Il pianeta nel piatto al salentino Yeast Photo Festival

by Michela Ongaretti
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Il pianeta nel piatto. Raccolta dell'acaj. The Forest Knows ©Nicoló Lanfranchi

Il pianeta chiede urgente attenzione, nostra casa in fiamme anche a causa dello sfruttamento insostenibile delle risorse per il nostro nutrimento. Su ciò che “il piatto non dice” si concentra la terza edizione di Yeast Photo Festival dal titolo esemplificativo “From Planet to Plate”. Si tiene in location storiche del territorio leccese fino al 3 novembre.

In esposizione non soltanto reportage e documentari che rivelano in maniera oggettiva verità talvolta sconcertanti. Anche attraverso contaminazioni visive e opere di sperimentazione si porta alla riflessione sul consumo consapevole del cibo, da diversi punti di vista. 
Il pianeta nel piatto. Serie Holy Cows di Carolina Arantes
Altamira, Para, Brasile, 2019. Dalla serie Holy Cow © Carolina Arantes

Negli ultimi tempi, in Italia sempre più vantiamo le qualità dei nostri piatti, meno di frequente ci interroghiamo sulle materie prime che arrivano spesso da lontano, con conseguenze importanti per il pianeta a livello climatico, economico culturale e sociale. I 15 progetti di Yeast sono animati dall’indagine su un intero sistema tecno-sociale a livello globale, dalle filiere produttive ai consumi e alle abitudini che purtroppo stanno alterando sempre più il complesso rapporto tra uomo e ambiente. 

Si è tenuta a Palazzo Scarciglia di Lecce la conferenza di apertura al Festival con gli interventi dei co-direttori Flavio&Frank e Veronica Nicolardi, della direttrice artistica Edda Fahrenhorst, di Dario Babbo, vice presidente ArtWork, di Don Antonio Montinaro, presidente Fondazione Splendor Fidei,  di Johnny Toma. Presenti anche il sindaco del Comune di Matino, e della fotografa canadese Sarah Boutin. Dal capoluogo il festival però si espande nel Salento, sviluppando le diverse mostre tra palazzi nobiliari, masserie, chiostri ed esercizi commerciali di produzione alimentare. Un contesto di luoghi identificativi di un territorio che dona valore aggiunto ad un festival internazionale, dove le tematiche intrecciano questioni locali all’impatto globale.

Dalla serie Welcome to Yesterday © Alexander Yegorov. Yeast Photo Festival
Un’immagine di Welcome to Yesterday ©Alexander Yegorov. In mostra a Matino
Se è vero che “La cucina di una società è il linguaggio nel quale essa traduce inconsciamente la sua struttura“, come osservava Claude Lévi Strauss, con la globalizzazione è sempre più facile trovare lo stesso prodotto agroalimentare in ogni angolo del pianeta. Favorire accessibilità può portare ad una massificazione del gusto, ma soprattutto a pericoli per l’ecosistema. 

E’ il caso dell’avocado, ahinoi tanto amato quanto al centro di impensabili storie di criminalità organizzata e sfruttamento delle risorse idriche. A Palazzo Marchesale del Tufo sbarca il progetto Green Shades del regista documentarista Axel Javier Sulzbacher, profondamente interessato alla cultura messicana e animato dal forte desiderio di dare voce alle comunità indigene. La domanda di avocado è sempre più alta, ormai ha un consumo quotidiano in tutto il pianeta. Sulzbacher ha deciso di scattare nella regione dei Michoacán in Messico, area nella quale per la coltivazione estensiva del frutto le foreste vengono distrutte, incendiate illegalmente. Si calcola che nel 2021 il solo  Michoacán ha prodotto circa 1,8 milioni di tonnellate di avocados e che nel 2022 le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno dovuto subire una temporanea interruzione a causa dell’eccesso di domanda rispetto alla produzione. Eppure la brama di raggiungere le nostre tavole resta l’unico bisogno da soddisfare. Oltre allo sconvolgimento di un ecosistema, con lo sfruttamento sproporzionato delle risorse idriche, tra le conseguenze c’è l’infiltrazione dei cartelli della droga attratti dagli enormi profitti del commercio internazionale. 

Dal progetto Green Shades per Yeast Photo Festival.© Axel Javier Sulzbacher.
Dal progetto Green Shades. Gruppi armati sorvegliano strade e sentieri dello stato di Michoacan. ©Axel Javier Sulzbacher
Green Shades ha l’intento di documentare oggettivamente il fenomeno, è fotogiornalismo crudo che non necessita di interventi artistici sull’immagine. Diverso il caso di Tropicalia, del duo fotografico Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni.

