Enzo Mari è stato un rivoluzionario. Anche questo si legge nella grande retrospettiva a lui dedicata da Triennale Milano con il Museo del Design Italiano. Progetti, modelli, disegni e materiali spesso inediti, documentano il lavoro e il pensiero di uno dei maggiori progettisti, artisti, critici e teorici della seconda metà del ‘900, che con la sua visione intransigente e democratica ha influenzato diverse generazioni di creativi.

Un archivio per il futuro
L’attuale analisi dell’opera di Enzo Mari è possibile grazie al lascito dell’Archivio Mari recentemente donato al CASVA – Centro di Alti Studi sulle Arti Visive del Comune di Milano Progetti. In un’intervista del 2016 con Stefano Boeri, Mari ha posto esplicitamente la condizione che per il Comune ne sarà proprietario ma potrà esporlo solo quarant’anni dopo la fine della retrospettiva. Così l’intera collezione di modelli, disegni e materiali spesso inediti, saluta il pubblico maturo di oggi per l’ultima volta. Non prima che “una nuova generazione potrà farne un uso consapevole e riprendere così in mano il significato profondo delle cose”.

Anche per questa ragione è importante invitare i miei lettori alla visita della mostra, come occasione unica e ultima per uno sguardo al lavoro epocale di Enzo Mari dalla fonte primaria, nella città dove ha sempre vissuto e lavorato, ad un lascito culturale che si spera possa continuare attraverso l’opera di altri progettisti.

Una retrospettiva di contaminazioni e omaggi
L’esposizione raccoglie sessant’anni di attività senza barriere disciplinari tra arte e design, architettura e filosofia, didattica e grafica, nella sezione storica curata da Francesca Giacomelli. Dissemina inoltre nel suo percorso omaggi di artisti internazionali influenzati dalla sua opera, selezionati da Hans Ulrich Obrist. L’apporto di quest’ultimo è fondamentale perché la genesi della mostra prende forma dallo scambio e dialogo intellettuale intercorso negli anni con Mari.
La retrospettiva su Enzo Mari è per Triennale Milano una tappa di un percorso espositivo che ha già toccato l’opera di alcuni maestri del design come Mario Bellini, Osvaldo Borsani, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass, a cui seguirà l’esposizione su Vico Magistretti nell’aprile del 2021.

Design democratico
Nel testo a corredo della mostra Obrist restituisce l’attualità della figura e del pensiero di Enzo Mari attraverso una testimonianza personale e storico-critica. Si ricorda la sua visione politica del design industriale, il suo impegno nel dare ad esso valore sociale e di conoscenza. Tra le varie dimensioni che costituivano il suo universo creativo c’era anche la sua nota vena polemica, infatti restano celebri le invettive contro la logica commerciale della progettazione contemporanea, volta ad ottenere il massimo guadagno. “Se un oggetto non è in grado di cambiare la vita di ogni giorno alle persone è inutile, tanto varrebbe realizzare quei souvenir che trovi alla Stazione centrale”, disse durante una conferenza tenuta nell’Ateneo di Parma dove studiavo.

Mari ha concretizzato una possibilità rivoluzionaria ben oltre gli anni della Contestazione, ma già la Milano degli Anni Cinquanta e Sessanta contava tutta una generazione di architetti e designer la cui creatività innovativa ha stimolato la nascita di un design politico. Andrea Branzi, Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Nanda Vigo per fare alcuni nomi, unirono lo slancio a produttori coraggiosi come Artemide, Danese, Driade, Gavina, Olivetti. Massimo esempio di democratizzazione del design fu per Enzo Mari l’ Autoprogettazione del 1974, un “esercizio individuale da realizzare per migliorare la propria consapevolezza”.

Sostenibilità, Accessibilità e Trasformazione
Nella loro radicalità i progetti di Enzo Mari risultano tutt’ora attuali perché aspirano ad una sostenibilità sia materiale che estetica ancora rara: durevoli nel tempo contro lo spreco di risorse e al di fuori di mode o tendenze , etici per l’intento programmatico di essere accessibili a tutti, influenzando positivamente il rapporto di ciascuno con gli oggetti.

Se “la forma è tutto per lui”, attraverso la sua trasformazione è possibile creare modelli innovativi per cambiare la società, che non è abbastanza a misura d’uomo. Il design di qualità è solo quello che realmente serve: solo se generato da un bisogno porta a quella trasformazione della realtà. Per Mari sarebbero continuate ad esistere ragioni per un progetto finchè intorno a noi sussistano cose che non sappiano migliorare la vita, e a cui il design si deve ribellare.

Enzo Mari. L’Arte del Design
La mostra si compone della sezione storica, che si sviluppa dall’ingresso partendo dal riallestimento dell’ esposizione Enzo Mari. L’Arte del Design, alla GAM di Torino nel 2008-2009, realizzata con il contributo della stessa Giacomelli. Fu un progetto globale che coinvolse l’autore nell’allestimento, nella curatela e nella realizzazione del catalogo.

