41 formelle in argilla emergono dalla penombra di una grande sala. E’ l’ultima produzione di Dario Ghibaudo, scelta per la prima mostra di CARLOCINQUE Gallery.
Ci troviamo in via dell’Annunciata 31, nel cuore del quartiere meneghino di Brera, dove sorge letteralmente la nuova galleria d’arte.
La vetrina invita al piano sottostante, esponendo un’opera di grandi dimensioni dell’artista a cui è dedicata la personale. In questa speciale occasione troveremo ad accogliere il visitatore la grande scultura in plastica riciclata Avis Nodatus (2022). Scendendo, siamo stupiti di trovare un ambiente così vasto, immerso in un’atmosfera raccolta, con un’illuminazione direzionata su ciascuna opera. In questo modo si ha subito l’idea dell’intero percorso di visita e siamo invogliati ad avvicinarci a quei piccoli mondi modellati in argilla bianca, rosa e rossa.
Di fronte al lavoro di Dario Ghibaudo si può restare a lungo, sia perché il potere evocativo dell’immagine ci attira in una dimensione simbolica e atemporale, sia perchè accorgersi della presenza di diverse componenti lontane tra loro attiva interrogativi e spinge alla perlustrazione dei dettagli. La costruzione delle scene risente infatti dell’assimilazione di varie tradizioni iconografiche, che portano ad un risultato originale, in un gioco combinatorio condotto secondo un gusto dotto e raffinato.
Non è la prima volta che il gallerista Carlo Cinque promuove lo scultore.
Alcune delle 41 formelle sono state rivelate al pubblico in occasione della personale presso il complesso monumentale di San Francesco, a Cuneo. Essendo una retrospettiva, la mostra curata nel 2022 da Carlo Cinque e Luigi De Ambrogi, con un testo in catalogo di Achille Bonito Oliva, si componeva di diverse opere realizzate negli anni, soprattutto sculture, con un “assaggio” di questi altorilievi. A Milano si decide di puntare tutto sulla serie esposta nella sua totalità, scelta per l’immaginifica narrazione e per l’innovazione linguistica nel percorso dell’artista. Forse anche per l’atipicità del formato, nuovo per il pubblico che conosce la produzione di disegni e sculture in materiali eterogenei.
Anche le 41 formelle fanno parte del Museo di Storia Innaturale
Il progetto a cui l’artista lavora dal 1990, in continuo accrescimento, è strutturato come un museo di storia naturale di stampo settecentesco, idealmente suddiviso in Sale. Ripartito per grandi argomenti di indagine “ironico-scientifica” come: Antropologia, Entomologia, Esemplari Rari, Botanica, Etnologia, Etnografia, Creature Meravigliose, Altorilievi…Un’immensa wunderkammer virtuale composta da opere reali. Eterogenea la scelta dei materiali: resina, terra bianca, porcellana,cemento, papier mâché, pietra e marmo; ancora gli inchiostri su carta tracciati direttamente col pennino, senza disegno preparatorio.
Indimenticabili le creature scolpite che si originano da ibridazioni genetiche e simboliche, mescolando tradizioni e memorie iconografiche, “con l’intenzione che l’anomalo venga piuttosto percepito prima che visto”. Se dunque l’indagine conduce al perturbante azionando nell’osservatore meccanismi di riconoscimento parziale, la stessa classificazione scientifica delle opere rivela l’ironia del gioco combinatorio. I soggetti e le loro metamorfosi evolutive riguardano in realtà il vero tema portante, la condizione umana, che anche attraverso una chiave di lettura ludica, non può che essere transitoria.
Nel suo peculiare eclettismo Ghibaudo mescola epoche e stili, dando vita ad un universo originale.
Troviamo più forte nelle ultime “sale” del Museo, il richiamo alla figurazione tardoantica, medievale e rinascimentale, fonte d’ispirazione anche per le 41 formelle di recente produzione (2021-22). La loro genesi prende spunto dall’osservazione di dettagli provenienti dai codici miniati o da particolari di affreschi del tre-quattrocento, quando il mondo conosciuto veniva rappresentato su un piano verticale e non reale, non potendo considerare la prospettiva, elaborata successivamente.
Scrive Achille Bonito Oliva: “L’arte di Dario Ghibaudo pratica una vera e propria opera di corteggiamento nei confronti dello spettatore, invitato ad entrare nel giardino delle delizie. Qui l’occhio erra impunemente, affascinato dal silenzio che lo circonda (…)”. In particolar modo sulla superficie delle formelle si configura un paesaggio possibile ma addomesticato, nel quale la tecnica sviluppata dall’homo faber non serve al puro virtuosismo ma alla (re)invenzione della realtà.
