Anima e corpo hanno voce attraverso la musica in Lezioni di piano. Terzo lungometraggio scritto e diretto da Jane Campion, è stato vincitore della Palma d’oro al 46º Festival di Cannes e di tre Premi Oscar. Pellicola senza tempo e intrisa di suggestioni viscerali, Lezioni di piano ci traghetta fin dalle prime scene nelle tortuosità ambientali, riflesse in quelle umorali dei personaggi.
Sinossi
La vicenda narra la storia di Ada, una giovane scozzese che viene data in sposa per procura a Stewart, un piccolo possidente in Nuova Zelanda. Siamo a metà del XIX secolo, in un territorio selvaggio e popolato da Nativi e alcuni coloni Inglesi. Ada porta con sé la figlioletta Flora, di 9 anni, alcuni bauli contenenti stoffe e abiti e il suo bene più prezioso, il pianoforte voce della sua anima. La donna è muta fin dall’età di 6 anni, il motivo non viene mai rivelato, ma questo non le impedisce di svelare ed evocare i suoi stati d’animo con impeto e chiarezza attraverso lo strumento musicale.
I tasti sono il prolungamento della sua anima, del suo sentire e del suo vivere il mondo. L’unica a capirla è sua figlia che oltre a parlare la lingua dei segni è in totale sintonia con lei prevedendo anche le sue risposte, o raccontando storie inventate sul passato della madre per proteggerla e sbeffeggiare i nuovi parenti.
Adulta e bambina
Ada è un’ombra, una figura esile, quasi invisibile, cerca la solitudine e di ritrarsi nel suo nido. Flora è esuberante, tutte le sue energie tendono all’esterno, cerca attenzioni e approvazione.
Flora simbolicamente è la bambina che Ada reprime dentro di sé, è la concretizzazione del suo shock infantile, del suo fuggire dalla realtà che esplode e cerca uno spazio nel mondo reale. Dunque Flora è la voce inconscia della madre. Il pianoforte è l’urlo animico che vibra nell’aria a un livello più alto, quello delle connessioni immateriche.
Anima e Corpo
La Campion riesce a raccontarci maestosamente questa continua oscillazione tra la matericità e incorporeità. Fin dalle prime scene del film la macchina da presa ci fa entrare in contatto con la materia, grazie a riprese in macro dei piccoli gesti delle dita di Ada, una soggettiva molto ravvicinata che guarda attraverso l’epidermide rossa. Lo spettatore scivola dentro la corporeità, oltrepassandola quasi smaterializzandola. I movimenti di camera sono lenti e morbidi: con panoramiche circolari seguiamo i movimenti degli attori con naturalezza. I neri profondi della fotografia sono in contrasto con i bianchi che spesso hanno la consistenza del borotalco. Così tutto con la Campion è materico, la musica e le emozioni vengono raccontate attraverso la pasta della pellicola.
Il pianoforte e l’istinto selvaggio
Ada inizialmente viene privata del suo pianoforte, poiché considerato un oggetto ingombrante e di capriccio. Non sarà suo marito a capirne il valore bensì Baines, inglese che vive con i nativi adottandone lo stile vita. Analfabeta e rude, l’uomo porta il pianoforte presso la sua capanna e chiede che gli vengano impartite lezioni da Ada. Tra i due si instaura un rapporto inizialmente conlflittuale che si trasforma in passionale, viscerale, le parole non servono sono la musica e la carne a guidare il loro istinto ferino.
Non a caso Baines vive nelle terre selvagge : i paesaggi fangosi, la pioggia, la vegetazione fitta, il vento, l’umidità sono espedienti poetici che la regista mette in campo per raccontare le sfide interiori che i protagonisti devono affrontare. Il mare, metaforica fonte d’acqua battesimale è il luogo sopra tutti che fungerà da catarsi per la protagonista: il lasciare andare, l’abbandonarsi alla morte per scegliere la vita. Il pianoforte lasciato sprofondare negli abissi diventa simbolo del suo rinnovarsi alla vita e alla parola dopo essere stato per tutta una vita lo scudo del suo silenzio.
