Nanda Vigo. Una vita per il progetto interdisciplinare con la luce

by Michela Ongaretti
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Nanda Vigo, Trilogia Light Progressions

Nanda Vigo Light Project è stato il titolo della prima mostra antologica dell’artista, designer e architetto da poco scomparsa, a Palazzo Reale nell’estate di un anno fa. Un luogo istituzionale per la città di Milano che ha visto gli sviluppi della sua ricerca, con passione tenace dagli anni Sessanta.  In un mondo poco favorevole alla creatività femminile Nanda Vigo ha saputo imporre un linguaggio nuovo collaborando con grandi personalità come Lucio Fontana, Piero Manzoni, Gio Ponti, Enrico Castellani.

 

Nanda Vigo, una sala della mostra Light Art Project , 2019

Nanda Vigo. Vista di una sala della mostra Light Art Project a Palazzo Reale. Estate 2019

 

Milano per un soffio ha celebrato la carriera di una vita dedicata a dare forma all’indagine sulla luce. Nella relazione tra concetto e materia, spazio (fisico ed emozionale) e tempo, percezione e amplificazione di significati, connettendo le diverse discipline. Nanda Vigo è stata una sperimentatrice e un’agitatrice culturale: con i suoi progetti ha influenzato le generazioni successive, con la sua caparbietà nella ricerca di alleanze artistiche ha aperto confini geografici e mentali.

 

Nanda Vigo tra le sue installazioni, 2019

Nanda Vigo a Palazzo Reale nel 2019. Courtesy Archivio Nanda Vigo

 

“Architetto: riduttivo. Designer: riduttivo. Artista: riduttivo”

Ad una settimana dalla sua scomparsa il primo pensiero va alle installazioni di Palazzo Reale perché non capita spesso di arrivare in tempo, nella vita, per poter riconoscere con una retrospettiva di ampio respiro un percorso che ha lasciato un’eredità. Prima che si trasformi in passato un’esistenza, poter porre al presente rinnovate incognite in una strada solcata di impronte che generino nuovi passi. Tuttavia la mostra non è stata l’ultimo grande riconoscimento per Nanda Vigo. Sono infatti lieta di apprendere che proprio in questi giorni ha riaperto la mostra al MACTE di Termoli inaugurata in Febbraio. E’ ancora una grande esplorazione dedicata alla ricerca interdisciplinare e meta-disciplinare sulla luce, tematica cara ad Artscore.

 

Nanda Vigo. Cronotopi

Nanda Vigo. Cronotopi nella mostra Light Art Project, 2019

 

Estetica e filosofia nella percezione

Esplorare la percezione. Costruire con la luce, superare la sua immaterialità. Attraversare la trasparenza. Questo l’intento pionieristico già vivo dal 1959. Nanda Vigo riuscì a perseguire la sua ricerca in un ambiente non ancora pronto a capire la portata innovativa di un linguaggio che dissolve e reinventa design e scultura, spazio architettonico e simbolico, spesso immersivo. Se la luce è determinante per la Vigo lo è anche in virtù del suo essere e non essere dimensione, per questo disse che attraverso essa “ si può viaggiare molto lontano”.

 

Nanada Vigo, i suoi occhi nel ritratto di Afanador

Nanda Vigo, dettaglio del ritratto fotografico di Afanado. Accoglieva il visitatore a Palazzo Reale nel 2019

 

Lavorare tra i linguaggi non è stato favorevole con un prodotto non inquadrabile in una disciplina. Eppure ha insistito su come non ci possa e debba costruire solo per l’apparenza. Anche un prodotto funzionale dovrebbe far cambiare la percezione dello spazio, non soltanto costruire oggetti gradevoli. “L’estetica e la filosofia del progetto devono crescere di pari passo, devono funzionare in simbiosi”.

