Tango come sperimentazione, tango come stato d’animo nello spettacolo Tangos at an exhibition! Performance sui temi del tango.
Che cos’è il tango? Potrebbe essere una domanda senza risposta per Jorge A. Bosso, musicista compositore che ha per missione dare al tango un futuro nella sua evoluzione, mentre oggi vive di cliché e luoghi comuni facilmente vendibili, un tango for export, secondo una sua definizione. Dal pensiero di un artista che attraverso una lunga ricerca trova estensione del proprio talento oltre i limiti angusti di codici e mode, nasce l’incontro con la danza di Matteo Bittante e Paola Lattanzi. Infatti lo spettacolo è stato creato in coproduzione tra BossoConcept e DANCEHAUSpiù, al suo debutto al Teatro Fontana il 22 maggio con Bittante, Lattanzi, Barbara Allegrezza e Nicolò Castagni.

“La tentazione di immaginare il tango e tutto ciò che possa essere concepito dall’essere umano come una transizione, e al tempo stesso un punto di partenza per una evoluzione senza sosta, una metamorfosi propensa a narrare il mutare delle forme in corpi nuovi.”
In questa suggestione di Bosso noi possiamo immaginare l’universo musicale e coreografico abbracciarsi. A partire dallo slancio verso la concatenazione di linguaggi nel dinamismo di suoni liberi da convenzioni di genere, nell’album dell’ensemble argentino Tangos at an Exhibition! da cui sono estratte le musiche dello spettacolo, fino alla sua interpretazione insolita dei quattro danzatori. L’indole comune è vocazione al mutamento: celebrata ad ogni nota, e ad ogni passo, la condizione effimera del presente di ogni linguaggio.

Non aspettatevi uno spettacolo facile, starete tutto il tempo invischiati in un percorso di ricerca di senso delle anime del tango. Anzi, non aspettatevi proprio niente, perché niente appartiene a un modello, né musica né danza, né racconto. C’è solo da accogliere un inquieto invito all’oscurità languida che cerca di innestare memorie collettive a stili personali. Sipario!
In scena Bosso Ensemble con i suoi quattro elementi: con il Bandoneòn di Davide Vendramin, al Clarinetto Ivana Zecca, al Violoncello Jorge A.Bosso e al Contrabbasso Piermario Murelli. Suonano in un atmosfera blu, sotto luci fumose di un locale notturno arrangiato, forse clandestino. La performance musicale vive nell’autonomia di una lingua dinamica, nella sperimentazione raffinata e frizzante. Potrebbe farsi guida dell’azione, musica per il ballo com’era nelle sue origini più pure, ma con l’apparizione fantasmatica dei ballerini, che si insinuano dal fondo del palco prima di palesarsi come concrete figure, riusciamo già ad immaginarci una dialettica senza soluzione.

Mantieniamo tesa la nostra attenzione verso l’insieme scenico, nell’oscillazione delle due realtà: anche quando la narrazione coreografica pare prendere il sopravvento, seguono attimi in cui i corpi in movimento insidiano i suoni aggirandosi tra i musicisti, contaminandoli di presenza scenica, di rappresentazione in carne ed ossa.
Nella parte iniziale della pièce siamo pubblico di un concerto che attraversa tempi e latitudini, fino all’arrivo misterioso di quattro figure. Da quel momento le anime del tango si confrontano nell’intreccio gestuale di quattro diverse personificazioni, e noi siamo rapiti dalla loro narrazione inquieta.

Quattro personaggi nella loro solitudine si cercano, si avvicinano tra loro languidi, e disturbano il campo d’azione dell’altro, innescando a diverse riprese un nuovo processo di trasformazione emotiva, talvolta fisica, fino a costituire un corpo ibrido. Diventano immagine d’insieme, pronta a sciogliersi. Da dove vengono? Dalla memoria delle origini del tango, dai bassifondi portuali, dal melting pot culturale che qui scatena un cortocircuito con evoluzioni tutt’altro che sentimentali. Non è la tenerezza, ma la grinta a farli sopravvivere. Qui i rapporti sono d’influenza e di risposta nella guida verso una liberazione espressiva che metterà in evidenza quattro personalità distinte, pur se aperte all’osmosi col gruppo.

I ballerini dai costumi in pelle, dalle sfrontate trasparenze, da ampi paltò celanti identità, e intenzioni, procedono in un percorso di consapevolezza che iniziata con la rimozione di un nero velo dal volto. Sempre accompagnata da una sofisticata semplicità di suoni originali, la coreografia è un percorso di liberazione dai cliché di una composizione armonica e lineare.
Fin da subito avvertiamo il potere che due figure, interpretate dai coreografi Bittante e Lattanzi, esercitano sulle altre. La dama dall’identità più nascosta, sotto indumenti pesanti e la maschera sul volto comune a tutti i personaggi, catalizza l’attenzione degli altri anche se appare a loro indifferente. Quando naturalmente chiude i movimenti su una sedia viene disturbata, richiamata a rispondere dichiarando la sua vitalità mediante azioni che inseguono il gruppo ora capitanato da Bittante. In altri tempi scenici è complice del ballerino nell’animare e scomporre la danza dei due giovani, nel ricondurre i passi a un percorso di avvicinamento che gioca con ostacoli, riportando all’autonomia di assoli che rivelano quattro personalità complementari.

Impariamo presto a riconoscere quel potere che guida e libera. Si apre attraverso un rituale carnale e oscuro, languido e faticoso che secondo un mio sentire riporta al senso dell’origine del tango, ma più in generale di un linguaggio, di uno stile.
Così la “magia sconfinata di ogni espressione artistica”, come suggerisce Matteo Bittante, recita con la danza la condizione effimera del presente e predice il carattere della mutevolezza dei tempi passati, dei giorni a venire. E il tango, in una lettura universale, scioglie la sua malinconia nell’incontro tra corpi densi di memoria. Nella cruda furia controllata di Paola Lattanzi o nella destrutturazione più “filologica” di Bittante, nella scoperta del sé dialogico di Castagni o nel bisogno di Allegrezza di ritrovare grazia coreografica nello spazio.

Memorie collettive forse ignote a tanti palchi, alla loro rappresentazione, perché lontane dalle definizioni del gusto comune. Flussi di coscienza e scatti muscolari, rincorse circolari e avvicinamenti geometrici, non facili né rassicuranti ma fragili e potenti.
Michela Ongaretti
Alla rilettura poetica e astratta del tango di DANCEHAUSpiù seguiranno altri spettacoli di danza d’autore contemporanea della stagione 2025 di Exister. Organizzata e promossa da DANCEHAUS – Centro Nazionale di Produzione della Danza di Milano, sostenuto dal MiC- Ministero della Cultura, Regione Lombardia e Comune di Milano. Dal 16 settembre al 5 dicembre in via Tertulliano 68 a Milano. Per consultare il futuro programma: exister.it