Lucio Fontana e il suo Spazialismo all’Hangar Bicocca
Lucio Fontana per ancora pochi giorni all’hangar Bicocca con la mostra Ambienti/Environments. Il week end non è ancora iniziato quindi potrebbe essere una buona meta per chi è a caccia di esperienze nell’arte. Anche Artscore l’ha scoperta in extremis e ne è rimasto affascinato, consigliandola magari a chi è approdato in città per la prima fashion week del 2018.
Per chi si concede più o meno spesso un’immersione nell’arte, almeno una volta nella vita probabilmente vedrà una mostra dello sperimentatore Lucio Fontana. Vuoi perchè stiamo parlando di uno dei più grandi ed influenti artisti del ventesimo secolo, negli ultimi anni in cima alle classifiche delle quotazioni mondiali, vuoi perchè la sua produzione fu estesa e diversificata, presente oggi in diversi luoghi della cultura sul pianeta.
Ciò che conta nell’esposizione milanese curata da Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolí in collaborazione con Fondazione Lucio Fontana sono i concetti di spazio, luce, materia e vuoto per andare oltre ai confini solitamente assegnati all’arte e alla sua fruizione. Almeno per l’uomo del 1949, quando Lucio Fontana teorizza il Movimento Spaziale o Spazialismo. Sin da quell’anno mette in pratica l’idea di regalare al dipinto la terza dimensione, praticando buchi sulla superficie della tela, fino al arrivare al celeberrimo taglio del 1958. Ecco il suo Concetto Spaziale.
Spazialismo oltre le discipline
Lo spazio in senso fisico si accompagna nella sua poetica anche alla fascinazione di quello sidereo, e alle nuove scoperte scientifiche di quel periodo. Lucio Fontana è un artista che naturalmente andò oltre il bidimensionale in quanto scultore, ma continuò oltre i confini della pratica nella scelta dei materiali come cemento, vernice, il neon, la pittura fluorescente e fosforescente attivata con la lampada di Wood, e coinvolgendo quelli che allora erano considerati new media come la televisione. Dove? In ambienti di architetture esistenti o inglobando la ricerca ancora collaborando con architetti italiani dell’epoca, fra cui BBPR, Figini e Pollini, Marco Zanuso, Luciano Baldessari. Nasce così nel 1949 il primo “Ambiente Spaziale” che rende esperienziale la fruizione di un disegno dello spazio attraverso le luci. Molti altri se ne sono sviluppati negli anni, affiancando quelle che noi oggi chiamiamo installazioni alla genesi di altre opere pittoriche e scultoree.
Questa mostra raccoglie alcuni Ambienti di Lucio Fontana, che anticipano le ricerche di Light and Space, movimento nato negli Stati Uniti tra gli anni sessanta e settanta, e sperimentano la vernice fluorescente come in Italia fece Mario Agrifoglio in pittura con il suo proseguire nella Black Light Art, viva e vegeta seguendo le tematiche nuove di esponenti delle ultime generazioni.
Il visitatore proverà il vuoto e la luce intesi come mezzo per generare spazio con mezzi allora innovativi come la gomma, il neon e i suoi cambiamenti di colore, il pigmento fluorescente attivato da Lampada di Wood. E’ emozionante scoprire questa ricerca sull’effetto, ma per quanto le sensazioni siano comprensibili da tutti, non pensiate di entrare al luna park: sono frutto di uno studio pionieristico nato prima degli effetti speciali 3d, che va capito in quanto appartente alla storia artistica del secolo scorso.
Lucio Fontana Spazialista nel percorso all’Hangar
Sono due interventi ambientali e nove gli Ambienti Spaziali tra le navate dell’Hangar, che seguono l’ordine cronologico dal 1949 al 1968. Gli ultimi sono stati sempre smantellati dopo le esposizioni nei diversi musei e gallerie, l’unico ancora esistente è quello presentato alla Galleria del Deposito di Genova nel 1967, oggi di proprietà del Musée d’art contemporain de Lyon.
Ogni opera è presentata all’interno di una stanza ricostruita in base alle misure originarie, all’interno del quale “esperire” i temi ricorrenti della ricerca ambientale di Lucio Fontana in corridoi o spazi labirintici lo sfalsamento percettivo fisico e visivo dello spazio, avolte riduzione dei colori alla monocromia con la centralità della luce al neon o di Wood.
All’inizio del percorso è installata la Struttura al neon per la IX Triennale di Milano del 1951, mentre al termine, ad occupare l’intera altissima stanza dell’edificio industriale, vediamo Fonti di energia, soffitto al neon per “Italia 61”, a Torino. Come elementi scultorei luminosi a dialogare con il contesto sono soli tubi fluorescenti al neon.
La mostra “Ambienti/Environments” è il frutto della lunga ricerca attraverso i materiali rinvenuti negli archivi della Fondazione Lucio Fontana, che cataloga e promuove lo studio sull’artista dagli anni settanta. Esclusiva dell’Hangar Bicocca sono cinque Ambienti Spaziali presentati al pubblico per la prima volta dalla scomparsa dell’artista, possibile grazie al ritrovamento di materiale documentale inedito.
Opere in mostra
In ordine di apparizione si potranno osservare le seguenti opere di Lucio Fontana:
Struttura al neon per la IX Triennale di Milano, 1951,
Ambiente spaziale a luce nera, 1948-1949,
due strutture dallo stesso nome, Ambiente spaziale: “Utopie”, nella XIII Triennale di Milano, entrambe del 1964,
Ambiente spaziale, 1966,
Ambiente spaziale, 1967.
Ambiente spaziale con neon, 1967,
Ambiente spaziale a luce rossa, 1967,
Ambiente spaziale, 1967,
Ambiente spaziale in Documenta 4, a Kassel, 1968,
Fonti di energia, soffitto al neon per “Italia 61”, a Torino, 1961.
Lasciamo a voi la loro scoperta sensoriale prima della chiusura di domenica 25 febbraio 2018.
Michela Ongaretti