Casa Museo Boschi di Stefano per un’intervista a quattro voci. Dopo il lockdown con Ugo la Pietra, Eleonora Fiorani, Maria Fratelli e Francesco De Molfetta

by Michela Ongaretti
0 comment
Casa Museo Boschi di Stefano. Intervista

Casa Museo Boschi Di Stefano ospite di riflessioni profonde. L’occasione è stata l’esposizione Il Naturale da ritrovare: una raccolta delle pagine del libro ancora inedito dell’epistemologa Eleonora Fiorani, illustrato dai disegni a china, matita e acquerelli di Ugo La Pietra. Artscore.it ha incontrato gli autori per un’intervista che si è trasformata in un intervento a più voci sui temi sollevati dall’opera e dallo spazio, che non casualmente la contiene. Sono intervenuti la direttrice della casa museo Maria Fratelli e lo scultore Francesco De Molfetta, che con Ugo La Pietra ha creato un momento di confronto tra ceramisti contemporanei di diverse generazioni, nei locali della storica scuola di ceramica un tempo di Marieda Di Stefano.

Casa Museo Boschi di Stefano. Ugo La Pietra

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Ph. Tiziana Grassi

Nella nostra epoca una componente di consumismo colpisce anche le esposizioni d’arte, delle quali talvolta ci si dimentica dopo la loro chiusura. Invece ne Il Naturale da ritrovare, già  un atto di coraggio dopo il lockdown come tutto il palinsesto estivo “Aria di Cultura” del Comune di Milano, mi piace vedere un un antidoto alla frenesia, perché lascia un prodotto culturale fruibile, qualcosa che resta. Ed è importante come frutto di una collaborazione e di un processo, nello scambio stimolante di visioni autonome, cresciuto durante la quarantena . Mi piacerebbe conoscere la genesi del progetto.

Casa Museo Boschi Di Stefano. Maria Fratelli e La Pietra

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Con Maria Fratelli e Ugo La Pietra. Ph. Tiziana Grassi

Maria Fratelli

Il Naturale da ritrovare è un piccolo miracolo, fatto in totale autonomia con la gratuità che deve aver per il pubblico una mostra temporanea in una casa museo comunale. Felice che l’esito finale sarà un libro, con le pagine da comporre esposte nella scuola di ceramica quale luogo in definizione per altre esposizioni, ma mi piace anche che il tutto sia nato dal lavoro intellettuale di Eleonora Fiorani nel momento in cui era necessario recuperare una visione per un futuro. Ha recuperato un suo antico progetto, rivisitato e reso ancor più visionario in queste pagine anche grazie all’associazione con i disegni di Ugo la Pietra. Il Naturale da ritrovare è stata la prima iniziativa nata il giorno in cui si è potuta aprire la porta di uno spazio culturale condiviso con la città, da una collaborazione costruttiva tre due maestri del ‘900 .

Il testo accompagnato dalla tavola di La Pietra ha avuto anche una modalità di diffusione sui social media della casa museo. Come un feuilleton di una volta è uscito ogni sabato e domenica durante la quarantena, e continuerà fino all’ultimo capitolo, per dare a tutti l’opportunità di accedere a questa esperienza.

Casa Museo Boschi di Stefano con Eleonora Fiorani.

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. L’intervento di Eleonora Fiorani. Ph. Tiziana Grassi

Eleonora Fiorani

Il progetto è nato nell’isolamento, in un periodo drammatico dove ciò che dominava era la morte e dal quale non si sapeva se saremmo usciti. Quello che ho pensato di fare era di recuperare un certo tipo di sensibilità che mi sembrava essere l’unica cosa che potesse darci speranza e che si ricollegava a riflessioni mie del passato, nate anch’esse in un periodo di crisi. Ed era anche un modo di tramandare qualcosa che fosse bellezza e consolazione. Naturalmente potremmo dire che questo vuol dire mettere in atto l’immaginario, qualcosa che sta a monte della razionalità che ha dominato tutto il Novecento.

Casa Museo Boschi di Stefano. Con Eleonora Fiorani e Francesco De Molfetta

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Con Eleonora Fiorani e Francesco De Molfetta. Ph. Tiziana Grassi

Sono quindi tornata a ciò che chiamavo la trama vegetale e animale nella storia umana, nel testo Il naturale perduto. Queste trame sono archetipi fondamentali del modo di esistenza e di proiezione dell’essere umano. Quella animale è a me carissimo, perchè gli animali hanno sempre accompagnato la mia vita. Essa parte dalla bestia ancestrale, che ci ricorda come il corpo sia la nostra parte animale, ed è quello che ci fa essere profondamente uomini. Sono grata per i disegni che non sono un’illustrazione, ma un altro percorso, una lettura dell’immaginazione di Ugo la Pietra. In maniera straordinaria è come se ci siano due testi: uno che usa la parola e l’altro il segno. Quest’ultimo dona un’altra esistenza allo scritto in piena autonomia. Ha colto gli aspetti poetici con elementi di ironia, è graffiante, sorprendente. Mi ha incantato.

