Digitalizzazione in incremento nel mercato dell’arte, anche se fortunatamente non potrà sostituirsi all’incontro con le opere. E’ quanto si evince dal report del 2021 elaborato da Deloitte Italia, Art & Finance: Il mercato dell’arte e dei beni da collezione.
La digitalizzazione in uno scenario in evoluzione. Il webinar di Deloitte Italia
Ha accompagnato l’uscita della pubblicazione il webinar di presentazione con Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader, Barbara Tagliaferri, Art & Finance coordinator for Italy, Roberta Ghilardi, Sustainability Senior Consultant e Pietro Ripa, Private Banker di Fideuram.
Tagliaferri ha moderato le testimonianze di ospiti illustri. Sono rappresentanti del mondo della cultura e del mercato dell’arte che hanno modo di osservare da dentro lo scenario in evoluzione. Mons. Simone Nicolini (Vice Direttore e amministratore gestionale Musei Vaticani), Mariolina Bassetti (Presidente di Christie’s), Tommaso Calabro (Galleria Tommaso Calabro), Simone Menegoi (Direttore Arte Fiera), Francesca Rossi (Direttrice dei Musei Civici di Verona), Verusca Piazzesi (Direttrice Galleria Continua) e Ugo Nespolo.
Lo stato dell’arte ai tempi del Covid-19
L’edizione speciale si sottotitola “Lo stato dell’arte ai tempi del Covid-19”, dedicata in larga parte agli impatti impatti della pandemia sul settore artistico-culturale. La survey ha interessato in gennaio i principali stakeholder: musei pubblici e privati, case d’asta, gallerie d’arte, collezionisti, dealers e art advisor, fruitori e appassionati, artisti e imprese che operano sia in ambito legale e fiscale sia in applicazioni tecnologiche per l’arte in Italia. Come sempre sono stati esposti dati salienti dei principali trend delle aste del 2020 per opere d’arte e beni da collezione, confrontandoli con i dati della precedente edizione.
Una visione dagli operatori ed esperti del settore
La crisi è dunque in atto come pure il processo di digitalizzazione, secondo una nuova flessibilità. Nel particolare mercato dell’arte più della metà degli intervistati da Deloitte sostiene che solo una quota compresa tra il 25 e il 50% delle attività legate al mercato dell’arte potrà convertirsi definitivamente in virtuale. Un esiguo 4% ritiene che l’online sostituirà i servizi dal vivo per una quota superiore al 50%.
Ripensare e innovare
E’ opinione condivisa l’affermazione di Tagliaferri secondo cui da un primo approccio alla digitalizzazione come forma di sopravvivenza, la condizione di incertezza sui tempi del new normal favorirà il suo uso più preciso. « Ciò che si è verificato è destinato a incidere parecchio sulle dinamiche future, in cui auspicabilmente online e offline coesisteranno, arricchendosi a vicenda». In un contesto di ottimismo spesso vacillante, la metà dei rispondenti afferma che ci vorranno oltre 1-2 anni per il ritorno alla normalità.
Sono indispensabili nuove modalità d’azione incrociate. «Ripensare e innovare sono le parole d’ordine a cui attenersi attraverso una continua ricerca di innovazione che non va intesa solo dal punto di vista tecnologico, seppur fondamentale, ma soprattutto di modelli, di sistema, di collaborazione e di sostenibilità», aggiunge Ernesto Lanzillo.
Alcuni dati del mercato dell’arte
Dai risultati emerge il miglioramento e l’incremento della digitalizzazione del settore artistico-culturale. Aumentano significativamente le risposte positive circa l’efficacia delle piattaforme virtuali online nell’acquisto di opere d’arte: media (46%) o elevata (37%) per l’83% dei rispondenti. La percentuale di chi ha decretato la scarsa efficacia degli strumenti online è diminuita passando dal 29% al 17%. Questo risultato dimostra sempre più mirata strategia messa in atto da parte degli operatori di settore per le attività di vendita di opere d’arte e beni da collezione.
Conferma questa parziale fiducia nella digitalizzazione, a favore del desiderio di tornare a guardare e trattare dal vivo, l’incontrovertibile dato sul generale calo nei volumi d’affari. Sono raddoppiati coloro che dichiarano di aver visto ridotto di oltre il 50% il proprio volume di affari rispetto al 2019 (da 17% a 38%), ma la percentuale più cospicua è quella di coloro che hanno perso tra il 25% e il 50%.
