Dramoletti inauditi al Teatro Gerolamo. L’antologia di Diego Marcon

by Michela Ongaretti
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Dramoletti di Diego Marcon. Frame di Ludwig- artscore.it

Dramoletti conferma una mia convinzione: che la bellezza non salverà il mondo, questo sempre più problematico mondo. Può però essere uno strumento per esorcizzare le sue psicosi, i suoi drammi.

Lasciate ogni giudizio morale alla porta del teatro Gerolamo per lo spettacolo di Diego Marcon che destabilizza le nostre certezze di adulti mostrandoci angosce per ogni età, che non dovrebbero toccare chi in questa occasione ne è protagonista: l’infanzia. 

Dramoletti di Diego Marcon- Fondazione Trussardi
Dramoletti di Diego Marcon al Teatro Gerolamo. Allestimento con le opere Ludwig e Untitled (Head falling)
La stretta al cuore viene dalla confessione di quel male di vivere che ha accompagnato nei secoli la letteratura, il teatro, l’arte in generale, qui con effetto straniante: aggrappato al grazioso contesto, soddisfa l’attesa di un intrattenimento che si scopre condurre la narrazione attraverso un girone di inquietudine e pulsione di morte. Il tabù dei tabù, soprattutto se sulla bocca di innocenti e vittime.

Le installazioni video di Diego Marcon non sono a caso all’interno di un teatro di marionette. E’ un luogo suggestivo, magico e piccino. Infatti il teatro Gerolamo è la miniatura di un teatro antico, tanto che viene chiamato la piccola Scala per le sue dimensioni in miniatura e i pregiati dettagli architettonici disegnati nell’Ottocento da Giuseppe Mengoni, lo stesso architetto della Galleria Vittorio Emanuele.

Installation view con le opere Ludwig e Untitled (Head falling) di Diego Marcon al Teatro Gerolamo
Dramoletti. Installation view con le opere Ludwig e Untitled (Head falling). Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi

Una rappresentazione squisitamente dedicata al perturbante quella inscenata dalla Fondazione Trussardi, ultimo tra i progetti espositivi di ampio respiro realizzati dal 2003 sotto la presidenza di Beatrice Trussardi e con la direzione artistica di Massimiliano Gioni. Una mostra antologica che se non possiamo definire site-specific si adatta al genius loci, nutrendosene. Abitato dalle opere il Gerolamo non è più adatto ai bambini anzi, bisognerebbe interdire la visita ai minori. Il motivo? L’oscurità estetizzante, o l’estetica del dolore. Il punto è che per assistervi serve maturità emotiva, e la capacità di cogliere i rimandi letterari, si pensi a Carlo Collodi e Lewis Carroll, saper cogliere come la spettacolarizzazione obblighi a riconoscere il dramma nel quotidiano, la violenza nella normalità.

Forse l’intento è quello di attirarci in un luogo di svago per stravolgere le nostre aspettative, per farci intendere che ciò a cui stiamo assistendo proietta i nostri sentimenti oltre una soglia, impone di guardare il mostruoso per sentirsi solo in parte affini a quei personaggi, ai loro intenti e le loro parole o azioni. D’altronde non sono umani, sono solo una costruzione, un manufatto creativo e tecnologico. Un bambino sente l’anomalia, ma tende a immedesimarsi in maniera istintiva, non critica, con ciò che vede e ascolta. 

Dramoletti. Luci e ombre di Ludwig. artscore.it
Luci e ombre di Ludwig. Diego Marcon al Teatro Gerolamo
Non che il macabro e il mostruoso non abbiano avuto un ruolo nella letteratura per ragazzi.

Un suggerimento di tale continuità viene proprio dalla saletta che espone alcuni disegni preparatori di Marcon, subito dopo la sua narrazione più agghiacciante con The Parent’s Room. Ecco il Gatto e la Volpe, L’Omino di Burro, Pinocchio trasformato in somaro…sono i burattini ottocenteschi del Gerolamo, così emblematici dell’insegnamento del Brutto, del suo intento moralizzante.

Ma qui il pubblico è un altro, l’epoca è un’altra, e non cerchiamo più moniti educativi nei personaggi. Siamo liberi di esprimere la nostra angoscia senza fondo, senza ironia, ma con notevoli effetti speciali a convalidare il melodramma; la tragedia cantata assume un valore ulteriormente straniante nel sintonizzarsi su toni melodiosi.