Casa Museo Boschi di Stefano. Disegni di Ugo La Pietra.

Casa Museo Boschi di Stefano. Intervista a quattro voci. Disegni di Ugo La Pietra.

Le sue riflessioni sul rapporto con la Natura, perduto e da ritrovare, mettono in discussione il principio del progresso, che è cosa recente, mentre il Bestiario ha origini antichissime, ancestrali. Potrei dire che oggi il suo legarsi alla tradizione è innovativo, rivoluzionario?

Eleonora Fiorani

Certo, il rapporto Uomo-Natura lo si lega alla tematica di una nuova economia del riciclabile, della sostenibilità, che è passato in secondo piano rispetto alla tragedia della pandemia. La sostenibilità è un argomento molto vasto, che non si può accostare semplicemente alle nuove tecnologie, che da sole non salvano il mondo. Se a monte non c’è questo recupero profondo dell’animalità umana, del gesto che consola, non me ne faccio nulla delle tecnologie. In un mondo di cyborg non avrei voglia di vivere.

Casa Museo Boschi di Stefano. Tra Eleonora Fiorani e Ugo La Pietra.

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Tra Eleonora Fiorani e Ugo La Pietra. Ph. Tiziana Grassi

Il lockdown è stato proficuo per lei dal punto di vista editoriale: ha anche scritto Storie di virus, presentato a Festivaletteratura di Mantova. Sono suoi racconti spesso associati ad un disegno che ragionano sullo spazio domestico.

Ugo La Pietra

Innanzitutto ringrazio Eleonora per l’occasione, disegnare è una pratica quotidiana quindi lavorare sui suoi testi mi è servito molto a superare l’isolamento forzato, difficile per tutti. I testi sono stati illuminanti in relazione a come ho vissuto quelli che ritengo i tre grandi periodi di consumismo: quello degli anni Sessanta, quello degli anni Ottanta e quello degli anni Duemila. Sono stati decenni caratterizzati dallo spreco di energie materiali e di distruzione del territorio e delle risorse, che però si sono trasformati nel momento immediatamente successivo in una dimensione di “mea culpa”, nella necessità di ritrovare dei valori persi, e di non commettere più certi errori. Hanno portato a riflessioni importanti per le generazioni nuove, come quella degli anni Settanta che nel periodo della crisi energetica ha fatto nascere i grandi movimenti artistici, di contestazione ma pure di nuova libertà creativa.

Casa Museo Boschi di Stefano. Il naturale da ritrovare

Casa Museo Boschi di Stefano. La locandina della mostra Il naturale da ritrovare

Oggi mi aspetto che i testi in anteprima alla casa museo possano essere uno dei fondamenti per le azioni e i ragionamenti dopo il Covid, anche se forse dopo la pena collettiva si torneranno a fare gli errori di prima. Colloco gli scritti della Fiorani come fondamentali per il periodo in primis perchè bellissimi, quindi utili a dare un senso alla vita, e per questo andrebbero letti e riletti come quelli di Flaiano che mi risollevano ogni sera. Però rappresentano anche una base molto interessante di riflessione, come rinnovata presa di distanza da quelle deformità che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere, considerandole stimolanti.

Ad esempio il fatto che Milano sia l’unica città al mondo dove si fa mercato all’ingrosso, nel mio quartiere, Chinatown. E’ una cosa aberrante eppure i giovani designer fanno a gara per trovare uno spazio in questo luogo considerato divertimento e attrazione. La situazione un giorno verrà definita nociva, come fu per la Milano da bere che ha creato quel debito fallimentare che oggi ancora paghiamo. I miei disegni a prima vista appaiono un divertissement ma sono molto di più: fanno parte di un progetto editoriale portatore di valori che spero tanto serviranno nella fase post crisi Covid.

Casa Museo Boschi di Stefano. Ugo La Pietra

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Il racconto di Ugo La Pietra. Ph. Tiziana Grassi

Lei parla anche di riappropriazione dello spazio domestico durante la quarantena. .Noi ci troviamo in una casa che ha modificato la sua funzione in base i suoi contenuti, felicemente. L’esempio è emblematico di questo rapporto osmotico tra interno ed esterno, nella ricchezza dei contenuti che sono fruiti dalla città rappresentata dai visitatori. Lei ritiene altrettanto possibile che ci saranno cambiamenti permanenti nel nostro rapporto con lo spazio domestico, anche in virtù della mancata separazione da quello lavorativo, con l’avvento massivo dello smart working?

