Madre! è l’ultima pellicola, (2017), realizzata dal controverso regista e sceneggiatore Darren Aronofsky, noto per aver creato alcuni tra i capolavori della cinematografia statunitense.
Nonostante il suo successo, Darren rimane un incompreso, non solo dal pubblico ma anche dalla critica che in modo particolare in Madre! si è dichiarata ostile durante la sua presentazione alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Protagonista indiscussa è Jennifer Lawrence che, accompagnata da Javier Bardem, Ed Harris e Michelle Pfeiffer, ci guida durante i 120 minuti attraverso un climax di eventi sconcertanti.
Sono diverse le interpretazioni di questo lungometraggio intriso di simboli e livelli di lettura. Innanzitutto, nessuno dei personaggi ha un nome proprio, divenendo così simboli universali dell’umanità. “Him” (Bardem) è Dio, in particolare il Dio dell’antico testamento, colui che distrugge ciò che crea insoddisfatto del risultato. “Mother” (Lawrence) è madre Natura, e attraverso di lei viviamo le sofferenze dell’essere umano. Poi ci sono “man” e “woman” (Harris e Pfeiffer), che rispettivamente simboleggiano Adamo ed Eva, e i loro figli Caino e Abele.
Lo stesso Darren ha dichiarato: “Ci sono elementi completamente biblici, alcune persone li hanno colti immediatamente, altre non se ne sono rese conto, e penso dipenda esclusivamente dal modo in cui siano state educate. La struttura alla base del film è stata la Bibbia, utilizzandola come un modo per discutere di come gli esseri umani hanno vissuto qui sulla Terra”.
Le citazioni non sono solo archetipiche e religiose ma anche cinematografiche, oltre ad essere il naturale proseguimento del suo precedente film Noah, i riferimenti a Roman Polanski in Rosemary’s Baby e a Buñuel in L’angelo sterminatore sono lampanti.
In Madre! I temi sono la Creazione e l’Apocalisse ma strettamente legati alla contemporaneità, allo sfruttamento del nostro pianeta e alla incapacità dell’uomo di guardare all’esterno ma unicamente verso l’interno occludendosi così la possibilità di una evoluzione sensibile al concetto più alto di Natura.
Se da una parte abbiamo un chiaro riferimento biblico, dall’altra Aronofsky sembra attingere a teorie filosofiche, alle dottrine dell’antica Grecia e alla cosmologia induista e buddhista. Il mondo, lo spazio e il tempo esistono in un ciclo eterno, l’ “eterno ritorno” di Nietzsche nel quale niente inizia e niente finisce ma tutto è destinato a ripetersi finché l’uomo (in questo caso Him) non trovi il suo amor fati.
Il regista mette in scena, dunque, la sua tragica riflessione sul destino narcisistico dell’umanità mascherata da una “Im-personal human story”. Una giovane coppia, incapace di adottare un linguaggio emotivo comune, attraversa una crisi. Him, scrittore senza ispirazione, è totalmente assuefatto dalla ricerca di una idea. Madre, casalinga depressa e completamente dedita al marito, passa le intere giornate a ristrutturare la casa distrutta dopo un misterioso incendio. A turbare questa apparente equilibrio saranno un uomo e una donna che piomberanno senza preavviso nella loro vita, invadendo la loro dimora, ventre simbolico di Madre Natura, come un virus.
Possiamo definire Madre! un film organico, ogni elemento è vivo, indipendente e allo stesso tempo è causa ed effetto degli eventi che porteranno alla sopra citata circolarità.
Il film si apre con il primo piano di una donna ustionata a cui scende una lacrima, preannunciando un epilogo infelice. Subito dopo vediamo Bardem riporre un cuore di cristallo su di un piedistallo e da questo gesto la casa, distrutta dalle fiamme, riprende magicamente forma.
Da questo momento in poi lo spettatore è catapultato nella dimensione della casa attraverso lo sguardo della Lawrence che percorre gli eccessivi metri quadri a piedi nudi senza sosta per tutta la durata del film. Sentinella di un pubblico impreparato a quello che sta per succedere, il personaggio incarna il punto di vista diegetico del narratore.
A rovinare l’idilliaca fantasia della coppia felice è l’arrivo di due ospiti inattesi che, come parassiti, si approprieranno della casa. La Lawrence interrotta nella sua routine inizia a cogliere dei segnali disturbanti (un piccolo mostro sanguinante fuoriesce dallo scarico del gabinetto) che la mettono in allerta. Bardem sembra non accorgersi del disordine causato dalla coppia, tanto che li sollecita a rimanere trovando affinità e piacere nel condividere con loro momenti di svago e adulazione (si scoprono essere dei seguaci dello scrittore).
Inizia così un climax di eventi surreali e fastidiosi.
