Riccardo Gusmaroli. La sua ricerca ludica sui materiali del quotidiano emerge nella studio visit di Artscore.
Abbiamo avuto modo di osservare una sua opera a Biennolo, la manifestazione che ha attratto molte persone nell’area dell’ex Panettonificio Cova, nonostante questo maggio piovoso.
Artscore ha approfondito la conoscenza del lavoro di Riccardo Gusmaroli con una visita al suo studio per scoprire il suo approccio sperimentale ai materiali. Coperte termiche bucate, barchette e stelline di carta: come elementi quotidiani e riconoscibili ad ogni latitudine diventano metafore possibili, attraverso una semplicità geometrica e nella libertà d’interpretazione individuale.
Riccardo Gusmaroli a Biennolo e a Milano
La collezione temporanea di Biennolo è stata concepita nel contesto dell’archeologia industriale preesistente, anche nella sua affascinante fatiscenza, e le installazioni hanno vissuto dell’integrazione con questo paesaggio urbano. In questo contesto la presenza del lavoro di Riccardo Gusmaroli è stata un esempio di valorizzazione reciproca di spazio e opera, una vocazione preesistente nella genesi e nella poetica dell’artista.
Sono infatti rimasta sorpresa nell’apprendere che la stessa opera con la coperta termica fosse stata esposta e da me osservata alcuni anni fa presso Circolo Quadro, prospiciente Corso Buenos Aires, sempre a Milano. Sorpresa per come riesca lo stesso lavoro a esprimere sensazioni diverse, a suggerire un contenuto differente a seconda della sua integrazione con l’ambiente.
In particolare per le opere formate dal rivestimento forato, dorato o argenteo, l’adattamento del senso al contesto è così site specific da dimostrare il suo opposto, cioè non sono costruite per un luogo ma per connotarsi sui diversi luoghi. Vivere di una fruizione diversa ogni volta con un conseguente suggerimento simbolico attraverso l’intromissione di un genius loci.
E’ un gioco combinatorio e personale nel proprio vissuto visivo, osservare l’emergere grafico di questi buchi, che in parte esibiscono l’eredità del concetto spaziale di Lucio Fontana. Per Gusmaroli andare oltre la tela significa anche viaggiare nella memoria, sia individuale che di comunità, del ventunesimo secolo.
Sperimentazioni senza titolo
Tutte le opere di Riccardo Gusmaroli sono “senza titolo”:quelle coperte termiche che nella geometria libera appaiono come costellazioni, o quelle che seguono una mappa geografica, le stelline di carta moltiplicate con certosina precisione, o le più recenti uova candide ed emblematiche.
La sperimentazione sui materiali si può respirare, nel suo studio. Basta guardare sul tavolo di lavoro principale diversi strumenti: colle, martelli, vedo persino una piccola spatola in giada per livellare e lisciare la foglia oro, che testimonia l’estrema cura nel trattamento delle superfici.
Casualità e simbolo
Nella ricerca sulle potenzialità materiche ed espressive Gusmaroli accoglie gioiosamente e giocosamente la casualità, essa entra in una dinamica dove i rimandi simbolici possono emergere anche solo dall’osservazione della natura stessa dell’elemento sperimentato e studiato. Così pare rivelarsi il nastro per ustionati l’unico accoppiamento sostenibile al rivestimento termico, dal punto di vista fisico sì, ma anche per il collegamento semantico, che funziona come se fosse stato quello l’obiettivo di partenza. Un cerotto che contiene le infezioni e aiuta il processo di cicatrizzazione delle ferite, è ciò che permette la foratura del delicato materiale, che permette di guardare oltre le barriere culturali e geografiche.
Piccola storia di protezione e rottura
Il primo lavoro con coperta termica risale a sei anni fa con la rappresentazione di un’Italia forata. Come mi spiega Riccardo Gusmaroli la copertura è anche protezione: è su qualcosa che vive una situazione non positiva, fallata appunto, che è caro all’artista. E’ lo stesso aspetto di cura e di tutela suggerita sulla Francia dopo l’attacco terroristico a Charlie Hebdo, nell’opera creata in occasione del fatto di attualità nel 2015. Ancora scorgo in un angolo dello studio una Sicilia con i fori neri sul materiale dorato, “come il buono che fatica ad uscire”, mi spiega l’autore.
