Fabrizio Cotognini crea nutrendosi di stimoli appartenenti a diverse epoche. Immaginatevi di passeggiare magari tra le strette viuzze di un borgo della Romagna profonda, come Saludecio, e ad un tratto il vostro occhio vi porta incuriosito verso una vetrina piena di stampe antiche, libri dalla carta ruvida e piegata, disegni e abbozzi rinascimentali. Una volta che avete questo vasto immaginario in mente potete iniziare ad avvicinarvi in parte al lavoro dell’artista marchigiano.
Nato nel 1983 a Macerata, si è diplomato all’Accademia di Belle Arti della stessa città in Pittura e Scultura nel 2009. Ostinatamente decide di vivere e continuare a lavorare a Civitanova Marche. Scendere nell’opera di Cotognini è complesso, poiché pregna di racconto mitologico in costante rivisitazione. Considerarlo un artista non basta a comprendere la sua poetica e la sua produzione, spaziando senza soluzione di continuità tra varie discipline, frutto di un continuo studio di diverse suggestioni dalla sociologia, dalla filosofia, dalla storia e naturalmente dall’arte classica e contemporanea.
Diverse volte si è autodefinito un archeologo del contemporaneo, perché la stratificazione è parte del suo lavoro, così come lo scavare di una perenne ricerca d’archivio, servendosi di un repertorio iconografico vastissimo che comprende al contempo mistero e verità.
Se Isgrò cancella, Fabrizio Cotognini prende fiato e aggiunge, sistema, fino a riempire il foglio, perché quest’ultimo è il suo supporto principale, ma non si ferma qui e oltre al disegno si aggiunge la scultura, che si manifesta tramite una forma simbolica nonché mitologica. Il disegno come medium prediletto si presenta al pari di un alfabeto delle immagini: da una partenza del disegno originale ne viene aggiunto uno fatto a parte, quasi per un doveroso rispetto e della conoscenza dell’artista che creò prima.
Nel processo avviene in parte un oscuramento, che non tende a censurare ma al contrario sottolineare quello che è importante, lasciando così indietro il superfluo. Più evidente è la parte della scrittura dove abbozzi e frasi criptiche volanti come appunti si appoggiano sul foglio. Ciò avviene tramite l’uso della matita, dell’inchiostro della biacca o della foglia d’oro che porta alla luce le geometrie nascoste nelle sue composizioni. Dando dunque una nobiltà all’immagine e alla parola, è quest’ultima a completare l’opera, tracciando una traiettoria da percorrere dentro un ambiente ideale.
È un sognatore che viaggia cambiando binari che immagina come secoli, su cui corrono vagoni pieni di minuziosi simboli araldici e pietre mistiche.
In occasione del Premio Casati, sostenuto dal Laboratorio Casati, ideato e promosso da Elena Paolini in Saludecio (RN), Fabrizio Cotognini si è presentato con Ocypete (Ocipete viene dal greco ōkupous, “piede veloce”, vuole inoltre significare “scorrere” o “colei che scorre veloce”). L’opera di rimando mitologico è composta da due esiti disciplinari: il disegno e la serie delle sculture.
Il Premio Casati nato nel 2022 nasce con l’obiettivo di aprire e mantenere un profondo legame tra l’azienda e l’arte contemporanea, nella ricerca e supporto di nuovi talenti. La scelta di una pratica artistica, come protagonista, si eleva in uno scenario suggestivo immerso tra gli ulivi secolari della Tenuta Casati di Saludecio, dove il cielo si incontra con il mare in un orizzonte sublime. Ogni anno, grazie alla collaborazione con partner selezionati che condividono la stessa visione e missione, il concorso svela una nuova Ampolla d’Artista, simbolo di creatività e innovazione che va ad aggiungersi all’olio EVO prodotto dalla tenuta. L’olio inteso come prodotto antichissimo, frutto identitario della dedizione al territorio collinare, trova così un contenitore non solo funzionale. Nella decorazione ad arte di Fabrizio Cotognini l’ampolla si rivela metamorfica, custodendo molteplici e ulteriori significati.
Durante la vernice ho avuto modo di aprire un breve dialogo con l’artefice, facendomi raccontare nel vivo l’opera.
La scelta di presentare una scultura della mitologia greca antica ha un collegamento con il territorio di Saludecio e dello stesso Laboratorio Casati?
La genesi del lavoro è nata da un dialogo avuto con Elena Paolini, quello che mi ha colpito è la genesi della piantagione dell’olio della parte dell’Adriatico. Qui a Saludecio, ci troviamo tra la Romagna e le Marche, che è la mia terra. C’è una ricerca antropologica che evidenzia come la pianta d’ulivo sia stata introdotta da diverse popolazioni, tra cui i piceni, popolo che aveva contatti ramificati con l’aldilà dell’Adriatico, come l’Albania o la Croazia, che avevano una forte influenza con il mondo classico greco.
Ho cercato così di trovare una figura che incarnasse lo spirito della Maison, ed è uscita fuori l’Arpia, che Elena aveva già notato in un lavoro da me precedentemente iniziato.
Nel tuo repertorio le Arpie sono rappresentate in maniera più animale, per Casati proponi una versione più femminile, dove viene meno la metamorfosi. Qual è il motivo di questa scelta?
Chiaramente sapendo che il marchio Casati è devoto alla divina Marchesa Casati, ho seguito la linea evocativa della femminilità. Se guardi da vicino la scultura, la parte che va verso il petto ha un accenno ad una sorta di piumaggio. Non è un’opera didascalica o ridondante ma ha il potere di attivare un’immaginazione.
Questa è un’edizione d’artista, cinquanta ampolle, tutte diverse tra loro, senza ripetizione?
La diversità è fortemente voluta per creare un pezzo unico per ogni ampolla. Io arrivo da una formazione come orafo, ho perciò usato la tecnica della microfusione, fatta con gessatura, con il medesimo processo della creazione di un gioiello, ti permette di mettere in risalto preziosi e minuziosi dettagli.
Si è abituati a vivere il mondo arte nelle grandi città, ultimamente vi è un’inversione di rotta a favore di piccole realtà, spesso sostenute da privati. Credi che sia doveroso un sostegno?
Questa è una domanda importante, afferma! Sicuramente c’è difficoltà se non c’è un supporto di una galleria o fondazione o di un singolo collezionista. Vedo però, attraverso anche la mia esperienza personale, come spesso si riesca a creare un ambiente prolifico di connessioni a catena. Ad esempio io ho recentemente acquistato uno studio in un paesino di mille abitanti, e l’idea che attorno ho diversi artigiani, che mi aiutano nella riuscita completa del mio lavoro, amplifica il valore profondo dell’operazione aggiungendo un’esperienza di artigianato eccelso.
La bellezza che è quella interiore nell’opera di Cotognini va contemplata e ammirata in tempi lunghi, con lentezza, perché è l’unica via per comprenderla.
Bohdan Stupak
Per maggiori informazioni sull’opera al Premio Casati casatilaboratory.it/it/premio-casati-e-ampolle-dartista