Le 41 formelle sono presentate in mostra seguendo la loro numerazione, secondo una logica che lascia immaginare la loro graduale realizzazione. Su ciascuna sono avvistabili quelle presenze mutanti al centro della ricerca scultorea o nei disegni, ma qui si indaga soprattutto il loro rapporto con il contesto.
Un paesaggio paradigmatico, silente perché atemporale e interiore, artificiale perché più che rappresentare riflette sul senso della rappresentazione e sul rapporto tra Uomo e Natura.
E’ interessante accorgersi che le piccole creature fantastiche hanno tutte una coda di pesce. Fanno comprendere qualcosa in più delle trasformazioni di tutto il Museo di Storia Innaturale. Sono accelerazioni evolutive e involutive, sullo stesso organismo, così il corpo mammifero mantiene un elemento acquatico per ricordare una possibile e nuova “regressione”, per dichiarare la sua origine e la sua instabilità, portando dolcemente, a mio avviso, verso riflessioni più esistenziali.
E’ già stato osservato come gli elementi delle scene testimonino una stratificazione iconografica, in particolare gli animali non si legano tanto alla tradizione cristiana né alle sacre scritture ma alla mitologia, così che del passato rimanga una traccia fluttuante, liberamente aperta ad “un già visto impiantato sul nuovo, su uno straniante contemporaneo”.
L’artista pensa anche ai marginalia, un riferimento concreto ai piccoli disegni colorati posti a lato delle pagine manoscritte.
Le scarse conoscenze portavano a descrivere un mondo immaginario e simbolico, a volte supportato, nell’esoticità dei racconti dei viaggiatori. Per i miniaturisti erano spazi di relativa libertà espressiva, incastonati indelebilmente nei capoversi e ai margini delle pagine, accanto al testo ufficiale. Racconto nel racconto, l’eccezione alla norma.
“Per me, trasformare, altrettanto liberamente, queste fresche e dense immagini in altorilievi, ne amplifica il senso straniante” dichiara Ghibaudo che ammette nello spazio della formella uno sviluppo prospettico parziale attraverso la tridimensionalità che genera ombre. L’artista altera così la percezione di chi guarda e sa cogliere i dotti riferimenti, ancora una volta giocando con una storia dell’Arte apocrifa.
In un momento storico come il nostro, nel quale diverse attività hanno sofferto per l’emergenza della pandemia, o hanno persino chiuso, è rincuorante apprendere dell’apertura di una galleria d’arte con un progetto ambizioso.
L’obiettivo di CARLOCINQUE Gallery è infatti quello di porsi come concreto riferimento e sostegno per gli artisti che tratta, valorizzando ricerche influenti del XX e XXI secolo. Sono previste solo mostre personali, che come nel caso delle 41 formelle avranno un allestimento studiato per esaltare il percorso e le singole opere.
Si può considerare la galleria un punto d’approdo dell’esperienza pluriennale del suo fondatore, che ha alle spalle l’organizzazione di numerose mostre in spazi privati e pubblici, sempre con grandi nomi del panorama italiano ed internazionale. La passione per l’arte contemporanea ha portato Cinque a costituire una sua collezione, dalla quale preziosi pezzi unici sono stati selezionati per la vetrina, mentre i locali interni erano in ristrutturazione. Dall’interesse per il linguaggio concettuale con lavori di Pier Paolo Calzolari, Gianni Piacentino, Salvo, Michelangelo Pistoletto, al valore simbolico ed iconico dei materiali esaltato da Giuseppe Spagnulo ed Emilio Isgrò, fino alla pittura misteriosa ed “eccentrica” di McDermott & McGough.
Il passaggio successivo è stato quello di rendere le ricerche amate disponibili all’incontro con nuovi collezionisti, attraverso esposizioni di ampio respiro e instaurando un rapporto diretto e continuativo con gli artisti.
Come leggiamo sul comunicato stampa l’impegno del nuovo spazio è “frutto di un ragionamento sul dibattito estetico, oltre che sulle tendenze imposte dal mercato”.
In quest’ottica, strategica per il valore di un artista noto e dalla ricerca matura e multidisciplinare, capiamo la scelta di inaugurare con Dario Ghibaudo. Il breve testo sul catalogo a corredo della mostra inizia però più di tutto con emozione: aprire la galleria “con questo ciclo di opere, ultimo e completo di Dario Ghibaudo, è meraviglia”.
Enzo Tessadori
Fino al 3 maggio 2023 ai seguenti orari: Martedì – Venerdì 15,00 – 19,00
e su appuntamento +39 02 91558394
Per maggiorni informazioni carlocinquegallery.com