Ugo La Pietra

Rifacendomi ai miei testi su interno ed esterno, spazio privato e spazio pubblico ho osservato che questa situazione di isolamento ha fatto scoprire che c’era uno spazio rilevante, negli ultimi decenni trattato alla stregua di un ripostiglio o peggio: il balcone. Questo luogo che non è dentro e non è fuori, un pò privato un pò città…è diventato un estremamente importante, alternativo alla casa e proiettato verso l’esterno. Anche la cantina, dove ci si incontrava, è sintomo di come ciascuno di noi tentava di superare una dimensione anomala. Già si sapeva, ma solo allora si è davvero capito, della possibilità di lavorare da casa con semplici strumenti …però questo ha fatto scattare una molla ulteriore per tanti. Guardando cosa offre la città oggi viene voglia di lavorare in smart working ma dove si sta meglio, in paesi come S. Gimignano o Gorgonzola, dove non c’è la frenesia del guadagno!

Casa Boschi di Stefano. Intervista a quattro voci. Opera di La Pietra

Casa Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. Casetta-Tenda, serie Interno-esterno, 1977. Courtesy Ugo La Pietra

E’ vero che nonostante il suo pessimismo, lei ha detto che il lockdown ha esasperato la ricerca di identità e diversità. Trovo consolatorio che persone come lei e Fiorani, di esperienza, diano qui in questa casa museo un esempio alla nostra generazione, nella capacità di ricrearsi nelle difficoltà. Quella che chiamano resilienza.

Eleonora Fiorani

Eleonora Fiorani: In effetti uno dei problemi più gravi della contemporaneità è la mancanza di memoria, e della trasmissione dei saperi e dei valori. Parlo del recupero di ciò che è stato, anche nel male. Non si tratta di esaltare gli accadimenti ma restituire la storia nella sua complessità. Vicino all’idea di consumo rapido che poi si dimentica c’è la cosiddetta tendenza di oggi al “mostralismo”: mostre megagalattiche e dove fondamentale è l’allestimento e non l’opera. Trovo invece che questa esposizione rispetti il grande valore della semplicità.

Casa Museo Boschi di Stefano. Intervista

Casa Museo Boschi Di Stefano. L’intervista di artscore.it

Ritornando al rapporto osmotico tra il museo e la città, dialettico tra spazio domestico e pubblico. In questo edificio ci sono due entità in una. Lei  è affezionato al tema del genius loci: qual è a suo avviso quello della Casa Museo Boschi Di Stefano?

Ugo la Pietra

Il genius loci di questa casa è affine a quello dei tanti luoghi con una storia conservata gelosamente, bisogna scavare per trovarlo. Se altrove è superficiale, ad esempio nel Salento è rappresentato dalla pietra leccese come risorsa più evidente con cui si costruisce tutto, qui è qualcosa di non visibile da ricercare nella storia dei suoi personaggi, dentro e fuori.

Si espande in maniera evidente alla via che la ospita, che è quella di Gillo Dorfles. Ricordo che ogni domenica andavo a casa sua e la moglie faceva il tè con i pasticcini per pochi eletti, insomma questo è l’ambiente di diverse memorie che si stanno accumulando nella Storia milanese. Quando poi sono arrivato in questa cameretta ho pensato che fosse un luogo santo, per aver dato asilo alla strepitosa raccolta di tutti i quaderni del Pulcinoelefante di Alberto Casiraghi.

Casa Museo Boschi di Stefano con Pulcinoelefante

Casa Museo Boschi Di Stefano. Le edizioni di Pulcinoelefante

Trovo che una delle componenti del genius loci di questa casa sia l’esaltazione dell’artigianalità, c’è l’aspetto della cultura del fare di cui lei parla spesso.

Ugo La Pietra

Si certo questo è un santuario della manualità..a parte i miei schizzi che sono riproposizione del disegno nella sua espressione più antica, ci troviamo ora in un ambiente di lavoro con la ceramica, a cui ho dedicato tre quarti della mia vita.

Questo è il motivo per cui in questo tempio della manualità dedicato alla ceramica ho voluto invitare Francesco De Molfetta, scultore contemporaneo che ha una storia lunga di produzione di opere in ceramica. Nonostante le diverse generazioni avete in comune molte cose. Ad esempio avete fatto una mostra sulla vostra ceramica in Triennale e avete collaborato con diverse manifatture artigianali afferenti a specifiche tradizioni locali. Entrambi avete fatto una residenza e una mostra al museo di Mondovì, De Molfetta a Capodimonte sulla porcellana. Avete innestato la vostra ricerca alla diversità territoriale.