Nel comunicato della mostra curata da Gioni si dice che “Marcon immagina una nuova umanità agitata da profondi dubbi morali e intrappolata in azioni angoscianti che si ripetono all’infinito”. Le creature “sospese tra l’umano e il post-umano” affrontano sì argomenti indigesti, ma vecchi come il mondo. Si ripropongono in una veste finzionale più contemporanea pupazzi debitori del cinema di Joseph Cornell, dell’universo dei cartoons, infestano il teatrino ottocentesco con video dalle sequenze cicliche ripetute, dai movimenti lenti o dal ritmo improvvisamente vertiginoso.

Dramoletti. Diego Marcon
Untitled (Head falling). 2015 al Teatro Gerolamo
Diego Marcon Untitled (Head falling). 2015. Teatro Gerolamo Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi, Milano
Già dall’anticamera d’ingresso si odono le note di Ludwig (2018), l’animazione digitale visibile da uno schermo che occupa la zona del palcoscenico. 

Perfettamente inserita nel luogo principe della rappresentazione, ci accompagna lungo tutto il percorso nei diversi ordini di palchi, immagini e suono osservabili attraverso le componenti architettoniche del teatro, integrando l’esperienza disturbante alla movimento silenzioso dei volti di Untitled (Head falling), su due monitor per ciascuno dei due piani superiori delle gallerie. Il viaggio tra i Dramoletti, in altezza all’interno di una miniatura ci fa sentire dentro ad un carillon ipnotico, che continua a risuonare nella nostra mente in altre aree, dove la sensazione angosciosa non ci lascia, fino all’uscita.  

Dal buio appare un bambino la cui figura oscilla, si allontana e si avvicina perché seduta nella stiva di una nave in preda ai flutti in tempesta. Nel buio profondo, rischiarato solo dai lampi improvvisi e da un fragile fiammifero, il piccolo intona un’aria lugubre tipica dell’opera di Marcon, ancora più disarmante se si pensa che è eseguita dal Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. Nelle parole della strana ninna nanna Ludwig si dichiara stanco, affranto, e desidera una morte liberatoria. 

Ludwig dall'ingresso del Teatro Gerolamo- artscore.it
L’animazione Ludwig dall’ingresso del Teatro Gerolamo © Diego Marcon Courtesy Sadie Coles HQ, London

Bisognerebbe avere un cuore di pietra per non turbarsi di fronte a quelle parole sulla bocca di chi dovrebbe vivere gli anni della gioia. Come se non bastasse ci si sente in colpa per godere di quello spettacolo, fotografarlo, riguardarlo. Perchè tanta cura, tanta bellezza per un male di vivere che sentiamo anomalo?

“Eppur”..le parole strozzate del bimbo in un lampo fanno intuire una violenza esterna, si vedono delle mani intorno al suo collo. 

Possiamo solo sospettarlo. Continuando a soffrire cerchiamo una diversa chiave di lettura nel titolo dell’opera, nei gesti eleganti, forse persino nella chioma dorata: che sia Ludwig II di Baviera, il cosiddetto Re Matto? Di sbalzi d’umore deve aver sofferto: con la sua eccentricità e le folli spese arrivò ad essere deposto, ma per i posteri è soprattutto l’incarnazione del mito di un’esistenza consacrata all’arte. 

Dramoletti Ludwig, 2018. ©Diego Marcon Courtesy Sadie Coles HQ, London
Still da Ludwig. ©Diego Marcon Courtesy Sadie Coles HQ, London

La bellezza non salverà il mondo ma con la follia visionaria del Re che, guarda caso, morì affogato, si sostenne il teatro di Bayreuth, fiorirono i sogni di Richard Wagner…e le sue fantasie continuarono ad esistere dopo la morte nella rievocazione di Luchino Visconti o nel modello per il castello di  Disneyland. I deliri di Ludwig di Baviera sono già “Art For Art’s sake” per riprendere un principio di un’altro grande decadente come fu Oscar Wilde, e forse grazie a quell’idea potremmo liberarci dalla sensazione di essere manipolati nel cercare una giustificazione al nostro entusiasmo.

Non abbiamo bisogno di salvare quel bambino, non ce lo chiede certo Marcon, che confonde per donarci la catarsi dall’utile, dall’etico o moralizzante. Possiamo lasciarlo disperarsi in previsione di sue nuove avventure e depressioni, lo faranno attraversare le epoche. Quel che dovrebbe spaventarci semmai è chi non lo lascia cantare. Ed ecco che il Gerolamo torna ad essere un luogo pacificato perché di pura rappresentazione, dove anche l’horror del Paese dei Balocchi è lecito nello spazio del racconto.

