DanceHauspiù. Un’intervista nella casa milanese della danza

by Michela Ongaretti
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DanceHauspiù. Le Spectre de la Rose- Rave. Di e con Matteo Bittante

DanceHauspiù si trova in via Tertulliano, in un’accogliente ex area industriale trasformata ad hoc per le sue attività. A Milano, ma fuori dalla pazza folla. Come dice il nome è una vera e propria casa per la danza contemporanea, centro nazionale fondato e diretto da Annamaria Onetti, Susanna Beltrami e Matteo Bittante. 

Ogni volta che ci sono andata ho visto spettacoli che hanno continuato a nutrire la mia immaginazione per giorni. Per la possibilità di esprimere concetti profondi e controversi con il linguaggio del corpo mi sono avvicinata alla danza contemporanea: proprio per la coerenza del lavoro di DanceHauspiù a questa aspirazione ho desiderato conoscere i suoi protagonisti che mi hanno accolto nel giorno di due eccezionali debutti, Le Spectre de la Rose/Rave e My Duty, my brother. 

DanceHauspiù - My Duty. My brother di Paola Lattanzi
DanceHauspiù – My Duty, my brother di Paola Lattanzi. Ph. Sara Meliti

In occasione dell’intervista sono presenti due direttori, Annamaria Onetti e Matteo Bittante, che è anche coreografo residente, e Paola Lattanzi, artista associata, di cui ho già parlato in occasione di Io non sono di questo mondo.

Se vi chiedessi di presentarvi uno a uno…

Annamaria Onetti: Sarebbe oggi spiazzante perché con Matteo e Susanna siamo in tre co-direttori artistici e gestionali dalle diverse esperienze e percorsi, ma ormai questa differenza non la sentiamo  più. Lavoriamo insieme da quindici anni per una missione comune. DanceHauspiù è un’associazione temporanea di scopo tra tre gruppi fusi totalmente in questo progetto finanziato dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano e dal Ministero della Cultura.

DanceHauspiù. Le Spectre de la Rose-Rave- 1. Ph. Sara Meliti
Un momento di Le Spectre de la Rose/Rave di e con Matteo Bittante. Ph. Sara Meliti

Partiamo dalla formazione, con l’Accademia, fino al perfezionamento dei diplomati col percorso professionale all’interno dei progetti giovani. Poi c’è la struttura di DanceHauspiù, tutta la parte produttiva e la gestione dell’ospitalità. Certo il progetto che portiamo avanti è imponente, così abbiamo diverse persone che operano con noi. C’è Sofia Magnani che si occupa della comunicazione, Giulia Menti è la tour manager che gestisce tutte le produzioni che vanno in tournée, abbiamo Martina Smadelli che è la nostra producer, l’amministrazione, persone per i video, fotografi che collaborano in maniera continuativa come Sara Meliti, insomma facciamo parte di una macchina complessa.

Spettacolo all'aperto da DanceHauspiù in via Tertulliano- artscore.it
Spettacolo all’aperto da DanceHauspiù

Come siete arrivati in via Tertulliano? 

Matteo Bittante. Qui una volta c’era l’accademia Pier Lombardo insieme al Teatro Franco Parenti, nella sua sede provvisoria. Susanna lavorava con una compagnia sovvenzionata dal Ministero, con Luciana Savignano, e io l’ho conosciuta attraverso quell’esperienza. Quando il Parenti si è trasferito abbiamo preso noi i locali trasformandoli radicalmente. I primi due anni abbiamo convissuto con la scuola del Pier Lombardo, poi Susanna è diventata autonoma e insieme siamo cresciuti, da un padiglione ne abbiamo presi due, lo spazio è diventato enorme.

Annamaria: Io ho conosciuto loro perchè gestivo il festival e le Giornate della Danza del Comune di Milano che era un’iniziativa che metteva insieme tutte le realtà cittadine del settore, dal 2008 al 2012. Intendevo chiedere collaborazione per quell’attività invece ci siamo trovati a sviluppare un progetto per una casa della danza a Milano, che avevo già iniziato a scrivere. Ci abbiamo messo tanto per arrivare ad avere un progetto finanziato, che si avvale anche di campagne di sostegno come il 5×1000 e Art Bonus. Via Tertulliano è stata la culla della nostra collaborazione e amicizia, iniziata come promozione, solo in un secondo momento, dal 2015, siamo diventati centro. 

