Volti Andini- Rostros Andinos è il titolo della mostra fotografica di Gabriel Barcelò. E’ allestita negli spazi dell’ex chiesa di San Carpoforo in via Formentini, nel cuore della vecchia Brera.
A presentarla è il Consolato Generale della Bolivia a Milano, con il patrocinio del Comune di Milano e del Gruppo Consolare dell’ America Latina e dei Caraibi nel Nord Italia. Con il sostegno della Fondazione Culturale della Banca Centrale della Bolivia.
Opere da una collezione
Le opere esposte fanno parte della collezione della Fondazione Culturale della Banca Centrale della Bolivia, che sceglie questo periodo dell’anno per festeggiare la festività dell’indipendenza boliviana. Il 6 agosto è infatti la data in cui nasce novantatre anni fa lo stato plurinazionale della Bolivia. Le fotografie vogliono rappresentare la convivenza delle etnie Chipaya, Urus, Quechua e dei popoli indigeni Aymaras, i cui volti si fanno racconto di un universo fatto di tradizioni culturali uniche e differenti tra loro.
Volti nella città
La sede suggestiva della ex chiesa di San Carpoforo è concessa dal comune di Milano proprio in virtù dell’ambizioso progetto fotografico di Barcelò. A cavallo tra documentazione di reportage e operazione artistica, che proprio sui volti sintetizza il senso di un viaggio attraverso la natura e il deserto in Bolivia, fa emergere l’essenza di una cultura fatta di molte culture custodite e sviluppatasi nello stretto rapporto con il territorio, le sue risorse e le sue problematicità.
I volti delle Ande arrivano fino a noi, nel cuore pulsante della città, nel quartiere dove si concentrano gallerie d’arte e showroom di design. Storicamente la presenza artistica ha costruito l’immagine nota di Brera, a due passi dall’Accademia di Belle Arti e la celebre Pinacoteca, con una fra le collezioni più importanti d’Italia. E’ un motivo in più per suggerire la visita di Volti Andini- Rostros Andinos, accompagnata da quella ai vicini monumenti e musei, aperti al pubblico anche in Agosto.
Un progetto sul patrimonio indigeno
L’esposizione è stata realizzata in precedenza per la sede dell’Ambasciata dello Stato Plurinazionale della Bolivia nei Paesi Bassi, e a Milano riproposta con un allestimento che ha trasformato temporaneamente San Carpoforo.
Attraverso questi ritratti i volti andini esplorano una sorta di alterità, una diversità opposta allo sguardo oggettivo del fotografo che entra in contatto con l’identità di un popolo, conosciuto realmente attraverso un reportage che si rivela immersivo, a contatto con il luogo che ospita queste culture antichissime. Il linguaggio visivo propone un’immagine costruita in quanto sintesi di un incontro reale.
Le foto stampate in grande formato permettono a noi spettatori di inoltrarci in un mondo lontano dal nostro. Stimolano tuttavia il riconoscerci in quanto esseri umani, portatori proprio sui volti di segreti ed esperienze dell’esistenza. Protagonisti di questi ritratti costruiti all’aperto ma isolati dal contesto con l’utilizzo di un semplice telo nero sono le persone di etnia Aymara, Quechuas, Chipaya e Urus della Bolivia.
Uomini d’acqua
Gli Urus e Chipayas sono considerati discendenti degli antichi abitanti della regione circostante al Lago Titicaca. Gli Urus hanno sviluppato una peculiare “Cultura dell’Acqua” simile all’originaria laguna di Venezia. Sono abili pescatori e cacciatori di volatili acquatici, profondi conoscitori della flora caratteristica dei fiumi e laghi della zona. A questa popolazione viene attribuita l’invenzione dei sistemi complessi di orticultura nella regione dell’altopiano andino.
I Chipaya sono riusciti a gestire un territorio ostile con un’alta concentrazione salina. Usufruendo dei diversi affluenti del fiume Lauca, realizzarono una rotazione dell’irrigazione delle terre in uso, diminuendo in questo modo la salinità del suolo.
Entrambi custodiscono tradizionalmente la Totora, pianta acquatica di forma allungata, alla base della loro civiltà. E’ una risorsa alimentare e materiale per la realizzazione delle loro abitazioni e di oggettistica artigianale.
La tradizione orale racconta l’amore per la libertà e questo legame indissolubile con l’acqua.
Cultura e Salvaguardia
Recentemente il governatore della regione di Oruro ha definito l’etnia indigena patrimonio culturale vivente, storico, etnologico, e promulgato una legge per la sua salvaguardia. Nella cinematografia boliviana l’importanza della cultura Uru e Chipayas viene ricordata con il film “Vuelve Sebastian” del documentarista Jorge Ruiz.
Indizi cultuali e culturali
Non si osservano solo volti in mostra, Barcelò inserisce nella raccolta fotografica altri elementi della tradizione dei popoli visitati. Ecco i “Sullos”, feti di lama, elementi fondamentali nella ritualità denominate “mesas”, che celebravano l’atto di restituzione dei favori e delle risorse donati dalla Pachamama (Madre Terra). Si continua a studiare il significato preciso dei Lama nel passato, ritrovati in molti scavi. Essi continuano ad essere sotterrati sia per ringraziare che per richiedere nuova prosperità alla Madre Terra.
I volti degli indigeni vogliono essere per l’artista una mappa, che raccoglie la storia vivente di una cultura non completamente compresa, di cui questi elementi simbolici si rivelano indizi affascinanti anche in virtù del loro mistero. In tal senso lo sguardo che ci colpisce è “uno specchio e una domanda”, è tutto ciò che appartiene all’umanità intera che ancora non comprende le sue diverse sfaccettature. Attraverso la fotografia persone, soggetti, di luoghi diversi e senza alcun contatto precedente, sono accomunati dallo stesso linguaggio, sui volti e nella fotografia.
L’autore
Gabriel Barceló è un fotógrafo laureato in Belle Arti e specializzato nella fotografía e produzione video. Ha ricevuto il Premio Straordinario Final de Carrea rilasciato dall’Università di Barcellona, così come il Terzo Premio Nazionale al Merito Accademico negli statuti di Belle Arti da parte del Ministero dell’Educazione e Cultura di Spagna.
Ha ricevuto diversi riconoscimenti nei concorsi a sostegno di giovani fotografi e ha partecipato come giudice in concorsi fotografici. Le sue immagini sono state pubblicate nei media come BBC e El Pais.
L’autore sviluppa anche progetti fotografici in ambito di gestione culturale, realizzando e producendo programmi formativi.
Rostros Andinos. Ex chiesa di San Carpoforo, Via Formentini 12 a Milano, fino al 26 agosto.
Visitabile dalle 17 alle 20,30.
Michela Ongaretti