 

Nanda Vigo Light Project, illuminazione 1

Nanda Vigo Light Project, una global chronotopic experience occupa una sala della mostra . Una modalità d’accensione

 

Nanda Vigo Light Project

L’esposizione a cura di Marco Meneguzzo hanno ospitato da luglio a settembre 2019 circa ottanta opere: sculture, installazioni e progetti. Il titolo ricalca la scritta creata a neon agli albori della carriera di Nanda Vigo, come si vede in una iconica immagine con il profilo stagliato nella penombra. Non è un dettaglio di poco conto se si considera che la sua produzione nasce e cresce attraverso una costante attenzione, seguendo una coerente e ricorrente  intenzione di  esplorare il tema della luce nel rapporto con lo spazio e la percezione, nel trasformare in apparizione tangibile e in racconto percorribile dallo spettatore, un  elemento sfuggente nella sua immaterialità.

 

Nanda Vigo, Cronotopi, 2019

Nanda Vigo, Cronotopi. Cronos e Topos in mostra

 

Le diverse produzioni erano suddivise in undici stanze, progettate come ambiente cronotopico totale nel quale ci si può immergere completamente nella luce. Crono-topo cioè elaborazione di tempo-spazio è il nome che Vigo ha sempre dato dalle opere più piccole prima di elaborare lo stesso concetto su scala architettonica, le global cronotop experience. A corredo della mostra è stato pubblicato un catalogo che presenta gli scritti dell’artista e tratta anche della realizzazione di un video in collaborazione con Marco Poma sugli amici Lucio Fontana, Piero Manzoni e Gio Ponti. 

 

Nanda Vigo con Lucio Fontana

Nanda Vigo con Lucio Fontana alla Galleria Vinciana, 1964. Ph. Laura Salvati

 

Nanda Vigo Light Project 2020

E’ idealmente un aggiornamento Nanda Vigo Light Project 2020, la mostra al MACTE di Termoli, a cura di  Laura Cherubini realizzata in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo. Il museo d’arte contemporanea della regione Abruzzo celebra l’artista vincitrice del Premio Termoli nel 1976 con l’opera Sintagma in vetro specchio e neon. Il termine sintagma deriva dal greco σύνταγμα, traducibile in composizione, ordinamento, si riferisce al termine coniato da De Saussurre per definire la combinazione di due o più elementi linguistici linearmente ordinati nell’indivisibilità di significato.

 

Nanda Vigo. Installation view al MACTE

Nanda Vigo, Light Project 2020, Installation view. Courtesy MACTE

 

Una chiave interpretativa dell’intero corpus è così leggibile in nuce su quell’opera, nella poetica del superamento del dato sensibile attraverso una percezione amplificata dai materiali stessi. Il percorso visivo dell’esposizione è quindi una serie di manifestazioni e sviluppi di questo postulato, esplorando i punti salienti della parabola creativa della Vigo nei quarantaquattro anni successivi. 

 

Nanda Vigo, Light Art Project 2020

Nanda Vigo, installazioni di luce al MACTE di Termoli. Alcune versioni di Sintagma in primo piano

 

Sempre sotto il segno della sperimentazione attraverso la luce, tra arte design e architettura la struttura della mostra si sviluppa su due direttrici. Una prima lettura indaga l’opera in relazione agli spazi preesistenti, valorizzando la collezione permanente e la storia del premio ideato sin dalla nascita del museo, secondo la cifra distintiva per gli allestimenti seguiti dall’artista. Concomitante e complementare è il discorso sulla correlazione linguistica di due gruppi di opere: i cosiddetti innescatori di spazio, Trigger of Space ( di cui fa parte Syntagma) e le più recenti creazioni come Light Progressions, Trilogy: Omaggio a Gio Ponti, Lucio Fontana e Piero Manzoni (1993).

