Superbia. Nelle profondità dell’hybris, di Agostino Arrivabene, è una mostra densa di significati stratificati e profondi. Avete tempo fino al 3 aprile per visitarla, raggiungendo a meno di un’ora d’auto da Milano il Museo Civico di Crema e del Cremasco. L’istituzione ospita l’esposizione a cura dell’attenta Silvia Scaravaggi.

In un’epoca di relativismo culturale, emozionale, di fluidità propinata in ogni modo e per pura moda o claim da social media, ci troviamo di fronte alle opere di un artista che ha le idee chiare, e che immagino lavorare fino a tarda notte su lavori dalla tecnica impeccabile, bilanciata a contenuti eruditi. Ho sempre pensato che la modernità, non solo in arte, fosse una risultante di tutto ciò che è stato prima di noi, un reimpasto di stilemi del passato, che affascinano gli artisti al punto da renderli assolutamente personali. A dimostrarlo ci sono tutti i ricorsi storici che appartengono soprattutto alla Storia dell’Arte europea, con l’ossessione per la classicità.

Negli ultimi anni gli artisti più interessanti sono a mio avviso quelli che si lasciano incantare da diverse suggestioni culturali, ma poi proseguono verso una propria visione.
Non come sopravvissuti all’erosione del tempo, ma come innovatori consapevoli e grati al miracolo della Bellezza di ogni epoca. Dopo le post avanguardie credo non sia necessario per forza portare il marchio del contemporaneo, per esserlo, ma offrire la propria declinazione dell’epoca in cui ci troviamo a vivere. Proprio come fanno la mano sicura e il cuore aperto alla contraddizione umana di Agostino Arrivabene, non solo con Superbia.
La mostra, prodotta dal Museo di Crema in collaborazione con il main sponsor Azimut Capital Management, è dedicata soprattutto alla produzione più recente di Agostino Arrivabene. A Crema troviamo una selezione di trenta opere tra dipinti, disegni, studi preparatori e vanitas.

Perchè si parla di hybris? Partiamo dal lavoro che accoglie il visitatore di Superbia. Si tratta di un disegno, un autoritratto giovanile dell’artista nei panni di Odisseo. L’ambizione del greco è mal giudicata da Dante che infatti lo colloca nell’VIII cerchio dell’Inferno, non per la brama di conoscere l’inesplorato ma per il fatto che non abbia condiviso la scelta di un viaggio sempre più nell’ignoto con un tutore, una guida o semplicemente un compagno. La radice della sua hybris sta nella tracotanza solitaria dell’impresa.
Non è così per la pittura di Arrivabene che nei lavori esposti, e in tutta la sua carriera, ha diversi numi tutelari, ossessioni per opere incredibili della storia della cultura, sia di matrice artistica che letteraria, dove comunque l’evocazione immaginifica resta forte.
I versi della Divina Commedia sono guida dell’intero percorso al pianterreno del museo. Troviamo anche altre fondamenta letterarie, e nascoste nella costruzione delle immagini rievocazioni di mondi lontani tra loro, che per quanto riconoscibili dall’argonauta dell’arte, nel linguaggio dell’artista costituiscono un universo di coesistenze nuove. E’ un luogo direi cosmopolita quello ricostituito dal disegno e dalla pittura di Arrivabene, abitato da soggetti che ne rielaborano altri, di eterogenee provenienze geografiche e temporali.

Certo il Rinascimento di Arrivabene è quello toscano, dove il disegno gioca un ruolo primario nell’accoglienza del colore sul supporto, anche se l’apparizione di una visione interiore ricostituisce anatomie e composizioni con un tocco più austero. Ancora una volta le suggestioni affondano nella mitologia classica.
Ripenso ad Apuleio visto con gli occhi della crisi interiore, neoplatonica, del tardo Botticelli de La Calunnia, quando osservo le membra ben più “dannate” di uno dei dipinti più suggestivi e di ampio respiro dimensionale della mostra. Poi però, nella levità dei bruni e delle terre riscopro Annigoni e il grande, incredibilmente contemporaneo Odd Nerdrum, in chiave forse più grafica che rembranditiana.
Non mi soffermerò sulle complessità tecniche, sulle quali in tanti hanno già disquisito, se non per confermare quanto già detto sull’impossibilità di una rievocazione univoca, sul fatto che l’artista non si accontenta di elaborare una sola pratica. E’ capace di rifondare sul suo calibro simbolico discipline antichissime o moderne, come l’encausto a freddo e una sorta di monotipo in una fase pittorica.

