Firenze ospita una versione contempornaea de Le Nozze di Cana. Dalla prima settimana di dicembre è apparsa, appena fuori dai bastioni, una nuova opera murale di ampie dimensioni colossali.
L’artista fiesolano Lorenzo Tonda dopo mesi di lavoro è pronto a svelarci Mangia come parli, un murale che ha 23,66 m di lunghezza per 2,15 m di altezza. Si compone di scene gioiose e goliardiche che ci invitano a ripercorrere la storia sociale e multietnica del quartiere. Sono andato a trovarlo per farmi raccontare meglio il suo punto di vista sul mondo dell’arte odierno e di questo suo ultimo dipinto a muro.

I pittori tendono a spostarsi, soprattutto quelli che hanno appena intrapreso questo duro mestiere, tu sembri invece rimanere fedele alla tua Toscana. Qual è il sentimento che ti avvicina così tanto a lei?
Più che alla Toscana mi sento fortemente legato a Firenze, città in cui sono cresciuto e mi sono formato. La Toscana per colpa della mia poca indole turistica la visito relativamente poco…vorrei precisare che questo attaccamento che mi fa sentire anche troppo appiccicato alla mia città non ha per forza un’accezione positiva.

Firenze ha tutti i difetti di una città come Firenze (per comprendere rimando all’incipit del film Il Peccato di Andrey Konchalovskiy dove il protagonista, un Michelangelo furibondo, infama copiosamente la città prostituta che sente non corrispondergli il proprio amore). E’ una città ostica per chi vuole intraprendere la via dell’arte e non sono certo l’unico a dirlo. Una delle città più conservatrici d’Italia in termini di “gusto” che non vede certo nel contemporaneo il proprio campo d’investimento. Il legame più forte è, ovviamente, con la sua essenza architettonica che si lega al suo glorioso passato di città-stato capace di produrre il rinascimento delle forme classiche.

Il periodo d’oro dell’arte figurativa europea che si intreccia a più maglie con il rinascere di una cultura scientifica di studio della realtà, ha in Firenze uno dei suoi centri assoluti. Per chi, come me, crede che l’arte debba affermarsi come elemento strutturale nella progettazione di realtà, costitutiva nel complesso processo d’informazione della Natura, vede in Firenze uno degli apici tutt’ora in vita, benché contemporaneamente morta, di questo successo.

Sei un pittore raffinato, nei tuoi lavori vari sono i riferimenti verso quello che è stato o è, l’importanza del passato è tangibile. Puoi spiegami meglio?
Il passato o meglio la Storia è un contenitore di conoscenza accumulata sotto forma di vari e differenti media, tra i quali svetta la pittura, uno dei più antichi testimoni del nostro essere sulla terra. Ovviamente il rapporto col passato è problematico in quanto di tutta la sua infinita molteplicità ci può arrivare solamente quello che di esso risuona più familiare ai nostri sensi, inevitabilmente contemporanei. Ad un certo culto del passato in arte ci sono arrivato tramite l’intermediazione di numerosi maestri di cui mi sono circondato. Difatti mi verrebbe da dire che il mio rapporto col passato è più che altro un rapporto attivo coi maestri che quel passato lo tengono bene presente e vivo.

In un clima come quello attuale, dove gli artisti tendono all’individualismo, tu dove ti collochi, sempre che sia importante?
Non credo sia importante far gruppo ad ogni costo ma allo stesso tempo penso che la tendenza ad associarsi per chi opera verso una direzione comune sia inevitabile, anche banalmente per ragioni commerciali. Non viviamo più i tempi delle avanguardie e non esistono più movimenti e manifesti artistico/politici e forse meglio così. Stiamo tornando verso una situazione di sana concorrenza tra artigiani del prodotto artistico, che tramite internet ed Instagram riescono a promuovere la propria attività con più autonomia rispetto a prima. Non mi colloco da nessuna parte.