Black sentiment sul fatturato
Non è rosea la previsione per il 2021. Ben il 91% degli interpellati attende una contrazione pari o superiore al 25% del fatturato. In particolare, il 44% prevede che il fatturato di fine 2020 conoscerà una contrazione di circa un quarto rispetto a quanto registrato nel 2019, il 44% prevede una riduzione pari alla metà, mentre il 3% stima addirittura perdite superiori al 75%.
La fruizione
Parlando di fruizione dei luoghi dell’arte i dati registrano uno scoramento generale. Se il 63% ammette di non aver continuato a frequentare luoghi d’arte in tutto il 2021, sono le prospettive in negativo della ripresa ( 48%) a preoccupare.
In leggera diminuzione l’utilizzo degli strumenti online per la fruizione delle opere, utilizzati dal 62% degli intervistati rispetto al 65% . L’efficacia stessa delle piattaforme digitali ha perso appeal per le mostre virtuali, mentre come detto sopra aumenta per la possibilità di acquisto. Anche se solo il 4% sostiene che l’online sostituirà i servizi dal vivo oltre al 50%, ma è maggiore il numero di coloro che pensano ad una sostituzione delle proposte dal vivo tra il 25% e il 50% ( a settembre la prevalenza di soggetti non pensava ad una sostituzione maggiore del 25%). Migliorano le piattaforme, ma si avverte una certa stanchezza, un bisogno di visitare un museo o ad una galleria per il contatto umano e materiale con l’opera.
Musei Vaticani
Il ragionamento di Monsignor Paolo Nicolini, parte dall’emblematica immagine di Piazza S. Pietro deserta, con un solitario Papa tra vento e pioggia, il 27 marzo 2020. “Mette in evidenza la nostra fragilità, come tutto possa essere spazzato via da un microbo. Noi che ci disperiamo, o lavoriamo per dare un senso alla prova”.
Secondo Nicolini prima del Covid sembrava il turismo di massa a preoccupare, “ma a che serve tanta bellezza se non a mostrarla al maggior numero di persone? Così nel lockdown abbiamo avuto la consapevolezza del danno e del compito che ci attendeva.
La virtualità deve essere al servizio della realtà, quello è il metro di giudizio. Virtualizziamo ciò che è reale forse per assecondare lo sguardo che non sa essere reale? No, l’intento è far muovere le persone dai loro contesti, venire al museo”.
Nel 2020 la riapertura dei Musei Vaticani avviene con la consapevolezza che Il bisogno di sicurezza muoverà le scelte gestionali dei prossimi anni. Alla successiva chiusura si è risposto con la digitalizzazione. Ma l’intervento del vicedirettore esorta ancora a considerare l’aspetto concreto dell’eredità della cultura pubblica, “ dobbiamo rivendicare la centralità sociale del museo, che attiva tutto un tessuto economico attorno, siamo motori del benessere”.
Dello “ sciagurato periodo” rimane un’altra eredità: la validità del modello a due polmoni. La componente scientifica e quella gestionale restano sul medesimo piano. Il modello museale deve portare a sintesi questi due approcci, un modello di corresponsabilità che funzionava anche prima del Covid. E’ una sfida non tanto organizzativa quanto etica, fare comunità di lavoro, che produce risultati economici.
Musei Civici di Verona
Che Sia essenziale in questo momento più che mai fare rete, aumentare le relazioni dentro e fuori dal sistema, lo dimostra anche l’intervento di Francesca Rossi. La rete di otto istituti prima era rivolta ai prestiti e alle attività organizzate dall’ente di riferimento, il Comune, ora sono dedicati a tutte le iniziative per far sentire i visitatori al sicuro, e magari farli tornare. Il ristoro per il mancato introito di questi mesi è stato quindi reinvestito in attività e progetti nuovi, e a colmare il ritardo della digitalizzazione degli enti pubblici.
I musei giocano una parte importante anche nelle proposte di educazione all’arte, che segna oggi il punto di non ritorno nell’abbattimento del confine tra online e offline. L’interdisciplinarietà deve coinvolgere nuovi visitatori anche con l’apprendimento informale che stimoli successivamente la presenza, ma per farlo servono formazione specifica e risorse economiche dedicate, non ci si può fermare ai biglietti digitali.
Arte Fiera
La scelta di Simone Menegoi non è stata quella di creare una fiera digitale ma trasformare uno dei maggiori eventi italiani interrotti dal Covid in un format culturale. Praticamente rinunciando all’aspetto commerciale, si sono integrati nuovi contenuti i al public program. Si è cercato un taglio trasversale ad esempio nei “consigli di lettura” interpellando figure stimate fuori dallo stretto ambiente dell’arte contemporanea. La partecipazione di pubblico è stata confortante: 26000 visite al sito nella settimana di programmazione.