I due intrusi rompono il cuore di cristallo profanando lo studio dello scrittore; i figli della coppia molesta irrompono nella casa e dopo una lite furibonda il figlio cattivo uccide il figlio buono. Her spaventata e tramortita dagli avvenimenti viene lasciata sola e in questo frangente inizia ad ascoltare la casa, che attraverso il legno dei muri e del pavimento esprime il suo dolore. Il parquet inizia a sanguinare laddove è avvenuto l’omicidio. Più la Lawrence cerca di pulire il sangue più la ferita si espande.
Bardem sceglie di accogliere la veglia funebre presso la loro abitazione e così la casa viene letteralmente invasa da estranei maleducati che creano caos e disordine incuranti del disperato tentativo di Her di far rispettare l’ordine e la pace della sua dimora. Dopo essere riuscita a far andare via i deturpatori, litiga ferocemente con il marito, allibita e incredula dell’avvenuto. Il litigio ben presto si trasforma in un appassionato amplesso durante il quale avviene un inaspettato concepimento. Bardem ritrova come per miracolo l’ispirazione e inizia a scrivere il suo nuovo manoscritto.
Passano nove mesi, il bambino sta per nascere e l’opera viene pubblicata e subito acclamata dalla critica. La Madre continua a non essere considerata, il suo ruolo è sempre secondario e surrogato alle esigenze del marito. Più lei soffre più la casa sanguina. La ferita viene coperta da un tappeto ma questo non basta a fermare gli eventi che, se fino a questo punto sono stati surreali, ora diventano catastrofici. Passiamo da un film drammatico-surreale a un film horror-catastrofico da quando gli ammiratori di Bardem prendono d’assalto la casa, su incitamento dello stesso poeta che proclama “la casa è di tutti”, distruggendo ogni cosa.
Assistiamo letteralmente a un climax nel climax: vediamo arrivare squadre di poliziotti, vigili del fuoco, l’esercito, assistiamo a esplosioni, alla distruzione senza alcuna logica.
Il poeta viene adulato, Madre viene esaminata, percossa e perseguitata. Bardem compare e scompare in preda all’estasi del successo. Il bambino nasce in questa apocalisse, viene idolatrato ma ben presto ucciso e divorato. Him capisce di aver sbagliato di nuovo qualcosa, così porta la Lawrence in una stanza e mentre l’edificio è in fiamme e ormai totalmente deturpato le dice: “ti porto al principio, devo riprovarci da capo”, le estrapola il cuore dal petto e la storia ha di nuovo inizio.
Il regista per osmosi fa vivere allo spettatore tutto il disagio, la sofferenza, la paranoia e l’insoddisfazione della protagonista così come l’indifferenza, la superbia e l’insensibilità degli altri personaggi. Il pubblico viene completamente coinvolto in eventi spiazzanti e trascinato per le gambe nonostante la riluttanza nel proseguire la visione. Se da un lato la sua genialità sta proprio nel raccontare la contemporaneità nauseabonda dell’umanità attraverso una simbologia a più livelli narrativi, dall’altro lato la pellicola è estenuante, priva di connessioni logiche e snervante dal punto di vista narrativo.
La critica definisce i film di Darren Aronofsky “film-cervello” e in Madre! questa definizione è decisamente appropriata. Il film è il risultato di mesi e mesi di prove e di un anno di post produzione, in particolare per le sequenze in CGI. La cura maniacale di ogni particolare si cela dietro a un’estetica che fa riferimento a produzioni low budget degli anni ’70.
Girato in Super16mm e con ottiche dalla profondità di campo cortissima, Aronofsky e Matthew Libatique (dop che ha seguito tutti i suoi lavori) riescono a dare vita alla pellicola proprio attraverso espedienti registici e di fotografia.
Nel dettaglio, la camera a mano è sempre connessa a “Mother” attraverso inquadrature di spalle, semi soggettive e soggettive. Sono rari i campi larghi e quando succede il cineasta sceglie di farci vedere la Lawrence solitaria nella casa, rimarcandone il legame vitale.
Nella prima parte i colori sono tendenti al pastello e riflettono l’apparente serenità della protagonista. Mano a mano che gli eventi prendono il sopravvento la fotografia si fa più scura, in alcune scene facciamo fatica a distinguere il soggetto a causa della sottoesposizione forzata, vira al rosso (alle fiamme) e la messa a fuoco si perde via via richiamando l’attenzione dell’osservatore e ricordando che non è possibile comprendere tutto quel che accade.
La pellicola inoltre è priva di colonna sonora ma presenta un accuratissimo lavoro di sound design, ogni movimento, anche quello più impercettibile è descritto a livello sonoro in modo egregio facendoci sentire parte integrante della scena.
Madre! è un film sui generis, sfacciatamente faticoso, un grido intimo che cerca collettività. Un applauso a Darren anche se ne siamo usciti affaticati e perplessi.
Giada Destro