La tendenza frenetica e spesso apparentemente illogica del mercato artistico può spaventare un giovane artista. Come ti poni nei confronti della richiesta costante di novità?
Non mi pongo assolutamente il problema del “nuovo” nel mio lavoro. Ricerco di rinnovarmi sempre per quanto concerne il mio sperimentare con gli strumenti che al momento controllo: pennelli, colori e pc. Quello che sento come novità in un mio lavoro è quell’elemento di arricchimento tecnico e/o poetico, che mi permette di realizzare un’opera che significa più e meglio di quanto non hanno fatto altre a lei precedenti.

Attualmente un tuo quadro, tra i pezzi più forti Le possibilità dell’Ozio è esposto fino al 20 gennaio 2023 alla Galleria milanese di Federico Rui, in una mostra intitolata FIGURATI!, sei in mezzo a nomi importanti come Niccolò Quirico, Sergio Padovani, Alfio Giurato. Chiaramente questo rapporto e unione fa crescere la tua immagine, aprendoti nuovi mondi. Ti aspetti qualche mostra all’estero?
Al momento, reduce da un’importante commissione pubblica a Firenze durata quattro mesi che mi ha letteralmente tolto ogni energia, non mi aspetto di oltrepassare i confini nazionali, ma se lo scopo ne valesse davvero la pena partirei anche domani. La mostra collettiva nella galleria di Federico Rui a Milano chiude positivamente l’anno proponendo un dipinto a cui sono molto legato e che rappresenta bene la direzione monumentale che sto cercando di dare alle mie ultime opere.

Il lavoro dove hai messo tutto te stesso, senza pausa, è stato il murale presso i giardini di San Jacopino a Firenze. Mi racconti nel dettaglio?
Il Murale di San Jacopino è stato sicuramente il lavoro più impegnativo che abbia mai compiuto fin ora. Il progetto si è sviluppato in collaborazione con l’amico digital artist Federico Niccolai. Nel 2020 è stato presentato all’associazione omonima che gestisce il luogo.

Si è realizzato solamente ora dopo varie interruzioni pandemiche. Si tratta di una parete di 23,66 m di lunghezza per 2,15 m di altezza raffigurante al centro un grande banchetto in festa con trentacinque figure. Tutta la scena è disposta longitudinalmente come in un fregio ed invoglia lo spettatore a muoversi avanti e indietro per vedere l’evolversi dinamico della composizione manierista di corpi in azione. Il dipinto è stato pensato per trasmutare la parete in una costruzione architettonica che giustifichi la presenza della parete stessa: il grande colonnato semicircolare che avvolge l’azione delle figure tiene contemporaneamente su la parete stessa e le sue tavelle a tettuccio e scandisce ritmicamente la visione dell’immagine.

Tutto il progetto è stato realizzato in ogni suo minimo dettaglio in 3D, ricreando lo spazio fittizio e i suoi personaggi attraverso l’uso di numerosi programmi e strumenti digitali. Questa lunga fase di elaborazione digitale, durata mesi, ha permesso l’instaurarsi di una forte relazione osmotica tra lo spazio reale e quello rappresentato.
Questa sfida spaziale, nel senso di rapporto con lo spazio, è stata utile a sperimentare meglio di quanto non sia possibile su un dipinto su tela le possibilità che oggi si aprono di ripensare lo spazio pubblico (e privato) nel suo aspetto ancora troppo schivato della decorazione, presa però nella sua accezione figurativa, strutturale e architettonica. Riprendere tematiche storiche locali, proprie del quartiere, congiungendole a topoi narrativi della tradizione pittorica italiana e con esse comporre una scena attraverso la messa in posa di elementi costruttivi come corpi umani, animali, oggetti, piante, archi e colonne una decorazione parietale per un giardino periferico di Firenze è stata una vera e propria scommessa. Sono curioso di vedere quale sarà la reazione delle persone nel tempo.
Bohdan Stupak
