Strategie per l’arte contemporanea in Italia e nel mondo. Gli scenari possibili di Fabio Cavallucci

by Michela Ongaretti
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Strategie per l'arte contemporanea. Cavallucci accanto ad un'opera di Tony Ousler

Strategie e visione. A quale destino vanno incontro l’arte contemporanea e le sue istituzioni mondiali, dopo la pandemia di Covid-19? Per artscore.it lo domando a Fabio Cavallucci, esperto dei cambiamenti in corso in quanto direttore artistico di importanti istituzioni museali e biennali italiane ed estere. Fautore di una possibile rivoluzione di mentalità nella loro organizzazione, che dia risalto alla produzione di progetti che permettano di allargare il bacino dei visitatori.  Castellucci immagina un futuro dove la rilevanza culturale si accompagni a quella popolare, unendo alla ricerca artistica il concetto di intrattenimento. Mi risponde attraverso gli esempi innovativi da lui attuati, nel periodo di transizione che è stato il primo ventennio del ventunesimo secolo.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Antony Gormley alla Biennale di Carrara

Strategie per l’arte contemporanea. L’installazione di Antony Gormley alla Biennale di Carrara, 2010

 

Tra i diversi mandati del curatore ricordiamo la direzione artistica della Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento (2001-2008), del Centro per l’Arte Contemporanea Castello Ujazdowski di Varsavia (2010-2014); della riapertura secondo una rinnovata visione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato (2014-2017). 

Nell’ambito delle esposizioni internazionali: è stato coordinatore di Manifesta7 nel 2008, direttore artistico della 14a Biennale Internazionale di Scultura di Carrara. Ultimo ma non ultimo il suo impegno come chief curator della Bi-City Biennale of Architecture and Urbanism di Hong Kong e Shenzen,  tra il 2019 e il 2020.

 

Strategie per l'arte contemporanea. François Roche alla Biennale di Shenzen

Strategie per l’arte contemporanea. François Roche, intervento per la Bi-City di Shenzhen, 2019

 

Quale scenario prevede ci aspetterà nell’universo delle esposizioni e delle fiere internazionali dopo la crisi sanitaria? Quali pensa possano essere nuovi valori di riferimento, con le conseguenti strategie e azioni pratiche, portati alla ribalta dal Covid?

La pandemia e le restrizioni di movimento sembrano aver prodotto perlomeno la consapevolezza che qualcosa nel sistema dell’arte va cambiato. In realtà sono alcuni anni ormai che al di là delle apparenze il sistema non funziona più. Velocità, frenesia, splendore, ricchezza nascondono una grande superficialità, una povertà di contenuti.

Ora è difficile dire se la pandemia lascerà qualche qualche germe di mutamento ben visibile. Purtroppo la storia ci mostra che il più delle volte alla fine delle epidemie l’uomo riprende il percorso nella stessa direzione di prima. La peste del 1348, per esempio, non fermò il lento sviluppo del sistema capitalistico e della borghesia. Per cui non sono convinto che il Covid  fermerà la globalizzazione e riporterà a una dimensione più locale, come molti stanno asserendo oggi.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Cavallucci accanto ad un'opera di Tony Ousler

Strategie per l’arte contemporanea. Fabio Cavallucci con un’opera di Tony Ousler. Zamek Ujazdowski, 2012

 

Semmai una pandemia può accelerare dei processi in corso, come il ricambio generazionale e lo spostamento verso il digitale. Abbiamo visto, di recente, fiere, aste, gallerie e musei sperimentare piattaforme online di tutti i tipi con  risultati non ancora soddisfacenti, ma si è perlomeno cominciato a comprendere che l’online non è un duplicato accessorio della realtà ma un sistema che con essa si intreccia e può sviluppare opportunità a tutti i livelli. Il nostro futuro sarà marcato dai grandi cambiamenti tecnologici, dall’avvento dell’intelligenza artificiale in ogni aspetto dell’agire umano. Questa è la vera rivoluzione a cui siamo sottoposti e a cui l’arte, in qualche modo, sia sul versante della veicolazione che in quello della produzione, dovrà adattarsi secondo precise strategie.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Henrique Oliveira

Strategie per l’arte contemporanea. Henrique Oliveira, Transarquitectonica, La fine del mondo. Centro Pecci, 2016

 

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito alla nascita di nuove istituzioni museali, mentre quelle esistenti hanno elaborato nuove strategie. Riguardo alla sua esperienza negli anni di direzione al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, qual era la situazione trovata al suo arrivo e quale è stato il modello da lei proposto, con i grandi eventi culturali che hanno contribuito a rafforzare tale visione?

