Arte come asset class. Il mercato del 2019 nel Report Art & Finance di Deloitte e ArtTactic

by Michela Ongaretti
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Arte come asset class, opera di Ugo Nespolo

Arte come asset class. Non è la primaria attenzione di artscore.it: l’occhio non osserva un bene materiale da collezione ma un prodotto dello spirito, materializzato attraverso una competenza disciplinare data dalla ricerca. Eppure sarebbe sbagliato non considerare un autorevole studio sull’andamento del mercato che garantisce la sopravvivenza di quella ricerca, soprattutto in uno scenario mondiale in profonda trasformazione. 

Così dopo il lockdown ho partecipato al webinar dedicato alla sesta edizione del Report Art & Finance di Deloitte e ArtTactic. E’ stata analizzata l’ arte come asset class, con i trend principali per il 2019 che convogliano sui possibili scenari post-Covid.

 

Arte come asset class, la copertina del report

Arte come asset class. La copertina del report di Deloitte sul mercato dell’arte nel 2019

 

2019. E’ crisi

Ernesto Lanzillo, responsabile italiano di Delitte Private, ricorda quanto il settore artistico abbia risentito molto delle chiusure di marzo e aprile. Soprattutto perchè il periodo rappresenta il picco delle attività espositive. I dati parlano chiaro: 19 milioni di visitatori in meno con un calo del fatturato mondiale di 78 milioni di euro.

 

Arte come asset class. In asta con Sotheby nel 2015

Arte come asset class. In asta con Sotheby nel 2015 Monet. Le Grand Canal del 1908.

 

Gli attori del report

Barbara Tagliaferri, Art & Finance Coordinator per Deloitte Italia illustra come lo studio abbia coinvolto quattro tipologie di stakeholders. Parliamo di private banker, family officer, collezionisti, operatori del settore (mercanti d’arte, case d’aste, galleristi, ma anche compagnie di logistica nonché tutto il mondo delle Artech). In primis si interpellano i collezionisti per conoscere i loro bisogni e mostrare come l’wealth management possa rispondere. Quest’ultimo, se una volta era associato alla garanzia di un incremento di valore dei beni, oggi è una parte minoritaria dei servizi sempre più verticali.

 

Arte come asset class. A Bigger Splah di David Hockney

Arte come asset class. Il dipinto A Bigger Splah di David Hockney, record in asta nel 2018

 

L’offerta dei wealth manager, family officer o private banker

Arte come asset class è sempre più legata alla gestione patrimoniale, come dimostra il fatto che gli wealth manager sono stati interpellati dall’81% dei collezionisti anche sulla base di report consolidati. Dichiara inoltre l’86% dei gestori patrimoniali di includere nei servizi offerti la gestione di beni artistici e da collezione; insomma l’arte resta in gioco come un bene di valore accumulabile con una sua specifica trattazione che richiede l’azione incrociata di differenti competenze.

I servizi proposti sono molteplici, infatti l’arte come asset class richiede un approccio sempre più olistico, coinvolgendo diversificate professionalità nella valutazione delle opere d’arte. Si offrono art advisory, analisi e ricerche di mercato, reportistica (fondamentale il cv della singola opera), dedicata ad assicurazione, passaggi di proprietà. Serve altresì consulenza sulla pianificazione successoria e sulla filantropia.

 

Arte come asset class Amedeo Modigliani

Arte come asset class. Amedeo Modigliani, Nu couché, top quality lot nel 2018

 

La domanda dei collezionisti

Tuttavia il collezionismo d’arte resta una nicchia ristretta che vede fra le principali preoccupazioni la poca trasparenza (58%), la regolamentazione del settore ancora frammentaria (58%), la carenza di expertise (42%) e la difficoltà di misurare i benefici derivanti dall’offerta di servizi di gestione di beni artistici e da collezione (43%). 

La tecnologia può essere la carta vincente per le prime problematiche: chiamata a svolgere un ruolo chiave in ottica di autenticità e provenienza, maggiore tracciabilità delle opere e facilità nell’accesso alle informazioni. La seconda generazione delle cosiddette Art tech, dal 2018, è entrata nel mondo chiuso dell’arte, soprattutto attraverso la vendita online e le black chain.  

 

Arte come asset class. Rabbit di Jeff Koons

Arte come asset class. Rabbit di Jeff Koons tra i top lot del 2019

 

Le richieste di consulenza in materia di tassazione, pianificazioni finanziaria sono state solo il 34% nel 2019, mentre spicca al 54% il concetto di diversificazione del portfolio. L’arte come asset class dedicato alla filantropia è un tema molto sentito e meno incerto negli ultimi anni. Si prospetta rilevante anche per i prossimi 12 mesi, con un 51% nel panorama complessivo.