Casa Museo Boschi di Stefano Intervista a quattro voci. MC Baroque di De Molfetta

Casa Museo Boschi Di Stefano Intervista a quattro voci. L’opera in porcellana MC Baroque di Francesco De Molfetta (2009)

Francesco de Molfetta

Nel corso degli anni ho avuto la fortuna di fare due residenze che approfondissero la trattazione della terracotta. Una a Capodimonte nel 2014 rivisistando la tradizione manifatturiera della porcellana culminata in una mostra presso il Museo di Arte contemporanea di Caserta e un’altra a Mondovì nel 2018, presso la ditta Besio che produceva per la storica Richard Ginori, producendo terraglie decorate a mano con gli stilemi riconoscibili della tradizione locale. Questi lavori sono stati poi esposti presso il museo della ceramica di Mondovì, una piccola gemma barocca ubicata nel cuore della città alta piemontese.

Ugo la Pietra

A Mondovì c’era il problema che non ci sono più maestranze, non era più il decoratore a lavorare a mano ma si usavano stampini in sughero. Quella è stata l’unica esperienza di produzione artistica diciamo a metà strada, (lo chiamo “progetto dolce”, non traumatico, nelle corde e capacità dell’artigiano). A te che conosci le tecniche rivelo una piccola rivoluzione che ho portato a Caltagirone: è stata quella di chiedere di non immergere nel petrolio le loro teste policrome, operazione che si fa per dare al turista l’idea dell’antico. Da quando son passato io non lo fanno più. Però lo spirito era sempre quello di entrare negli aspetti della loro tradizione.

Casa Museo Boschi di Stefano. Intervista a quattro voci. Ceramica di Ugo La Pietra

Casa Museo Boschi Di Stefano. Intervista a quattro voci. L’architetto ( ciclo I mestieri), ceramica realizzata a Caltagirone da Ugo La Pietra. Courtesy dell’artista

Francesco de Molfetta

Ciò che ci accomuna ,a mio giudizio è proprio questo protrarre un certo tipo di tradizione senza spodestarla o imporsi con il proprio segno. Cercando così di declinare dei lavori nel rispetto di una preesistenza, cioè abitando le preesistenze storico-artistiche. Ho sempre amato molto le sue teste di Caltagirone, credo abbiano il fascino di una forma che si rifà ad una iconica tradizione decorativa locale, desidererei un giorno fare una residenza siciliana anche io.

E’ affascinante in entrambe le vostre ricerche che utilizziate un materiale nato come produzione puramente manuale, per esprimere qualcosa di concettuale. Penso ai mobili interrotti che rappresentano un ambivalenza tra la razionalità della funzionalità e gli inserti in ceramica a cui pare affidata una forma associabile all’irrazionale. Nel caso di De Molfetta spodestare i miti della cultura pop, giocare apertamente sulla crasi tra forma e significato avviene nell’esaltazione della superficie, della finitura, che è qualcosa che appartiene ad una tecnica decorativa specifica.

Casa Museo Boschi Di Stefano. Opera di De Molfetta

Casa Museo Boschi Di Stefano. Intervista a quattro voci. Un’ opera di De Molfetta, realizzata nel 2018 a Mondovì.

Francesco de Molfetta

Le nostre operazioni risultano essere meta-artistiche: una sorta di riflessione con la /sulla materia partendo da una folclore spiccio, kitsch, che affonda le sue radici in un nobile artigianato(con pregressi storici come quelli dei Della Robbia per esempio) ma è stato depotenziato e ridotto ad una mercificazione gadgetistica per turisti . Noi ci serviamo di queste forme arcinote per innestare una nuova suggestione visiva destabilizzante , dando luogo ad una infiorescenza che germina da un ramo antico. La parola chiave , oserei dire, è “rispetto”.

 

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. La Pietra e Fiorani con Fratelli con Puleddas e Fratelli

Casa Museo Boschi Di Stefano per un’intervista a quattro voci. La Pietra, Mintoy Puledda Piras, Maria Fratelli ed Eleonora Fiorani. Ph. Tiziana Grassi, 2020

Ugo La Pietra

E’ l’aspetto concettuale che può sostenere la nostra disinvoltura dell’attraversare questi territori, “infidi” che quelli di un artigianato stanco, ripetitivo, fatto solo per un turismo di massa.

Anche se minoritaria esiste questa tendenza nuova ad integrare l’artigianalità all’idea. E’ ottimismo…

Sono un pessimista, ma se continuo a darmi da fare è perchè ci sono ancora tantissime cose da fare. Pessimismo e ottimismo, forse è semplicemente consapevolezza.

Michela Ongaretti

You may also like

Leave a Comment