancata da pittori validi, soprattutto dal suo maestro Francesco Laddoma.
Alla fine del 2003 lascia il Sud Italia per tornare a Milano e alla scena artistica underground milanese. Riprende gli studi e si diploma al liceo di Brera. Nel 2006 organizza la mostra “Continuità dell’Esistenza” per denunciare la minaccia di chiusura della struttura scolastica e per l’occasione riceve una viva adesione da personalità di spicco della cultura milanese come Dario Fo ed Alda Merini. Nel 2009 frequenta il corso di Scultura a Brera e termina la sua formazione come graphic & interaction designer. Partecipa al collettivo di artisti Wurmkos, collaborando all’installazione pubblica Tana per il Pac ed a Wurmkosbau per la Triennale di Milano. Nel 2014 partecipa alla tappa di Monza del progetto artistico in “tour” ideato da Natale Caccavo sul mondo femminile, è poi presente con due lavori all’esposizione collettiva “ Cabaret degli Artisti” presso lo Spazio Tadini.
L’Arte, o la sua fruizione pubblica, è vista da Eleonora Prado spesso come un momento e strumento di condivisione o di denuncia, per la collettività. E’ tra i fondatori del movimento Guerrilla Gardening di cui cura nel 2011 la prima rassegna fotografica sull’esito italiano. Si tratta di una organizzazione apolitica che propone azioni di giardinaggio urbano negli spazi pubblici, con l’obiettivo di rendere la vita dei cittadini più a misura d’uomo, agendo sempre incontesti di degrado del verde pubblico, spesso abbandonato, ma che i protagonisti del Movimento sentono proprio e di tutti. Ridare a quegli luoghi un’ appartenenza e restituire una dimensione di bellezza aldilà del contesto corrotto presente: è la visione del disegno e del mondo dell’artista, per la quale aldilà della forma percepita come reale se ne trova una più nascosta, citando Giacometti: “è come se la realtà fosse continuamente dietro a velari che si strappano: ce n’è ancora un’altra, sempre un’altra…”. Nonostante il desiderio di una fruizione e funzione pubblica dell’Arte, questo meccanismo di svelamento della realtà funziona nella sua produzione in maniera molto individuale, personale nello stile dato dalla mescolanza delle tecniche utilizzate.
Dal 2014 è stata spesso coinvolta in diversi eventi artistici in sinergia con la visione creativa di Spazio Tadini, dei suoi fondatori e curatori Francesco Tadini e Melina Scalise, della curatrice Caterina Seri, e del suo entourage artistico. In particolare citiamo le innovative aste diBasezero e la collaborazione con gli scultori Metaborg Gianni Zara e Luca Motta. Elenora Prado in occasione della personale “Metaborg” nel luglio di quest’anno presso Spazio Tadini, dove le opere e i protagonisti sono degli umanoidi creati dalla mente e dalle mani del duo, ha dato vita grafica e pittorica al progetto realizzando una fanzine ed una serie di grandi tavole sulla genesi dell’idea. Se vi chiederete cosa ci fa all’ingresso della mostra “Dal Diario indocinese” un robot dei Metaborg, sappiate che desidera omaggiare e ricambiare l’accoglienza data da questi dipinti.
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interessante!
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