Spicca l’adozione ad aprile 2019 del Regolamento (UE) 2019/880 relativo all’introduzione e all’importazione di beni culturali e della nuova V Direttiva Antiriciclaggio, che evidenzia la necessità di regolamentare quel timore di scarsa trasparenza e standard non uniformi.

 

Arte come asset class. Koons con Christie's

Arte come asset class. La scultura di Koons in asta con Christie’s. Dietro al battitore un altro celebre top lot 2019

 

Arte come asset class. Gli andamenti del 2019

Lo stato dell’arte

Pietro Ripa, Private Banker Fideuram, ha curato il capitolo del report dedicato alle criticità e opportunità registrate lo scorso anno, con le dinamiche e i trend principali nel 2019. 

Sui rendimenti annuali del triennio finanziario  2015-2018 si assiste ad un peggioramento, ma non per l’arte come asset class. Avendo triplicato il giro d’affari nel periodo di riferimento, si conclude notando come quello artistico non sia in correlazione con altri mercati.

Resta fermo il concetto di quanto l’arte non sia un bene rifugio, perché il suo valore non è costante nel tempo. Parlando invece dei rendimenti specifici all’anno 2019, l’arte come asset class giudicato dai dati delle aste, dichiara una riduzione del fatturato pari al -18% sul comparto della pittura, del 6% sul passion asset (antiquariato, design, gioielli).

Arte come asset class, top lot 2019. Robert Rauschenberg

Arte come asset class, top lot 2019. Robert Rauschenberg, Buffalo II, olio e inchiostro serigrafico su tela, 1964

 

I fattori di una crisi

Quali sono stati i fattori condizionanti il deterioramento del mercato artistico nel 2019? Quelli esogeni sono politico- sociali; derivano dalla turbolenza circa i dazi tra Cina e USA, e dalla famigerata Brexit. Quelli endogeni sono più rilevanti: riguarda maggior cautela nella domanda, mentre nell’offerta si registra un’intensa ricerca sulla qualità e la provenienza delle opere, insomma nella consapevolezza del valore artistico. Tuttavia nel 2019 non ci sono state in asta collezioni famose, magari provenienti da icone di quel mondo.

 

Arte come asset class. Andy Warhol

Arte come asset class. Andy Warhol, Double Elvis. top lot 2019

 

La tendenza dei top lot

Con l’obiettivo di  fornire strumenti decisionali utili al collezionista, sono state analizzate le aste di opere d’arte e di beni da collezione proposte nel 2019 e negli anni precedenti dalle principali case d’asta internazionali (Christie’s, Sotheby’s e Phillips), con un valore minimo di 1 milione di dollari.

Nell’individuazione dei trend è utile confrontare i top quality lot aggiudicati nelle aste del 2017-2018 con quelli del 2019. In generale diciamo che il loro prezzo medio si è abbassato da 157 a 81 milioni di dollari, ma che non si sono tuttavia rilevate tendenze negative in relazione al numero delle transazioni. Questo anche grazie al crescente aumento di vendite sulle piattaforme online nel triennio 2017-19. Il digitale è diventato una necessità.

Nello specifico alcuni casi eclatanti: il 2017 ha visto la transazione di Leonardo (Salvator Mundi) e di Basquiat, rispettivamente a 430 e 110,5 milioni. Nel 2018 Modigliani e Hockney, 157 e 90,3. Nel 2019 Manet a 110 e il Rabbit di Jeff Koons a 91. Nel 2019 è l’inferiore disponibilità di questi top lot a cambiare, ci si sposta dalla fascia dei super capolavori a quella dell’entry point del lusso.

 

Arte come asset class. Louise Bourgeois

Arte come asset class. Louise Bourgeois , Spider,1997. Courtesy Christie’s

 

Novità in crescita

Emerge anche il forte interesse per le opere di artisti poco riconosciuti dalla critica ma di grande valore nel rispettivo contesto storico-culturale, tra cui molte artiste donneAbbiamo oggi più artiste nel mercato, soprattutto per quanto riguarda il contemporary, mentre nel pre-war e old master sono da sempre in maggior numero. In ogni caso bisogna ammettere che negli ultimi dieci anni era solo al 2% la percentuale di artiste in asta. 

In crescita importante l’investimento per beneficenza dell’opera d’arte, sempre più percepito come elemento centrale per lo sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale.

 

Arte come asset class. Tamara De Lempicka

Arte come asset class. Tamara De Lempicka, Ritratto di Marjorie Ferry,1932. Courtesy Christie’s

 

Previsioni per il New Normal

Analizzando il fatturato mondiale per aree geografiche, si prevede che New York resterà la piazza maggiore ma con meno margine. Londra ancora tiene come roccaforte europea ma perderà terreno in favore di Parigi, dopo la Brexit.