Il progetto è tra i finalisti della categoria “Ambiente”, già esposto al Museo Diocesano di Milano nella mostra collettiva itinerante Sony World Photography Awards 2024. Tropicalia viene presentato presso Masseria Le Stanzíe- Supersano in collaborazione con Cantina San Donaci. Qui la rappresentazione di chi si sta adattando al cambiamento climatico coltivando frutti tropicali in Sicilia assume un tono più visionario:  l’immagine è suddivisa in diverse aree caratterizzate da filtri di diversi colori, con i frutti che formano textures e su cui si stagliano i ritratti dei protagonisti di una nuova realtà.

L'imprenditore agricolo Francesco Verri nella serie Tropicalia ©Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni
Tropicalia ©Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni. L’imprenditore Francesco Verri ha avviato a Messina una rete di piccoli coltivatori specializzati in frutti tropicali poco conosciuti.
Un tema caldo, caldissimo pensando agli incendi che hanno interessato l’Amazzonia di recente, è la produzione di carne con il suo impatto catastrofico sul clima. 

Viene affrontato da Carolina Arantes in Holy Cow (a cura di Lars Lindemann), per la prima volta in Italia, sempre a Palazzo Marchesale del Tufo. Oltre alla questione etica le conseguenze del consumo massivo si manifestano nella deforestazione per fare posto agli allevamenti. Il reportage mostra come funziona la produzione e chi sono i principali attori: una bistecca su quattro viene dal Brasile che nel 2023 ha esportato  2,25 milioni di tonnellate di carne, provocando altri danni per il pianeta con il suo frenetico trasporto. La domanda maggiore è cinese ma anche L’Italia è tra gli importatori in crescita.

Sempre un lavoro di denuncia, ma portato avanti con ironia macabra e un linguaggio da pubblicità vintage, nella messa in scena e nella scelta dei colori, è FEAST NO MORE. Ipertrofia alimentare nella Collezione di Fotografia Vernacolare di Jean-Marie Donat.
Il pianeta sfruttato per nutrirci. ©FEAST NO MORE, Ipertrofia alimentare a Yeast Photo Festival
Da ©FEAST NO MORE, Ipertrofia alimentare nella Collezione di Fotografia Vernacolare di Jean-Marie Donat

A cura di Krzysztof Candrowicz ed esposto nello stesso Palazzo di Matino, propone la raccolta storica con una selezione di immagini in mostra realizzata in esclusiva per Yeast Photo Festival.  Curioso come l’espressione “ vernacolare” in fotografia si riferisca ad immagini quotidiane che non ricerchino valore estetico, mentre queste foto di mucche o galline stranamente felici, tipico esempio della narrazione capitalistica, nell’insieme abbiano uno stile così riconoscibile da sembrare parte di una ricerca unitaria. Inoltre proprio attraverso uno sguardo divertito si porta l’osservatore ad una visione critica dell’industria alimentare.

Un altro ancora punto di vista sul cibo è quello di Kukbuk di Kateřina Sýsová. 

In collaborazione con Centro Ceco di Roma, Comune di Castrignano de’ Greci e Kora Centro del Contemporaneo e il supporto di ECOSERVIS spol. s.r.o. Anteprima assoluta italiana, Kukbuch è un viaggio visivo nelle usanze e nelle abitudini della cultura culinaria della Repubblica Ceca. Scelgo questo progetto perché si discosta sia dal tono di denuncia che dalla testimonianza della crisi, anche se non l’unico dei partecipanti a Yeast con queste differenze, gioca con eleganza sul piano estetico della staged photography.

Yeast Photo Festival-Dal progetto Kukbuk © Kateřina Sýsová
Dal pianeta al piatto. Ad Yeast Photo Festival la serie Kukbuk ©Kateřina Sýsová

Le sue letture possono essere molteplici. Nelle composizioni studiate si trovano sempre degli elementi “fuori posto”, come cipolle e salsicce nella vasca da bagno o un pollo alla paprika ancora troppo vivo, che creano un cortocircuito di senso mediante umorismo. Sýsová spinge così a porsi domande sulla continuità della tradizione e su come il passato influenzi l’identità presente, sulla percezione stessa dell’immagine condizionata dal rapporto con la parola e da questioni di genere. Visitabile all’interno di Kora Centro del Contemporaneo a Castrignano de’ Greci.

Il pianeta è nel piatto anche in tutte le altre esposizioni, delle quali propongo un sintetico excursus, suddivise per location.
La salute dei lavoratori in pericolo a causa degli agrofarmaci. Dalla serie The Human Cost © Pablo Ernesto Piovano.
Effetti del glifosato sulla salute dei lavoratori. Dalla serie The Human Cost ©Pablo Ernesto Piovano.
Palazzo Marchesale Del Tufo, Matino 

The Human Cost di Pablo Ernesto Piovano ha documentato l’impatto degli agrofarmaci sulla salute dei lavoratori. Per la prima volta in Italia il reportage completo in un drammatizzante bianco e nero, che il fotografo ha realizzato lungo 15mila chilometri tra Nord, Centro e le coste dell’Argentina.