Dramoletti di Diego Marcon. Ludwig. Teatro Gerolamo
Dramoletti. Installation view, Teatro Gerolamo Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi, Milano
Lo stesso senso di pericolosa tensione la possiamo leggere nell’animazione Il Malatino del 2017, al piano inferiore dell’istituzione.

Si ripete all’infinito il debole respiro di un bambino febbricitante, questa volta con uno stile meno realistico ma forse più preoccupante per l’azione che pare impossibilitata ad evolvere, positivamente o negativamente: condannato ad impersonificare la fragilità per sempre, come un capitolo infinito tratto dall’ottocento del libro Cuore o di un romanzo di Charles Dickens.

Installation view del Teatro Gerolamo con Il Malatino, 2017, di Diego Marcon
Installation view con Il Malatino, 2017. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi, Milano

La mostra Dramoletti prende il titolo dalle omonime opere brevi di Thomas Bernhard, un gigante della letteratura e drammaturgia del Novecento. Intrecciando i riferimenti l’artista pare elaborare il concetto di “piccolo”, dunque costellare un percorso di racconti altrettanto contenuti nel tempo e con pochi personaggi, pochi strumenti per i suoi drammi da camera. I Dramoletti sono stati tra le ultime opere di Bernhard che morì di polmonite dopo una vita di malattia.  Perciò mi piace, e credo di non trovarmi troppo fuori strada, l’idea di ritrovare anche la sua vicenda umana in alcuni personaggi di Marcon, dal malatino al malinconico Ludwig. In questi Dramoletti c’è anche la solitudine di chi  ha saputo fare arte del disagio moderno.

Installation view con The Parent's Room
Installation view con The Parent’s Room. Ph. Andrea Rossetti. Courtesy Fondazione Nicola Trussardi, Milano
Ancora il mal-essere di Dramoletti ci porta al piano superiore. Sua conseguenza estrema è The Parent’s Room(2021), l’opera più recente della mostra antologica.

Nel clima raccolto della saletta con tavolini e sedie, come se ci aspettasse una conversazione amichevole, ci troviamo ad osservare la video-installazione in principio silenziosa, quasi immobile. In scena una stanza dalla cui finestra si assiste allo scendere della neve, con la presenza benigna di un merlo; un uomo è seduto sul letto mentre la moglie giace addormentata. Si scorge l’indizio inquietante di un recipiente rovesciato sul pavimento, e ancora una volta il canto rivela verità nascoste: il marito ha assassinato moglie e figli innocenti. 

Ancora una volta siamo destabilizzati dal contrasto tra leggiadria e crudeltà, ma The Parent’s Room più specificamente lavora sulla maschera per legarsi al genius loci. Nel dramma recitano attori umani riconoscibili dagli occhi, gli unici elementi vivi mentre su  volto e mani è modellata la materia con cui si costruisce un pupazzo. La mancanza di espressione rende mostruosi i personaggi, con alcune volute imperfezioni che segnalano una crasi di reale e immaginario. 

Dramoletti. The Parent's Room- artscore.it
Dramoletti di Diego Marcon. The Parent’s Room, 2021
Oltre l’umano l’impassibilità del cadavere, mentre empatizziamo con la tragedia melodica i fantocci sono pura creazione.

Crudeltà fantasiosa da Grand Guignol che in origine era fatto da marionette per poi utilizzare il trucco de-umanizzante su attori in carne ed ossa, l’opera instaura un legame con gli esemplari di altre marionette, quelle della storia di Pinocchio secondo i Fratelli Colla,  esposti nella sala adiacente del Girolamo. Così nell’alveo di una tradizione si può ricollocare la nostra visione, inscindibile dal luogo in cui ci troviamo ed esasperata dall’attualità del movente omicida. I disegni di letti vuoti esposti non lontano possono alludere alla fine dell’infanzia, intesa come condizione creativa e immaginifica, stroncata dalla concretezza del quotidiano.  

Michela Ongaretti

La mostra è visitabile fino al 30 giugno dalle ore 11 alle 20 presso Teatro Gerolamo, piazza Cesare Beccaria 8, Per ulteriori informazioni fondazionenicolatrussardi.com

Teatro Gerolamo- Dramoletti- artscore.it

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