Temo che le istituzioni museali in generale – e non parlo solo dell’Italia -siano ancora troppo legate ai modelli del passato. Si allestisce una mostra dopo l’altra, si presenta un artista dopo l’altro, ma senza che sia veramente chiara la mission del museo d’arte contemporanea oggi. Per carità, non sto accusando i miei colleghi di incapacità: nella maggior parte dei casi è il sistema stesso – burocratico e tutto basato su un’attività pratica frenetica – che non lascia tempo al pensiero.

Quando sono arrivato al Centro Pecci dopo aver lasciato lo Zamek Ujazdowski di Varsavia nel 2014, il tempo per pensare io ho avuto la fortuna di averlo perché il Centro era chiuso per la realizzazione del nuovo edificio progettato da Maurice Nio. Tutte le iniziative intraprese, anche prima della riapertura nel 2016, avevano la funzione di riavvicinare il pubblico, attuando progetti che fossero sia di ricerca che popolari.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Cai Guo-Qiang, Head On

Strategie per l’arte contemporanea. Cai Guo-Qiang, Head On, installazione per La fine del mondo. Centro Pecci, 2016

 

La mostra di riapertura del Centro, intitolata La fine del mondo, indagava quel sentimento che ormai da un po’ ci attanaglia, la percezione che le cose attorno a noi siano solo apparentemente uguali, ma che ormai il mondo che abbiamo conosciuto e nel quale siamo abituati a muoverci non esista più, sia già finito. Viaggiare tra le opere era un po’ come vedere in nostro pianeta e il nostro presente da qualche migliaio di anni luce di distanza. La mostra raccolse oltre 65.000 visitatori, cosa che non si era mai verificata prima a Prato. Al massimo si erano registrati 25.000 visitatori per una mostra di Robert Mapplethorpe che aveva anche creato uno scandalo locale.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Robert Kusmirowski

Strategie per l’arte contemporanea. Robert Kusmirowski per La fine del mondo. Centro Pecci, 2016

 

Quali sono state in Italia a suo avviso le manifestazioni più importanti, fuori dai musei, a cui ha partecipato come curatore, e perché? Crede che siano stati esiti di un fenomeno generale di allargamento di pubblico, o che comunque esista una tendenza in tale senso? 

Fino a qualche anno fa era difficile comprendere esattamente in che direzione stava andando l’interesse per l’arte. Mentre sembrava che il suo prestigio continuasse a salire, e si espandeva sia in Europa dell’Est che in e in Estremo Oriente, già nei vecchi lidi occidentali si avvertiva una diminuzione di interesse da parte del pubblico. Se ci si allontanava dai centri maggiori, dalle mecche turistiche, come la Tate o il MoMA o il Guggenheim, si trovava il vuoto. A me è capitato di visitare in giorni infrasettimanali il Museo di Stoccarda, o il K21 di Düsseldorf, o il Museo di Filadelfia: c’era il deserto!

Questa situazione è stata a lungo mascherata dal fatto che si potevano attrarre grandi folle secondo strategie di creazione di specifici eventi: le iniziative performative, gli opening. Anche se bisogna ammettere che in questi casi l’interesse va più verso gli incontri che le opere. Oggi, poi, con la pandemia, il disinteresse per i musei e altri luoghi della cultura è abbastanza evidente: in Italia i musei sono chiusi ovunque… si sente qualcuno protestare? 

 

Strategie per l'arte contemporanea. Performance di Vanessa Beecroft alla Biennale di Carrara

Strategie per l’arte contemporanea. Performance di Vanessa Beecroft, Biennale di Carrara, 2010

 

Ho sempre pensato che l’arte dovesse essere interessante per un largo pubblico sia dentro che fuori dai musei.

Anzi, il “fuori” è ancora più interessante perchè più vicino alla vita. Così ho sperimentato molte iniziative nello spazio pubblico. Negli anni Novanta, ad esempio, ho fondato e curato per tre edizioni Tuscia Electa, dove invitavo artisti internazionali a realizzare installazioni site specific nelle pievi e nei castelli tra Greve, Radda e San Casciano nel Chianti. A quel tempo non era difficile raccogliere migliaia di visitatori, perché la Toscana era meta di un turismo colto, interessato sia alle bellezze storiche che a qualche sorprendente opera contemporanea. 