Con Food for Thought di Kadir von Lohuizen si interroga sulla produzione e la distribuzione del cibo nel mondo. Anteprima italiana anche questa indagine, è condotta tra Kenya, Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Cina e Paesi Bassi, per mostrare le conseguenze che il nostro consumo alimentare ha sull’ambiente, sulla salute pubblica e sull’economia.

Florian W. Müller presenta , in esclusiva mondiale per Yeast International Photo Festival. Immagini ricostruite artisticamente di organi e singole parti di un animale su un piedistallo come reliquie sacre, con un’illuminazione teatrale sull’orrore, invisibile solitamente al consumatore di carne.

Il pianeta nel piatto. Dalla serie CŪ © Florian W. Müller
Dalla serie CŪ © Florian W. Müller
Macelleria Ex Nau,  Matino 

Mijn Duifje (my dove / my lovely) – A pact between a man and a bakery di Nynke Brandsma. Una narrazione continua per immagini che esplora i rapporti tra essere umano e natura. Per la fotografa e artista  visiva olandese il pianeta è intessuto di storie metropolitane nascoste, sicurezza, cibo e possibilità. 

Ex Oleificio Barone, Matino

L’Arc Sera Parmi Les Nuages di Henrike Stahl prende avvia dagli effetti della crisi climatica sui vigneti di Château Palmer (fiume Garonna, Francia). A Matino l’anteprima italiana di un’operazione artistica che supera i confini della fotografia e della sua fruizione. Pensando ai metodi naturali dell’azienda e alla vicinanza con il fiume La fotografa tedesca, ha immerso le stampe nel vino o nella Garonna. Le stampe saranno un messaggio in una bottiglia di vino in cantina, per i posteri.

Dal progetto L'arc sera parmi les nuages ©Henrike Stahl
Immagine da L’arc sera parmi les nuages, realizzata per la residenza INSTANTS, Château Palmer e Leica, 2023 ©Henrike Stahl
Sempre a Matino ricordo le due esposizioni outdoor. Welcome to Yesterday di Alexander Yegorov e Don’t Play with Food di Alessia Rollo

Nel primo progetto vincitore del Premio IRINOX SAVE THE FOOD, in collaborazione con Mia Photo Fair e Irinox, le fotografie di avanzi di tavole imbandite esprimono il valore positivo della testimonianza di un incontro per gustare cibo con numerosi commensali, quale atto sociale e culturale. Su questi aspetti ragiona anche Don’t Play with Food, commissionato dal Festival, esplorando le diverse relazioni che il cibo può attivare, tra persone e luoghi.

Marocco. Dalla serie Waha © Seif Kousmate
Ritratto di Mustapha, responsabile della distribuzione dell’acqua nell’oasi. Dalla serie Waha ©Seif Kousmate
Chiostro dell’Antico Seminario, Lecce  

Qui troviamo Waha (Oasi) di Seif Kousmate, in collaborazione con ArtWork. Per la prima volta in Italia la narrazione della vita intorno alle oasi dell’artista visivo cresciuto nel Sud del Marocco, quattro anni di ricerca su immagini che esaltano il complesso e delicato rapporto tra l’uomo e un peculiare ecosistema.

Palazzo Scarciglia, Lecce 

Sarah Boutin porta Merci Pour Ton Agréable Visite, Les Jolies Fleurs Et Les Délicieuses Fraises, a cura di Edda Fahrenhorst & Veronica Nicolardi e in collaborazione con ArtWork. Un progetto di documentazione dal respiro lirico, all’interno del convento dell’ordine delle Suore della Carità del Québec. Il pianeta vive anche di angoli immersi in un tempo di lenta serenità.

Il pianeta nel piatto. Serie  The Forest Knows ©Nicolo Lanfranchi
Il pianeta nel piatto. Foto da The Forest Knows. ©Nicolo Lanfranchi.
Chiesa di Santa Maria La Nova, Racale

Ultimo progetto nel mio tour, non certo in ordine d’importanza, The Forest knows di Nicoló Lanfranchi. L’esposizione è realizzata con il contributo del Comune di Racale, in collaborazione con OTM Company in partnership con Fondazione Guglielmo Giordano e Aboca. Una storia di resistenza indigena alla devastazione dell’ecosistema. Lanfranchi ha seguito le vicende del popolo Asháninka del villaggio di Apiwtxa, i cui fondatori  hanno piantato milioni di alberi, lottando per una nuova foresta che ha fatto riconquistare sicurezza alimentare e autonomia. Un esempio virtuoso per il pianeta, nella ricerca di equilibrio tra uno stile di vita antico e la modernità. 

Michela Ongaretti

Per saperne di più: www.yeastphotofestival.it

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