Le Sacre- Luciana Savignano- artscore.it
Le Sacre. Produzione DanceHauspiù con Luciana Savignano al Teatro Parenti. Ph. Francesco Prandoni

Exister c’è dal 2008. In quale contesto si inseriva la nascita di questo festival e qual è la sua caratteristica peculiare?

Annamaria: L’ho portato io in dote. E’ più di un festival, è a tutti gli effetti la nostra stagione di danza, parte integrante del progetto che è sì di produzione e di distribuzione ma soprattutto di ospitalità.

All’epoca a Milano c’erano dei festival importanti: Uovo, MilanoOltre, Danae. Io avevo in realtà l’idea di creare qualcosa di più esteso, non concentrato in pochi mesi. Desideravo che ogni 15 giorni ci fosse uno spettacolo e mi interessava soprattutto la danza che definiamo intermedia, cioè non di estrema ricerca o quella dei grossi teatri ma di portata media, sei o sette danzatori in scena e il teatro di media grandezza. Idea stravolta con l’Arcimboldi…La sua caratteristica principale è dunque la continuità: iniziamo a febbraio e chiudiamo al 5 dicembre.

DanceHauspiù. Le Spectre de La Rose- rave. Prove- Ph. Sara Meliti-artscore.it
Le Spectre de la Rose/Rave. Prove dello spettacolo. Ph. Sara Meliti

Mantenere un dialogo col territorio, con gli artisti e con il pubblico ha direzionato il nostro operato anche grazie al mandato ricevuto dalle istituzioni: quello di essere un riferimento importante a livello regionale.

Siamo l’unico centro nazionale che ha sede in Lombardia e questa è una responsabilità molto grande. Sono cambiate molte cose attraverso gli incontri ma si è mantenuta l’idea della danza d’autore in Lombardia. Matteo: Anna ha avuto inoltre l’intuizione di invitare degli sconosciuti che dopo alcuni anni iniziano a ricevere premi, a farsi conoscere, insomma individua talenti. Abbiamo ad esempio ospitato Silvia Gribaudi che adesso è la diventata tra le coreografe più acclamate in tutto il mondo.

DanceHauspiù - Scena di My Duty. My brother di Paola Lattanzi
DanceHauspiù. Scena di My duty, my brother. Ph. Sara Meliti

Annamaria: Ora DanceHauspiù sta facendo scouting di pari passo al sostegno di artisti già affermati, Paola Lattanzi ad esempio, e Matteo che è partner in scena della Savignano, come loro altri vicnitori di premi internazionali. Stiamo agendo su diversi piani di attività per sostenere quello che la danza può esprimere come arte del contemporaneo, che esalta le possibilità del corpo e dello spazio. 

Dancehauspiù. Le Spectre de la Rose, 3-artscore.it
Un momento dello spettacolo Le Spectre de la Rose/Rave. Ph. Sara Meliti

Con quali altre discipline artistiche e performative ha dialogato DanceHauspiù?

Annamaria: Senza dubbio con la musica e con il video, che è spesso una produzione integrata alla nostra. Al cinema io sono legata sia per sensibilità che per esperienza lavorativa, Matteo in passato ha usato le proiezioni all’interno degli spettacoli, con l’obiettivo di amplificare e moltiplicare le espressioni del corpo. Negli anni passati con questo strumento abbiamo vinto il bando Next Laboratorio delle Idee.

Matteo: La nostra danza ha spesso interagito anche con la musica dal vivo, ma abbiamo raccolto tante altre esperienze tra moda e design. Io da sempre lavoro con fashion designer come Tom Rebl e ora con Alessandro Vigilante. Annamaria ha realizzato un premio fotografico che si chiamava La Danza nella Città, poi ci sono stati progetti sperimentali in collaborazione con lo IED.

Una collaborazione tra DanceHauspiù e il fashion designer Tom Rebl- artscore.it
Una collaborazione tra DanceHauspiù e Tom Rebl. Ph. Mariateresa De Marinis

Che cos’è Cross Roads e In che modo esalta la vostra missione?