 

Nanda Vigo, Trilogia Light Progressions

Nanda Vigo, Trilogia Light Progressions. Omaggio a Giò Ponti, Lucio Fontana, Piero Manzoni

 

Il primo periodo e l’incontro con Fontana

Nanda Vigo nasce a Milano nel 1936, si laurea in Architettura al Politecnico di Losanna e dopo uno stage a San Francisco si ristabilisce nella città meneghina . Ha dichiarato come matrice culturale preponderante il Razionalismo. Ricorda come l’osservazione della Casa del Fascio di Giuseppe Terragni a Como abbia ispirato la sua riflessione, nella modulazione delle forme, nel gioco della luce che riflette gli spazi rimbalzando gli elementi architettonici dando l’idea del movimento.  

 

Nanada Vigo, una Global Chronotopic Experience

Nanda Vigo. Global Chronotopic Experience. Foto di Marco Poma scattata allo Spazio San Celso di Milano nel 2017

 

Giovanissima apre il suo studio nel 1959: da subito considera fondamentale nel lavoro di architetto e designer il rapporto tra luce e spazio, e il ruolo dell’osservatore nella sua percezione. Gli incontri fondamentali per la sua vita e la sua arte non sono avvenuti per caso, ma nell’intenzione ferma di trovare alleati per la sua ricerca: non trovando riscontro del suo interesse decide con coraggio di cercare un appoggio in chi considerava un riferimento. Seguiva e amava l’opera di Lucio Fontana, di cui conosceva il Manifesto Blanco, che già immaginava la trasmissione di suoni e luci attraverso lo spazio. Aveva un pensiero più avanzato rispetto al panorama artistico e Nanda Vigo sperava potesse galvanizzare la sua visione, quindi bussò alla sua porta. Venne accolta e da “ragazzino di bottega” divenne una collaboratrice attiva. 

 

Nanda Vigo nel 1964 con gli artisti del Bar Jenny

Nanda Vigo. Una foto di Uliano Lucas la ritrae al Bar Jenny con con diversi artisti tra cui Luciano Fabro, Ugo La Pietra, Arturo Vermi, Angelo Verga, Kenjiro Azuma, Giorgio De Gaspari, Manuel Fuss, Angelo Carminati, Luigi Picciotti, Tom Bombino. 1964

 

Vita d’arte a Milano negli anni ‘60

Anche all’epoca era molto importante tessere relazioni. Ci si spostava per trovare nuovi stimoli e comunanze di intenti con altri artisti europei. “Il movimento era interattivo e non soltanto fisico: si creavano questi scambi interdisciplinari e le mostre si inventavano negli studi degli artisti, anche senza parlare la stessa lingua”. Anche a Milano si visitavano diverse mostre, nascevano amicizie e interazioni, che ne portavano altre. Nota quella con Hsiao Chin che nel 1960 presenta Piero Manzoni a Nanda Vigo, presto suo compagno di vita. Si avvicina così anche ad Enrico Castellano con cui Manzoni aveva fondato la galleria Azimut. “La Milano degli  anni Sessanta era un crocevia di musicisti, scrittori, artisti…sono loro che hanno fatto l’Europa prima dei politici, con le loro invenzioni condivise”. 

 

Nanda Vigo con Max Bill e Heinz Mack

Nanda Vigo con Max Bill e Heinz Mack, Kassel nel 1964. Ph. Erhard Wehrmann

 

Il movimento ZERO

Fontana fu il primo a nominare “ i ragazzi di Dusseldorf”. Vigo intraprende quindi nei primi anni Sessanta una serie di viaggi per conoscere il movimento ZERO in Germania, Olanda e Francia. Anche in questo caso la spinta all’incontro fu la comunanza d’intenti con artisti della stessa generazione, “il fatto che altra gente in altri luoghi avesse la direzione del mio discorso, che qui non interessava a nessuno”. Per Nanda Vigo fare mostre con loro significava lavorare con molte personalità, condividere “ pezzi già rappresentativi” di una poetica e diffonderla in Europa. In questo l’artista ha svolto un ruolo storico determinante in termini di connessione tra i paesi.

