I fianchi molli di Bologna, per dirla come avrebbe fatto Guccini, mi hanno accolto sabato con Arte Fiera, SetUp e le molte gallerie aperte per l’occasione nel sempre vivo centro città. Ai grandi capolavori dell’arte contemporanea presso la Fiera “istituzionale” si sono aggiunte al calar della sera le proposte di SetUp Contemporary Art Fair nella location dell’Autostazione. Tra le varie sezioni ero curiosa di vedere il progetto sul disegno Drawing the World: è portato a Bologna da Mónica Álvarez Careaga, curatrice e direttrice di Drawing Room Madrid.
Presenti quattro gallerie straniere con altrettanti artisti provenienti da paesi dai contesti culturali differenti. Ho visto quindi Galerie Ulf Larsson da Colonia con l’artista Natarajaa, SAIDA Art Contemporary da Tétouan in Marocco con Mohamed Larbi Rahhali, la galleria Sibonet dalla Spagna di Santander ha presentato il lavoro di Teresa Moro ed infine..last but not least nella considerazione di Artscore, la Rodriguez Gallery che a dispetto del nome porta dalla Polonia l’artista Dorota Buczkowska.
Dalla nascita di SetUp Contemporary Art Fair, a Bologna l’arte contemporanea non dimentica il disegno, ma pone la disciplina al centro del confronto su un tema portante. Per questo abbiamo scelto Drawing the World, perchè anche per noi il disegno rappresenta il nucleo di ogni progetto artistico.Sia esso visibile o meno, figurativo o astratto, esso è la definizione di un’idea attraverso la linea, è il pensiero che si fa immagine costruita, e che dalla notte dei tempi continua ad emozionarci portando la riflessione sul mondo su un piano estetico. A SetUp l’arte contemporanea vista e scelta da Monica Alvarez è accomunata dalla “presenza del disegno come mezzo fondamentale per la concezione o cristallizzazione” dell’opera dei quattro artisti in fiera.
Nello specifico di Drawing the World II, l’azione del disegno si mostra contaminata da altri linguaggi e supporti come la fotografia e l’installazione, ibrido nel suo ricongiungersi ad intenti culturalmente distanti dall’arte contemporanea, individuati nella fotografia di documentazione tout court per Dorota Buczkowska e nell’artigianato tradizionale marocchino per Mohamed Larbi Rahhali.
Se l’arte contemporanea si rivolge alla riflessione cerebrale o emotiva, lontana da una necessità di mimesi con il reale, il disegno qui si rapporta alle diverse attività umane per immaginare un altro mondo rimescolando le carte espressive con quelle tradizionalmente assegnate ad una disciplina concreta, finalizzata ad uno scopo preciso e funzionale.
Pensando al tema portante di SetUp, l’Equilibrio definito anche dal suo opposto come motore di un cambiamento, non possiamo che vederlo riflesso nei lavori dei quattro artisti di Drawing the World II. A Bologna il disegno di Natarajaa è segno umano eliminato, presente nella sua assenza, distrutto da fuoco, pioggia o da altri materiali insoliti per lasciare solo la traccia di grafie generate da elementi naturali; al contrario Teresa Moro fa materializzare la presenza dell’uomo nell’impronta che lascia su oggetti di uso quotidiano, rappresentati in maniera più tradizionale con disegni a gouache. Affermazione dell’esistenza nel suo non rivelarsi, trova Equilibrio nell’immanenza della trasformazione. Il lavoro di Mohamed Larbi Rahhali appare più pacificato nel suo rapportarsi all’installazione, moltiplicando piccole porzioni di universi disegnati e colorati sulla superficie interna di scatole di fiammiferi. L’Equilibrio tra la mano artigianale e la soggettività dell’arte è ritrovato nel gesto ripetuto e ogni volta diverso nella scenografia dell’insieme.
Dorota Buczkowska si concentra sulla percezione della realtà: nella sua osservazione psiche e fisiologia, emozione e corporeità sono accostati e fatti convivere secondo un ’Equilibrio del limite, come se qualcosa fosse portato alle conseguenze più estreme, ma sempre prima di arrivare alla rottura o alla predominanza di uno dei due elementi.
Quando ho visto One Year in Sanatorium ho pensato che le foto fossero abitate da fantasmi, ed in effetti il disegno “infesta” la resa oggettiva della documentazione. Il progetto dal titolo emblematico si basa sulla raccolta di fotografie appartenenti, davvero o per la finzione che fa parte del gioco, ad un sanatorio in Norvegia. L’intervento grafico che opera su di esse, con inchiostro, grafite o altri strumenti, aggiunge una nuova dimensione all’immagine. Sia questa dimensione fisica, mentale o emotiva, essa trasferisce lo stato mentale dei soggetti ritratti,caratterizzato da un misterioso senso di occlusione e paura, nella sfera del visibile concreto. Il disegno dà voce emozionale alla documentazione, stravolgendone il senso nella direzione che più aggrada all’idea del disegnatore, e le persone catturate dall’obiettivo nella Storia diventano attori di un teatro tutto contemporaneo. Buczkowska dichiara che One year in Sanatorium ha questo titolo perché si riferisce al trattamento utilizzato per alleviare i sintomi di malattie croniche, così la raccolta è formata dalla rappresentazione di stati simili al disturbo, e al contempo dell’antidoto ad essi. L’artista cammina in bilico su una fune sottilissima dove la vita e la sua prematura necrosi si toccano, dove disgusto e delizia, atto sessuale ed emotivo non vogliono separazione.
La galleria Rodriguez di Poznan ha proposto a SetUp una seconda serie di questa creativa multidisciplinare che usa mescolare pittura, scultura fotografia e disegno, sostenuta come One Year in a Sanatorium dall’ Istituto Polacco di Roma.
The Way Back si dedica ancora una volta al riflesso fisico e materiale di uno stato mentale, solo che stavolta la struttura circolare del suo disegno esplica il processo stesso della creazione artistica.
La descrizione di un cerchio ha sempre fatto parte della preparazione accademica, qui utilizzato non più come elemento immutabile, ma come dimostrazione che anche nel più rispetto dello standard nella forma esiste sempre un margine anche minimo di personalizzazione, dove questi cerchi prendono vita secondo caratteri “vitali” unici tali da avvicinarsi all’umanità. La matericità stessa è data dal confronto o conflitto tra la pittura e il disegno nel suo medium principale che è la carta: quando la pittura ad olio si attacca alla speciale sottilissima carta ne risultano macchie che accentuano le caratteristiche “personalità” componenti i due materiali: l’olio così diretto e fisicamente invadente, la carta così fragile e tendente alla trasparenza.
Sempre che l’Equilibrio non ci abbandoni speriamo che Artscore possa continuare a trovare il disegno nell’Arte contemporanea. Magari a Bologna tra un anno.
Michela Ongaretti
1 comment
La poetica polacca è leggera e pesante allo stesso tempo, la si ama o la si odia senza capirla. Grazie per questo approfonidmento su Dorota, seguirò curiosa la sua arte.