Resta la domanda di come un evento nato per essere per la compravendita possa dirsi riuscito mancando il suo valore costitutivo. Di certo grazie alla prontezza nel rispondere al processo di digitalizzazione si è mantenuta visibilità.In ogni caso la conclusione di Menegoi è che non si crede che tutto tornerà come prima, sarebbe deludente. Anche se si dichiara fautore del rapporto diretto con l’opera, l’arte deve continuare ad esistere sul web sviluppando proposte specifiche per quella fruizione.
Christie’s
Mariolina Bassetti, presidente di Christie’s Italia parla delle opere digitali, della compenetrazione tra tecnologia di produzione e di vendita. Il caso eclatante è la vendita milionaria della prima opera d’arte puramente digitale venduta da una grande casa d’aste. Al terzo posto dopo i record di Hockney e Koons.
Secondo Bassetti la criptoarte subisce un’influenza relativa dalla pandemia mondiale, è infatti un fenomeno che non è stato accelerato dall’online, visto che non è visualizzabile, anche se la sua attenzione mediatica può essere stata facilitata
Sulla relazione tra aste e digitalizzazione è presto per capire cosa davvero funzionerà, ma l’esperienza dell’asta ibrida, con un battitore fisicamente in sala connesso ad altre sale nel mondo, ha dato buoni risultati. Il fattore vincente è che non serve la presenza di un pubblico. Logicamente si auspica il suo ritorno perché anche in questo contesto resta fondamentale l’emozione diretta dell’opera, magari con la possibilità di integrare presenza fisica e virtuale di pubblici lontani.
Galleria Tommaso Calabro
Calabro è tra i più giovani galleristi italiani. Dopo la formazione a Londra e l’esperienza in una casa d’aste. Sceglie Milano per aprire la sua sede nel 2018. La sua natura di nativo digitale gli regala una naturale fiducia nell’online, confermata dal fatto che Instagram ha rappresentato possibilità di incontro fondamentali per la rete di collezionisti e operatori.
La galleria d’arte ha ospitato una mostra rivelazione nel critico 2020. Casa Iolas, citofonare Vezzoli ha aperto a settembre con una cinquantina di visitatori al giorno, molti per qualsiasi periodo, su una superficie di 500 metri quadri che permette il distanziamento. L’originalità dei progetto, presentato sul sito con un 3D tour, ha senza dubbio influito sulla buona riuscita. Dedicato alla figura di Alexander Iolas, uno dei più importanti mercanti e galleristi d’arte della seconda metà del Novecento, e’ curato da Francesco Vezzoli, che accosta nel percorso sue opere a quelle di grandi artisti supportati dal mecenate greco.
Galleria Continua
Veruska Piazzesi parla dell’apertura della settima sede, a Parigi. Non si tratta di una strategia specifica in epoca di Covid ma la presenza nella capitale francese può rappresentare una grande opportunità, secondo la previsione che vede la città leader in Europa dopo la Brexit.
L’opportunità viene anche dalla storia dei locali che ospitano la galleria: occupata in precedenza da un grossista di borse, sarà teatro di interventi connessi alla didattica dell’arte in collaborazione con JR. L’artista recentemente alla ribalta per il trompe l’oeil sulla facciata di Palazzo Strozzi, ne propone qui uno concettualmente opposto, con l’immagine della città. “E’ come invitare ciascuno dei partecipanti alla mostra corale a prendere uno spazio proprio”.
Ugo Nespolo
L’artista chiude il webinar come voce fuori dal coro. Ponendo il punto di vista degli artisti, li esorta a sfruttare il rallentamento per dedicarsi allo studio. Ha invitato a riflettere sul valore del’arte come bene alidilà dei record del mercato. Secondo lui l’arte ha una valenza superiore all’asset, non può essere valutata solo come investimento. Il ragionamento secondo cui il sistema dell’arte fa morire la libertà espressiva, porta ad affermare amaramente che l’arte ha perso il suo valore sociale, mostrata oggi come un’eccezione nella società. I “musei freddi” di Braudillard, forse potranno grazie alla digitalizzazione sviluppata per una didattica che avvicini il pubblico, essere meno freddi se abitati da persone più consapevoli, ma questa è una mia opinione, e speranza.
Michela Ongaretti