Se ci riferiamo al global index in pittura del decennio 2001-2019, leggiamo un deciso -12%. In realtà il mercato viene valutato come più robusto e meno volatile, allontanati gli speculatori del 2008-9. Si è registra infatti costante attenzione per le opere d’arte di qualità museale, per le collezioni private di beni più esclusivi, anche da parte del mercato asiatico che si sta rafforzando, sempre più interessato alla pittura e ai beni antichi della tradizione europea.

Per quanto sia difficile valutare le misure della ripresa, si prospetta quindi nel 2019 che  il digitale sarà canale essenziale per mantenere viva l’offerta dei beni culturali. Continueranno però ad orientare la domanda: qualità delle opere e aspetto emozionale.

 

Arte come asset class. Sotheby

Arte come asset class. Sotheby a Parigi

 

Arte come asset class. Le testimonianze

Dal mercato

Fondamentali in questo studio sull’arte come asset class sono le testimonianze dei professionisti interpellati, con la loro visione sugli scenari futuri post Covid.

Secondo Pierluigi Sacco, docente di Economia della Cultura allo Iulm, è indispensabile al mercato dell’arte cambiare modelli. Ad esempio alcune gallerie di alto profilo, si citano l’americana David Zwirner e Goodman, stanno già sperimentando un uso innovativo del digitale, come lo scanning 3D per le mostre virtuali.

Antonio Addamiano, direttore di Dep Art Gallery e delegato ANGAMC, ricorda l’importanza del gallerista nel saper trasmettere la passione per una ricerca artistica. Le piattaforme digitali e social sono state di grande aiuto durante il lockdown e continuano ad agire, ma ora la loro utilità si è ridotta.

 

Arte come asset class, opera di Ugo Nespolo

Arte come asset class. L’opera di Ugo Nespolo, Ancora Grotesque. 2017

 

La posizione di un artista contemporaneo. Ugo Nespolo

Nespolo cita Shiller: “L’artista è figlio del suo tempo”. Se è così cosa ha appreso per continuare a vivere nel post Covid? Non bisogna dimenticare che il sistema dell’arte conteneva già i germi della sua distruzione, per il fatto stesso che l’opera è giudicata valida per il suo costo. L’artista risulta vittima di quel sistema, scelto da una compagine ristretta, sulle dita d’una mano i grandi mercanti internazionali, producendo senza formulare teorie. Senza diffondere uno spirito che prima degli ultimi vent’anni era pulsante. Ecco che questo isolamento ha generato disgregazione. Ma non è finita: forse se gli artisti che non pensano in primis alla speculazione si unissero per far sentire la loro proposta, potrebbe aumentare il numero di compratori la cui passione colpirà anche opere a prezzo più contenuto.

 

Arte come asset class. Paul Cézanne

Arte come asset class. Paul Cézanne, Bouilloire et fruits, 1888-1890

 

Dal mondo delle aste internazionali

Maurizio Piumatti, direttore generale di Wannenes, dichiara che la sua casa d’aste propone vendite online da dieci anni. Il Covid non ha quindi cambiato modello di business ma ha imposto un’accelerazione operativa, lodevole anche per una fascia d’età alta.

Ha ammesso Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia: “Il mondo delle case d’asta è stato internazionalmente impattato dalla crisi Covid”. Tuttavia si è risposto ragionando sulle nuove possibilità, e l’utilizzo delle piattaforme digitali anche per le aste dal vivo, è stato rincuorante. In sintesi conferma l’intento di rafforzare le aste online, magari aumentando i lotti a cifre abbordabili. Per quanto esista sempre l’aspetto dell’acquisto per investimento non va tralasciato che il collezionista vuole il pezzo che lo emozioni, e che brama di tornare a comprare arte.

 

Arte come asset class, non nel caso della Cappella Sistina

Arte come asset class, non nel caso della Cappella Sistina. Solo da guardare, anche in un tour virtuale

 

Visitare anche online

Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, con il suo impegno gestionale e curatoriale, annuncia la sfida della nuova apertura, il 1 giugno, della personale Aria di Thomas Saraceno. Essendo obbligatorio il contingentamento il critico prevede che le mostre “saranno sempre più permeabili tra virtuale e reale” e auspica che si possa fare rete tra le istituzioni. Esistono da tempo i sistemi di biglietteria elettronici e le audioguide scaricabili, oggi si progettano iniziative online che renderanno il pubblico più informato.

Elena Croci, docente di Marketing Culturale a Brera, conclude affermando che il lockdown ha spinto gli artlovers verso un rinnovato bisogno di bellezza. Per non perdere terreno i musei hanno osato di più rispetto al passato con le visite online. Bisogna continuare ad allargare questo “spazio di bellezza”.

Michela Ongaretti

 

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