In Triennale sono raccolti circa 250 lavori, tra i più rappresentativi dei quasi 2000 ideati nella lunga carriera, che testimoniano in ordine cronologico l’interdisciplinarità della sua progettazione, senza distinzioni fra tecniche e tipologie di ricerca. Gli oggetti creati sono oggi in collezioni, musei e spazi domestici spazi domestici di tutto il mondo.
Troviamo i dipinti che riecheggiano le Strutture degli anni Cinquanta e Sessanta (Arte programmata) accanto alla serie di contenitori Putrella (1958). Avanzando agli anni Sessanta e Settanta i multipli d’arte de La Serie della Natura (1961-1976), i vasi delle Nuove proposte per la lavorazione a mano del marmo.

Ancora la Serie Paros (1964) e gli Allestimenti modulari di cartone (1964-1970), il progetto per la Copertina della Collana Universale Scientifica Boringhieri (1965), la sedia Box (1971), la sua provocatoria Autoprogettazione (1973) e le ciotole delle Proposte per la lavorazione a mano della porcellana, Serie Samos (1973). Dal decennio successivo in poi le 44 valutazioni (1976-2008) la sedia Tonietta (1980), l’ Allegoria della dignità (1988), le Lezioni di disegno (2007- 2008), fino alla progettazione Per un Nuovo Museo del Design per la rivista “Abitare” (2009-2010).

Piattaforme di Ricerca
Interamente originali dell’esposizione per la Triennale sono le diciannove Piattaforme di Ricerca, ideate come approfondimenti su altrettanti progetti. Evidenziano tematiche centrali nella pratica e nella poetica di Enzo Mari come le prime indagini sulle ambiguità percettive, le ricerche sulla produzione di serie e su quella sperimentale. E’ inclusa una selezione delle Allegorie – come l’esercizio critico di progetto Proposta per un’autoprogettazione (1974), Perché una mostra di falci? (1986), o l’ultima creata Sessanta fermacarte (2010).

Si possono osservare anche altri esempi dell’importante attività di exhibit design dopo la prova della GAM, come il suggestivo allestimento di Vodun, African Voodoo (2011) per la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi nel 2010, il cui ambiente rimanda formalmente alle strutture della Proposta del 1974.

Dialoghi e omaggi a Enzo Mari
A corollario della a sezione storica, distribuiti all’interno di un unico percorso, troviamo una serie di contributi di artisti e progettisti internazionali. Sono lavori commissionati per il progetto espositivo e installazioni site-specific che omaggiano o rielaborano lavori di Enzo Mari. Troviamo opere di Adelita Husni-Bey, Tacita Dean, Dominique Gonzalez-Foerster, Mimmo Jodice, Dozie Kanu, Adrian Paci, Barbara Stauffacher Solomon, Rirkrit Tiravanija, Danh Vō e Virgil Abloh per il progetto di merchandising. Segnalo in particolare la reinterpretazione luminosa de I 16 animali e i 16 pesci da parte di Nanda Vigo, creata prima della sua scomparsa appositamente per la retrospettiva.

Un contenuto poco accessibile
Completa il percorso una serie di video interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist che testimoniano la costante tensione etica di Mari, la sua profondità teorica e la straordinaria capacità progettuale di dare forma all’essenziale. A questo punto mi permetto una critica, non ai contenuti ma all’allestimento, che spero possa risultare costruttiva, e muova alla riflessione utile a far sì che non se ne debba più parlare in futuro.

Una disattenzione al termine della visita fa comprendere come ci sia ancora strada da percorrere verso “nuove” frontiere egualitarie. Potrebbe sembrare una piccola distrazione, come una macchia su un vestito elegante non impedisce l’apprezzamento di una creazione valida, ma non riesco ad accettarla all’interno di questa mostra che celebra e auspica i principi di democraticità e accessibilità, per tutti. Una piccola area accoglie tre monitor, ciascuno con proprio audio e video: bisogna avvicinarsi allo schermo per ascoltare distintamente le parole pronunciate, come tra l’altro suggerisce la presenza della poltrona sostenibile di Mari. Peccato che un portatore di disabilità non possa raggiungere la postazione adeguata per una di queste interviste, non può superare i gradini della scala brutalista.

Pochi metri sminuiscono l’idea di accessibilità del design di qualità, da sempre al centro del pensiero di Enzo Mari. Mi piace pensare che il suo spirito viva anche nella mia protesta, una piccola polemica in suo nome per un mancato riconoscimento di un bisogno di conoscenza. In pratica è soltanto un invito al miglioramento, in un ambiente generalmente attento alla mobilità dei suoi visitatori.
Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli è visitabile presso Triennale Milano fino al 12 settembre 2021
Michela Ongaretti