Cross Roads è un progetto di mobilità artistica internazionale iniziato quando siamo entrati all’interno del network EurAsia Dance Project. Mette in condivisione diversi artisti, danzatori e operatori provenienti da diversi paesi, soprattutto da Medio Oriente e Asia, sostenuto dal ministero per favorire proprio lo sharing dell’espressione artistica con culture davvero molto diverse nel linguaggio e nella sensibilità. Ad esempio si è andati in India ad incontrare un artista e un operatore locale che faceva un pezzo di produzione o un’esibizione, successivamente sono venuti da noi per lo stesso percorso.

DanceHauspiù con Cross Roads. Girish Kumar- artscore.it
Cross Roads. Life after death di Girish Kumar. Ph. Eros Brancaleon

DanceHauspiù affronta, non lo abbiamo ancora detto, argomenti come l’integrazione delle diversità, multiculturalità, sostegno alla comunità LGBTQ+. Parlando di sensibilizzazione portare opere create a contatto con realtà lontane ti fa fa rendere conto delle reali differenze di mentalità, che entrano in gioco insieme al gusto artistico. Quando hai in sala un artista con uno specifico background famigliare e culturale del paese d’origine, con degli obblighi e con delle restrizioni capisci davvero le differenze. Quest’anno abbiamo lo spettacolo di Stefano Fardelli che è il direttore di Euroasia e al suo interno danzano alcuni ragazzi arrivati in Accademia grazie al network. 

DanceHauspiù con Cross Roads. Heare me moo- artscore.it
Cross Roads. Heare me moo di Matteo Sedda. Ph. Eros Brancaleon

Se dirigessi un teatro di una città italiana o estera, potrei invitarvi ad esibirvi con un vostro spettacolo?

Si perchè fa parte della nostra funzione istituzionale vendere gli spettacoli. Ci proponiamo con la nostra tour manager, Giulia Menti. L’anno scorso abbiamo portato all’estero Duo Nux, artisti che quest’anno stanno girando molto, come Vidavé Crafts che andrano ad Abano e Latina, poi al Dansa Valencia a maggio. Cerchiamo di promuovere anche la produzione nuova, che sta crescendo molto considerando quella in collaborazione con gli altri centri nazionali. Lo facciamo anche prima del debutto, ma per la vendita vera e propria è necessario far vedere un video o avere altri materiali.

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Duo Nux nello spettacolo Delicious Overdose. Ph. Michela Piccinini

Paola lattanzi, Vidavé Crafts, Pett/ Clausen-Knight, Erika Silgoner, Pietro marullo, Franchina/Leone, Duo Nux, Giulia Menti, Michela Priuli, Annalì Rainoldi sono gli artisti associati di DanceHauspiù. Non si somigliano affatto. 

Hanno da poco debuttato Lattanzi e Bittante, in scena con Pett/ Clausen-Knight, due esempi di come la grande libertà della danza contemporanea possa portare ad una forma estetica originale, ai quali pongo due doverose domande. Le loro risposte evidenziano le loro differenze di impostazione e di gusto,  in comune c’è solo l’alta qualità della ricerca.

My Duty, My brother di Paola Lattanzi 3- artscore.it
DanceHauspiù. Un momento di My duty, my brother. Ph. Sara Meliti

Paola Lattanzi. Puoi parlarci della genesi di una tua creazione?

Il solo e il lavoro di gruppo sono due operazioni diverse. Nel gruppo di almeno due persone cerco sempre di individuare la qualità del loro rapporto, un rapporto di tipo cinetico, mi interessa vedere come la loro intelligenza cinetica si mette in relazione,  poi da quella qualità ho delle immagini. Parto a quel punto da degli esercizi, dei task dove è in azione l’istinto del corpo. Il rapporto tra i ballerini in scena con My duty, my brother mi riporta a quello tra Lucas e Klaus, di Agota Kristof…non so più però se il romanzo sia punto d’arrivo o di partenza. 

Il pubblico assiste alla continuazione tra la formazione e la professionalità. I danzatori sono stati formati da me a DanceHauspiù dal 2020, con cui oggi siamo arrivati ad un metodo.