 

Nanda Vigo, una dei primi cronotopi

Nanda Vigo, Cronotopia del 1964. Opera che accompagna il Manifesto Cronotopico con il suo superamento dell’universo spazio-temporale

 

E’ del 1964 il Manifesto Cronotopico, la sua teoria della variazione dello spazio attraverso la luce e il coinvolgimento sensoriale «di chi fruisce di spazi e oggetti». L’anno successivo la Vigo cura nello studio di Fontana l’importante mostra sul movimento intitolata Zero Avantgarde. Tra i ventotto artisti aderenti Otto Piene, Lo Savio e  Anche Piero Manzoni. Progetta la Zero House a Milano, ultimata nel 1962, mentre tra il 1964 e il 66 e partecipa ad un gran numero di mostre del gruppo in Europa.

 

Nanda Vigo, una vita per il progetto interdisciplinare con la luce.

Nanda Vigo nella Casa Sotto la Foglia, progettata con Giò Ponti. Malo (Vi), 1965-68

 

L’incontro con Gio Ponti

Un’altra figura cardine nella storia di Nanda Vigo fu Gio Ponti, l’unico del panorama del tempo a operare tre design, architettura e pittura, “ad interfacciarsi con tutte queste possibilità”. Nacque un’amicizia e un sodalizio duraturo sotto il segno di questo comune appetito interdisciplinare. Per il progetto della ‘Casa sotto la foglia’, a Malo (Vicenza) Vigo interviene negli interni, il 1965 e il 1968. Nel 1971 Vigo realizza uno dei suoi progetti più spettacolari per la Casa-Museo Remo Brindisi a Lido di Spina (Ferrara).

 

Nanda Vigo, Casa Museo-Remo Brindisi

Nanda Vigo, interno della Casa Museo-Remo Brindisi.1971-73

 

Le mostre e i premi

Nel corso degli oltre sessant’anni di carriera Nanda Vigo ha ricevuto diversi premi e partecipato a circa 400 mostre. Ne ricordo alcune senza pretendere di essere esaustiva. E’ alla Triennale di Milano nel 1964 con Lucio Fontana con cui realizza l’ambiente spaziale “Utopie”, e nel 1973. Riceve nel 1971 New York Award for Industrial Design per la celeberrima Lampada Golden Gate ( Arredoluce), nel 1976 Vigo vince il primo Premio St. Gobain per il design del vetro. Sul versante del design ricordo altre famose creazioni come il divano “Top” per Fai International (1970), la sedia Due Più per More Coffee (1971); l’iconico tavolo Essential per Driade, il mobile buffet Cronotopo e la sedia-pouf Blocco. Nel 1982 Partecipa alla Biennale di Venezia.  La prima volta a Palazzo Reale è nel 1997, in veste di curatrice per la mostra Piero Manzoni – Milano et Mitologia. 

 

Nanda Vigo, collezione di arredi Top

Nanda Vigo, la collezione “Top” per Fai International (1970) in una suggestiva foto in Piazza Duomo, Milano.

 

Le sue opere fanno parte della collezione permanente di prestigiosi musei di tutto il mondo, tra cui quella del Museo del Design della Triennale, dal 2006. Dal 2013 alcune sono presenti nella collezione del Ministero degli Affari Esteri. Continuano le mostre di rilievo internazionale fino agli ultimi anni: nel 2014 espone nella retrospettiva sul Gruppo Zero al Guggenheim Museum di New York e nel 2015 all’interno del programma di “Zero, Die Internationale Kunstbewegung der 50er & 60er jahre” al Martin-Gropius-Bau di Berlino e allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Il 2015 registra diverse personali: “Affinità elette” al Centro San Fedele di Milano, “Zero in the mirror” alla Galleria Volker Diehl di Berlino e al Mac di Lissone, nel 2016 nella galleria Sperone Westwater di New York.

Michela Ongaretti

 

 

 

 

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