Ma la mia maggiore iniziativa al di fuori dei musei è stata la XIV edizione della Biennale Internazionale di Scultura di Carrara, nel 2010. Lì la decisione fu abbastanza drastica: intitolando la mostra Postmonument e intendendo parlare della caduta dei monumenti, l’evento simbolico che aveva segnato la fine delle ideologie, decisi di esporre i lavori in vecchi laboratori in disuso da decenni. Sembrava di trovarsi immersi in opere di Piranesi. Ecco, credo che all’arte occorra confrontarsi con la spettacolarità di tante tecnologie, farla propria.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Tadeusz Kantor

Strategie per l’arte contemporanea. Tadeusz Kantor, La classe morte per La fine del mondo. Centro Pecci, 2016

 

Il suo operato è da lungo tempo rivolto al tentativo di connettere l’arte alla leasure. Mi ricorda un esempio di successo in Italia? 

Da sempre punto a sviluppare strategie che siano sia di ricerca che largamente popolari. Per questo ho negli anni sperimentato a più riprese l’utilizzo del modello del caffè o del pub come ambiente rilassato in cui realizzare eventi performativi o artistici. Nel 2003 chiesi addirittura a Rirkrit Tiravanija di trasformare l’intera Galleria Civica di Trento in un pub. Certo non solo per la musica e gin tonic, ma anche dibattiti sui grandi cambiamenti contemporanei. Potete immaginare la sorpresa dei trentini. Ma dopo l’iniziale sbalordimento la Galleria Civica cominciò ad essere affollata.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Direttivo della Biennale di Shenzen

Strategie per l’arte contemporanea. Biennale di Shenzen. Il presidente Zhang Yuxin, Meng Jinming, Fabio Cavallucci e Carlo Ratti

 

Nel 2019 Bi-city, Biennale Shenzhen di Architettura e Urbanistica è stata una delle ultime manifestazioni internazionali che hanno avuto luogo prima della pandemia, di cui è stato co-curatore con Carlo Ratti e Meng Jianmin. Quali sono stati i suoi principi ispiratori, anche in relazione all’integrazione tra le arti? 

Shenzhen è una città nuova. Non esisteva quarant’anni fa, invece ora, con i suoi oltre 13 milioni di abitanti, è tra le dieci più grandi del mondo. È la Silicon Valley cinese, sede delle industrie tecnologiche più avanzate, da Tencent a Huawei. La Biennale nasce nel 2005 ed è chiamata Bi-City, poiché pur con due diverse organizzazioni cerca di legare Shenzhen alla confinante Hong Kong. E’ la prima nel mondo dedicata all’urbanistica, proprio perché nascendo in una città con una crescita così rapida, vuole cercare di indagarne i presupposti e i potenziali sviluppi. Il tema è la città, dunque, e nell’ultima edizione del dicembre 2019 la Biennale ha cercato di vedere le possibili più recenti interazioni tra architettura e nuove tecnologie. 

Il nostro team ha lavorato moltiplicando gli strumenti di indagine mediante strategie multidisciplinari.

Abbiamo sfruttato non solo l’analisi della struttura urbana e i modelli urbanistici e architettonici, ma anche l’arte visiva e persino la fantascienza per immaginare come sarà e quali problemi dovrà affrontare la città del futuro. Ne è uscita una mostra articolata su più livelli.

Il primo mostra il punto di vista del cittadino, colui che lo sviluppo delle infrastrutture più che altro lo subisce, salvo cercare di diventarne consapevole, sviluppando lo spirito di comunità, possibile promotore del cambiamento. Il secondo è il livello degli architetti e degli urbanisti, che hanno il compito di attuare il cambiamento. Infine c’è il livello dei teorici, artisti e dei visionari del futuro come gli scrittori di fantascienza, coloro che immaginano sia gli elementi positivi che i rischi dello sviluppo tecnologico. L’utopia ha sempre come contraltare la distopia. Purtroppo la pandemia ha imposto la chiusura della Biennale poche settimane dopo l’apertura.

Devo dire che la mia collaborazione con la Biennale di Shenzhen non è terminata, perché mi è stato chiesto di fare una ricerca sul possibile sviluppo organizzativo della struttura.

 

Strategie per l'arte contemporanea. Cavallucci con alcuni collaboratori a Shenzen

Strategie per l’arte contemporanea. Cavallucci con alcuni collaboratori di Bi-City a Shenzen

 

Shenzhen è tra le biennali e le grandi organizzazioni di arte contemporanea che intendono sfruttare questo momento di sosta per migliorarsi, per cercare di sviluppare nuove strategie e modalità organizzative. E ora la sfida, dal punto di vista gestionale, potrebbe essere di far nascere una fondazione, più elastica di un’amministrazione pubblica nel prendere decisioni rapide anche per accedere a fondi privati.

Intervista a cura di Michela Ongaretti

 

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