Matrimonio e Patriarcato
La Campion però non si limita a raccontarci di una passione travolgente, ci pone di fronte alla complessità degli istinti e delle scelte umane, della sessualità e dei sentimenti. Stewart scopre il tradimento grazie a Flora che gelosa delle nuove attenzioni della madre racconta tutto al patrigno. Troviamo un uomo inibito, in lotta con il suo ruolo di marito rifiutato e incapace di attrarre le attenzioni di sua moglie.
Ada, falsamente frigida adotta comportamenti opposti con i due uomini che la desiderano anche se per ragioni diverse. Baines le legge l’anima, riesce ad ascoltare parole sussurrate ma non pronunciate, indagano l’uno il desiderio dell’altra. Stewart al contrario si ritrae, riesce a esternare il suo desiderio solo usando la violenza e affermando così il suo predominio su Ada, a confermare che l’uomo detiene la supremazia non solo economico-sociale ma anche sessuale mentre alla donna è concessa solo la passività.
La Campion ricama sempre nella fodera dei suoi film la tematica femminista, la sua denuncia contro sistemi che tutt’oggi influenzano le discriminazioni di genere. Il senso del possesso della moglie è dimostrato da un gesto efferato e dalla sua orgogliosa rivendicazione. Quando Ada invia un tasto del piano con una dedica d’amore a Beines, Stewart, sentendosi schernito dal tradimento, per dimostranza le amputa brutalmente un dito che farà recapitare all’amante. Ada mutilata fisicamente e nell’anima cade nell’oscurità del silenzio interiore.
Il racconto filmico e intimista
Il racconto nei film della Campion rimane apparentemente in superficie: le azioni raccontate sono lente e sintetiche ma attraverso la camera, i piccoli movimenti, le macro e il soffermarsi estenuante su dettagli a primo acchito insignificanti, riesce a rivelare il profondo dei personaggi, il non detto, ciò che è celato. I segreti e i tumulti interiori vengono alla luce senza filtri e lo spettatore li fa suoi senza poter scegliere. L’anima della pellicola sadicamente si insinua tra le sinapsi dello spettatore, silenziosa cerca gli anfratti più misteriosi e si accoccola attendendo la fine della narrazione per sprigionare tutta la sua potenza.
Chi guarda non può più esimersi dal condividere un sentimento, arriva agli ultimi 20 minuti del film ritrovandosi intrappolato in una vita che non è la sua, si tuffa con Ada e risorge in uno stato di coscienza nuovo. Speranza e rassegnazione coesistono e si intrecciano in un finale così concretamente realistico da dimenticare tutto quello che è successo prima. Ada arrivata in Europa con Baines ricomincia piano piano a parlare. Doveva regalare il pianoforte agli abissi dell’oceano, quell’unico luogo silenzioso che può apprezzare il suono della sua anima.
La musica di Mychael Nyman
La colonna sonora, dunque, non può che essere l’elemento fondamentale della pellicola. Creata dal noto compositore Michael Nyman, con una nomination per la Migliore colonna sonora ai Golden Globes del 1994. Le tracce vengono realizzate prima della produzione del film, anche grazie all’intervento dell’attrice Holly Hunter che suonerà in presa diretta durante le riprese. “The Heart Asks Pleasure First” è il tema principale del film ed è bastato sul motivo tradizionale scozzese “Gloomy Winter’s Noo Awa”, a sottolineare la provenienza della protagonista.
I suoni dell’intera opera riecheggiano le commozioni dell’ anima di Ada, sicché variano di intensità, velocità; tensione e abbandono, ossessione e disincanto fanno riflettere sull’”accadere” imprevedibile e incontrollabile dell’esistenza umana. La ripetitività delle armonie e gli improvvisi cambi di schema descrivono proprio questo imprevisto, che è sconcertante e sorprendente allo stesso tempo. Solo tre composizioni orchestrali, i restanti brani sono suonati realmente dalla protagonista: Ada suona con spontaneità e naturalezza spinta da una necessità, un’urgenza genuina di comunicazione e contatto con l’esterno.
Giada Destro