Una poetica di libertà del fruitore
Nel discorso di Gusmaroli risulta quindi fondamentale la mancanza di un significato univoco. L’artista sceglie di “dare libertà totale al fruitore, di pensare quel che vuol pensare” su una possibile metafora. Conta più di ogni cosa poter dare uno stimolo visivo e mentale, agendo su elementi che in tutto il mondo siano riconoscibili o persino banali, come le barchette di carta spesso moltiplicate in vortici, aumentando il loro numero per amplificare una sensazione che smuova l’idea di un “quotidiano scosso”.
Riconoscendo attraverso la geometria una logica nella casualità, immedesimandosi negli elementi di base del quotidiano e dell’infanzia, nel ricordo di un vissuto il discorso si fa personale per ciascun osservatore. La situazione può essere un viaggio o un incubo del viaggio, la fragilità delle barchette può essere pericolosa nel vortice, sicuramente non comunica un’idea statica, e può legarsi all’attualità delle tragedie in mare degli ultimi anni. Ma è solo una possibile interpretazione.
Stelline geografiche
Ancora infantile e riconoscibile per tutti è l’utilizzo delle “stelline” create dalla piegatura della carta, forma che si accosta ed evolve dalla scomposizione in francobolli.
Queste composizioni modulari e ripetute su tutta la superficie dell’opera bidimensionale sono per ora applicate alle cartine geografiche e ad “iconiche” sculture di arte classica. Nel primo caso l’aspetto del semplicità oltre ad innescare una lettura immediata si lega alla vocazione ludica dei singoli elementi, per condurci verso un ulteriore gioco di svincolare le ragioni italiane dalla concreta mappa fisica, decontestualizzando e spostandole come pedine di una dama immaginaria. Ad esempio il Lazio è spostato nel Mar Mediterraneo come fosse la Sicilia. Un gioco più per adulti, che stavolta non stimola una personale visione, ma scambia le posizioni della scacchiera per invitare a mettersi nei panni di un giocatore dell’altro colore.
Uovo Mondo
Vedo i lavori più recenti con un solo protagonista, un elemento semplice e complesso al contempo, emblema di perfezione in tutto il mondo, con oltre tremila significati nelle diverse culture: l’uovo. Ad esso è associato un universo misterioso che comunica con quello ad esso esterno e concreto, attraverso aperture e personaggi, elementi intorno al guscio con riferimenti talvolta precisi ad un personaggio. Sono tutti “Uovo Mondo”.
L’uovo è per Riccardo Gusmaroli come una casa, la cui scoperta può rivelarsi divertente o drammatica. Una casa come un guscio bianco, che sia della stessa struttura, della stessa sostanza per tutti, ma che contiene una personalità unica che rompe le pareti attraverso il suo peculiare linguaggio o iconografia.
Carriera e fortuna
Anche la carriera artistica di Riccardo Gusmaroli nasce dal gioco di un incontro fortuito. Fin dai tempi della professione di fotografo con Studio Acqua, si divertiva a sperimentare con immateriali. Poi un giorno in una casa privata Franco Toselli ha visto alcune sue opere, e lo ha invitato ad esporre al Castello di Volpaia nel Chianti, all’inizio degli anni novanta.
Non era un esperto di arte contemporanea e non considera tuttora di per sé la fotografia come arte a meno che non venga stravolta attraverso la manipolazione, la distruzione e l’alterazione dell’immagine: queste operazioni furono il punto il suo punto di partenza verso il linguaggio odierno.
Sono seguite altre importanti collaborazioni internazionali di cui ricordiamo quella con Sperone a New York, a Parigi con Galerie Dio Méo, Guggenheim, Ippolito Simonis, solo per fare alcuni nomi. Alcune opere sono ora alla Galleria Civica di Arezzo, a Parigi, ad Amburgo, mentre altre sono in preparazione per Hong Kong.
Michela Ongaretti