My Duty, My brother di Paola Lattanzi 4- artscore.it
Danzatori in scena con My duty, my brother. Ph. Sara Meliti

E’ bello lavorare con loro  riagganciandomi a quelle che sono le potenzialità di questo spazio. Questa è una modalità importante per il mio lavoro insegnante e formatrice qui dentro: ho tempi molto lunghi per lavorare con le persone, non credo a ciò che nasce senza un intenso studio. In particolare nella genesi di My duty si pensava prima ad un quartetto, era il Signore delle Mosche nella mia immaginazione, prima di Agota kristof con la Trilogia della città di K. Ho sempre in mente come un ambiente fuori dai corpi che è esploso, che non è più armonico, e quindi questi personaggi devono cercare un nuovo equilibrio con questo mondo, con le sue regole.

Nel libro, durante l’occupazione russa della Cecoslovacchia, due ragazzini scrivono un quaderno, perché per loro la scrittura è quello che per me è la danza, reinterpretare il mondo, avere la capacità non solo di decifrarlo, ma in maniera anche minima modificarlo, renderlo adeguato al rapporto tra io e ambiente, L’identità stessa si fonda nel rapporto tra te e l’ambiente, o potrei dire dello spazio-tempo. Quel rapporto ha sue norme sulle quali si basa la coreografia. Tendo prima a cercare ed esplorare quelle relazioni, e regole, e poi a mettere in gioco i due corpi che ho con i loro movimenti. La coreografia mette ordine nel caos, ma deve restare attiva una parte di quel caos.

Ballerini e coreografa di My duty. My brother- artscore.it
Ballerini e coreografa di My duty, my brother. Ph. Sara Meliti

Potresti descrivere il tuo lavoro con tre aggettivi?

Materico, ambiguo, crudo. 

Matteo Bittante. La genesi di un tuo spettacolo?

Secondo Annamaria rappresenti  tante figure professionali insieme che hanno in testa lo spettacolo, ti avvicini di più alla figura del regista. 

Si, mi ispiro molto dalle immagini che mi arrivano da un testo, quel click è l’idea visiva di un tema su cui in primis si fa ricerca. Lo studio, cerco altre immagini in linea con un mood e poi metto insieme tanti elementi anche scenografici, oggetti che in scena diventano soggetti, poi costruisco i passi di danza e infine penso alle luci.

Le Spectre de la Rose, 5- Bittante e Pett/Clausen-Knight. artscore.it
Matteo Bittante e Pett/Clausen-Knight. Ph. Sara Meliti

La “zanzarina” in testa per Le Spectre de la Rose- Rave è la melodia Invitation to the dance di Von Weber ( autore della musica per il balletto di Michel Fokine ispirato al poema di Théophile Gautier),  sigla del programma Maratona d’Estate, che guardavo in tv da bambino all’ora di pranzo. Da questo stimolo sonoro ho ripensato la storia de lo Spectre de la rose, partendo già dalla protagonista che nello spettacolo è un uomo, sono io in scena. La dama ottocentesca arrivava da un ballo,  che qui diventa un rave.

Rispetto all’originale, nel quale la dama sta per andare a dormire e a sognare lo spettro, l’azione parte prima, io resto incastrato in un post rave. C’è dell’oscurità dentro di me lotto con questa materia, questo tappeto a strisce che mi ricorda un pò la prigione qualcosa che non riesco a rompere. Mi piacerebbe venisse inteso come un vero e proprio personaggio.

La linea narrativa è scenica, viene dall’insieme degli elementi, non è preponderante la coreografia. 

Bittante e Pett/Clausen-Knight nello spettacolo Le Spectre de la Rose- 5-artscore.it
Scena de Le Spectre de la Rose/Rave. Ph. Sara Meliti

L’esperienza è stata diversa dal solito perché i ballerini coinvolti non hanno studiato con me, non c’è alla base un’impostazione mia nei loro movimenti, ho dovuto avvicinarmi al loro stile e farlo incontrare al mio. A differenza della lingua della danza classica, più codificata, quella contemporanea può trasformarsi a seconda delle risorse e dell’ispirazione, è questo che cerco e che cerchiamo da DanceHauspiù. 

Tre aggettivi per il tuo lavoro.

Oscuro, “vivisezionato”, empatico.

Michela Ongaretti

Per ulteriori informazioni, anche sui prossimi spettacoli, potete consultare il sito dhpiu.com

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