Piuttosto preferisco portarvi di fronte al trittico Le due morti (2020- 2022), senza esaurire le informazioni sulle altre opere, da scoprire in visita al museo di Crema.
La trilogia si compone, da sinistra, dell’inedito L’inaudibile II, del dipinto che porta il titolo e da Usura. Sulle mura adiacenti vedete la tavola Purgatorio, Canto XI (I Superbi), preparatoria per L’inaudibile. E’ offerto all’occhio pubblico per la prima volta, insieme ad altri studi preparatori, iniziati nel 2018.
Le due morti è ipnotico, con la sua allegoria corporea che illustra una trasformazione non arrestabile, nella quale l’ambizione terrena perde consistenza. Il dipinto “poggia le sue fondamenta letterarie” sul sonetto 285 delle Rime, testo scritto da Michelangelo quando si rende conto di avvicinarsi alla morte. La sua essenza di artista si adombra nel ricongiungersi a quella pienamente umana, tormentata ma vana perchè non ha dato voce al mistero del divino. Si sta dunque preparando ad incontrare “duo morte”, quella del corpo e quella dell’oblio. In quella consapevolezza si ritrova anche l’abbandono della hybris, nel riconoscere che dopo di noi ci sarà qualcuno che potrà ancora, e forse meglio, continuare l’opera di creazione.

Forse i versi dell’amato Michelangelo tintinnano con maggiore eco ora, nella ricerca matura di Arrivabene. Le due personalità condividono una più affine condizione morale e intellettuale, nel riconoscere e allontanare la loro hybris con “coscienza dell’imperfezione dell’uomo al cospetto di Dio”, come fa notare la studiosa Elena Alfonsi.
Sempre nella comunione letteraria e visionaria l’Inaudibile traduce in immagine il canto del Sommo Poeta, dedicato alla Superbia, che l’artista riconduce alla condizione umana nella quale il peso della hybris schiaccia, opprime. La figura si rivolge al suolo di massi e steli d’erba inermi, fino ad ingrossare e aggrovigliare la psyché (anima).
Usura riporta invece alla poesia “tremenda” Contro L’usura, tra i Cantos di Ezra Pound. Essa accosta il tema, nel senso medievale del termine, ad artisti italiani come Piero della Francesca, Giovanni Bellini e Beato Angelico che non realizzarono le loro opere d’arte per “ vendere e vendere presto e per profitto”, peccato contro natura (…)”. Nel dipinto in esposizione due corpi si torcono su una pozza incandescente che ricorda un ricettacolo per la fusione dell’oro, come scrive Scaravaggi in uno dei testi del catalogo, a corredo della mostra. Sono rivolti al loro supplizio ctonico senza possibilità di fuga. Intrecciati nel tentativo di proteggersi ed esibendo un’anatomia irreale, ultraterrena.

Il ciclo pittorico dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri, continua lungo tutto il percorso di Superbia nella ricerca dell’equilibrio della triade tematica superbia-usura-vanità.
I tre valori contraddicono una tensione al bene secondo la chiave escatologica e cristiana, in una costante lotta interiore fatta di riconoscimento, confessione, riscossa e rinascita, appartenenti anche alla sensibilità umana contemporanea. La hybris è riflessione sull’espressione della Superbia nei suoi aspetti polimorfi dalla sua prima manifestazione, e verbo, dell’antica Grecia. Fino ai giorni sul colore e nella poetica recente di Arrivabene.
In altre opere del 2021 come Verbo, Il mio nous manifesto, La crisalide II e Contra mundum la meditazione sulla Superbia riconduce alla vanità e al narcisismo sempre attraverso al personale declinazione degli esempi di mitologia, religione, arte e letteratura.

Al piano superiore del museo, incontriamo gli albori della ricerca di Arrivabene.
Dalla fine degli anni Ottanta con i temi alla base della sua ricerca: la figura dell’androgino, la simbologia nel mito e la ripartizione dei soggetti in forma di trilogia. La pala lignea La custode dei destini (1987), emana rimembranze intime e famigliari, ed è per la prima volta offerta all’occhio pubblico. Presenti anche alcuni disegni a sanguigna, preziosi abitanti del regno metafisico dell’artista lombardo.
I lavori di Superbia corrispondono a tanti luoghi figurali sulle pareti del museo, trasformato in sede di magico trasporto nell’assoluto. Sussurrano, nelle diverse manifestazioni della hybris, un monito che l’artista rivolge anzitutto a se stesso, ma che si apre alla riflessione sul sistema dell’arte e di chi lo nutre.

Tempo fa una persona mi disse: Arrivabene è forse troppo esoterico. Io invece credo che il mistero non trovi mai soluzione di fronte ad un’opera. L’Arte, la Bellezza e “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, non sono in fondo la stessa cosa? Un labirinto nel quale perdersi è ritrovarsi umani, esseri complessi e per questo portatori di tormento e meraviglia.
Michela Ongaretti
Per maggiori informazioni sugli orari d’apertura https://www.culturacrema.it/eventi/mostra-superbia-nelle-profondita-dellhybris-opere-di-agostino-arrivabene/