OZMO ha da poco concluso Workshop of Icons, residenza e progetto culturale che ha portato alla realizzazione “condivisa” di un’opera. lnvitato presso il Dipartimento di Studi Classici del King’s College London, l’artista noto sulla scena internazionale per i suoi numerosi interventi di arte pubblica ha creato il grande dipinto Peace in pieces, che unisce lo studio della classicità ad icone dell’era moderna. Lo si può osservare fino al primo giugno dalle vetrine dello spazio espositivo dell’ateneo denominato The Shop.
Nell’ambito di Workshop of Icons, a cura di Cristina Boschetti, James Cahill e Will Wootton, l’artista italiano ha lavorato per dieci giorni dal vivo in uno studio temporaneo allestito negli spazi dell’Arcade Gallery, affacciato sullo Strand, la celebre strada di Londra che dalla City, corre lungo il Tamigi.
Giorno per giorno l’opera ad acrilico su Pvc ha accolto l’interazione dei membri della comunità del King’s, insieme ad un pubblico più vasto, che hanno suggerito immagini confluite nella composizione di “Peace in Pieces”. L’unica decisione presa in partenza dall’artista era quella di dipingere una composizione piramidale fortemente voluta in bianco e nero, giocando sull’espansione delle convenzionali misure della carta di un disegno, per creare quelli che chiama “quadri disegnati”. Tutto il resto è nato dal momento in cui ha messo piede nello studio londinese.
Non solo il web, da cui sono stati scovati i contributi dei visitatori, come fonte del grande dipinto. Una suggestione parallela proviene infatti dalle preziose stampe fotografiche all’albumina dell’archivio dell’eminente archeologo e storico dell’arte britannico Bernard Ashmole (1894-1988, curatore presso il British Museum dal 1939 al 1956), ora di proprietà del King’s College London.
La prestigiosa università britannica, che nel 2022 si è aggiudicata il quinto posto nella classifica generale delle università europee ed il ventiquattresimo posto a livello mondiale (Times Higher Education), ha scelto di ospitare questa esperienza di incontro tra l’arte contemporanea e l’arte classica dimostrando l’attualità del lascito. Un patrimonio che resta nell’immaginario del presente e nella sensibilità dei suoi attori non casualmente, ma grazie all’impegno per la sua salvaguardia.
Si ricorda infatti che, durante la Seconda Guerra Mondiale, Bernard Ashmole si prodigò per metter in salvo dai bombardamenti i marmi del Partenone, che vennero trasportati nei sotterranei della vecchia Piccadilly Strand Station, che si trova proprio di fronte allo spazio che ha ospitato Workshop of Icons.
Consultare documenti così rari è stato per OZMO un viaggio nel tempo portatore di nuove suggestioni da accogliere nel suo universo iconografico, e un’emozione apprendere come i soggetti raffigurati nella raccolta siano arrivati ai nostri giorni.
Nella sua composizione Peace in Pieces evoca la struttura triangolare del frontone di un tempio greco.
Un simposio moderno di personalità amate da chi ha suggerito la loro immagine, accanto all’immaginifica presenza delle icone trasmesse al presente dalla storia dell’arte. L’armonia del canone scultoreo greco-romano, una sfinge e la Medusa (attraverso gli occhi di Caravaggio) in compagnia di Virginia Woolf e di Joan Collins come camei cinematografici. Il centro della composizione è dominato da Eirene, la dea greca della Pace, che dà le spalle allo spettatore, o forse dal suo punto di vista è la modernità che non può più sostenere il suo sguardo.
Questa è solo una mia (plausibile) lettura; in realtà non è la prima prima volta che Ozmo raffigura la statua di una divinità di schiena. L’aveva fatto anni fa con un Buddha per una una Galleria americana, l’ha fatto nel 2020 con la Vittoria Alata di Brescia. Trova che il dio di spalle sia un’immagine molto potente e suggestiva. E che comunichi molto bene l’idea del sacro.
Sulla genesi della figura mi viene raccontato un aneddoto interessante, perché fa comprendere come il dipinto sia cresciuto attraverso l’immaginazione, l’intuito e la casualità.
L’immagine di Eirene viene da un’albumina dell’archivio Ashmole che non recava alcuna dicitura. Non c’era scritto nulla sul retro della foto, quindi non si sapeva bene di quale divinità si trattasse, aveva solo colpito visivamente l’artista. Un giorno una ragazza ucraina interviene proponendo di inserire un elemento che si riferisse alla pace. Così OZMO decide di aggiungere una colomba. Verso il termine della residenza si inizia a pensare ad un titolo. A questo punto si cerca di rintracciare quella figura, e finalmente si scopre essere proprio Eirene: era nato Peace in Pieces.
“Con Workshop of Icons è andato in scena il processo creativo, come desideravamo, non tanto il concetto di bellezza ideale generalmente associato alle mostre sull’arte classica”, evidenzia Cristina Boschetti, archeologa e ricercatrice presso diversi centri europei.
“Si fa riflettere su come quel percorso possa seguire vie inaspettate. Rendere pubblica la creazione di un’opera generata grazie alle interazioni col pubblico è stato anche un rimando al teatro greco: la creazione pittorica è diventata una sorta di rituale collettivo”.
La curatrice di questa fortunata residenza aggiunge, “l’esperienza singolare di creazione portata avanti da OZMO, celebra nella sua dimensione corale il valore politico dell’arte classica, nata per la città e per comunicare con la comunità”. Una vocazione che pareva essersi interrotta e che la nostra epoca ha portato alla ribalta con il successo della street art e del suo linguaggio, di cui OZMO è un originale interprete”.
Per ridiscutere il valore di un’eredità affidata alle immagini non è casuale aver trovato ospitalità in un luogo preposto allo studio dell’antico, in una metropoli emblema dell’espansione moderna e del suo sviluppo tecnologico. Nella mescolanza di diverse culture che la popolano.
A proposito di moltiplicazione di segni e significati, l’operazione di Workshop of Icons riflette ciò che su larga scala ha rappresentato la continuità storica di una tradizione (iconografica) nella sua infiltrazione con la cultura, e l’epoca, che l’osserva. L’interazione del lavoro con idee dal pubblico della strada e da interni al dipartimento universitario è un’amplificazione virtuosa di un meccanismo millenario, ancora attuale. Dell’esperienza a Londra OZMO ricorda con entusiasmo proprio “la possibilità di assorbire le suggestioni dalla zona più centrale accanto al Parlamento, sulle rive del Tamigi. Vivere qui per una settimana è stato interessante per tutte le stratificazioni urbane e culturali che convivono lungo lo Strand. Il contatto con la comunità accademica del King’s College London mi ha aperto nuove prospettive e spunti.”
Lo scambio è stato reciproco con gli archeologi e gli studiosi che hanno voluto dare una possibile risposta attraverso l’arte contemporanea al quesito: i classici abitano il presente? Per chi dedica tutto il proprio tempo a cercare nelle logiche e nei processi del mondo antico, Workshop of Icons è stato un tentativo di accompagnare le persone in quel mondo senza passare per le porte di un museo. Per tutti “è stato un bel viaggio”.
Michela Ongaretti
Potete osservare Peace in Pieces di Ozmo al seguente indirizzo: 171 Strand, London WC2R. Per maggiori informazioni: www.kcl.ac.uk/events.