Melancholia. Quando il cinema è l’arte dell’Apocalisse

by Giada Destro
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L'anomalia dei due pianeti prima dell'apocalisse- artscore.it
Testo a cura di Giada Destro e Michela Ongaretti

Melancholia arriva per distruggere, ma prima per stravolgere. “La terra è cattiva, non dobbiamo addolorarci per lei”. Diretto da Lars Von Trier e uscito nelle sale nel 2012 Melancholia è un film estremamente complesso, denso di livelli di contenuto e citazioni extratestuali. Un disaster movie psicologico senza lieto fine.

«In un film di James Bond ci aspettiamo che l’eroe sopravviva. Nonostante ciò può essere comunque emozionante. Ed alcune cose possono essere emozionanti proprio perché sappiamo cosa accadrà, ma non come accadrà. In Melancholia è interessante assistere a come i personaggi che seguiamo reagiscono quando il pianeta sta per raggiungere la Terra». Lars von Trier

Justine fugge dalla società, legata metaforicamente alla Terra, artscore.it
Justine in fuga radicata alla Terra inquieta
Cos’è la Melancolia? 

Il soggetto è Melancholia, che però su ammissione di Von Trier non è tanto la furia del pianeta che distrugge la Terra, quanto quella condizione mentale che prelude alla Fine, il malinconico-saturnino della tradizione alchemica, quello dell’incisione di Albrecht Dürer ( che misteriosamente non si vede mai nel film), di esegesi controversa. Tuttavia la narrazione segue un processo alchemico al contrario, nel senso che la rivelazione finale è la Melancholia stessa, impersonificata dal pianeta annichilente. E’ in corso la distruzione e il ritorno al piombo, non l’oro. 

Quello che nasce fin da subito è piuttosto il sentimento della Fine, che passa attraverso un meccanismo psicologico, affine alla depressione. Lars von Trier realizza una pellicola pregna di spunti e rivelazioni mediante quella sindrome affettiva che provoca un senso profondo di pessimismo e sfiducia nei confronti dell’esistenza. Il pessimismo cosmico a cui si aggrappa la melancolia paralizza e congela l’individuo, il quale non sarà più in grado di affrontare qualunque azione quotidiana.

Presagi astrali del disastro
Presagi dal cielo prima del disastro.
La preveggenza malinconica

Il distacco pratico dalla vita però scatena nel melanconico una sensibilità paranormale, un dono di preveggenza e di capacità di vedere al di là dell’ovvio. Nella tradizione ermetica infatti il malinconico-saturnino viene definito l’uomo di genio, ovvero chiunque fosse ritenuto poeta, artista o profeta. Colui in grado di leggere e sentire dentro di sé l’influsso degli astri e creare dunque un collegamento diretto tra microcosmo (corpo umano) al macrocosmo (universo).

Il regista basa la sua opera proprio su questi due concetti chiave raccontati tramite un unico simbolo: il corpo celeste Melancholia, che si schianterà irrimediabilmente sulla terra causandone la sua fine. “Mi stupisce che tu riesca a vederla, Antares” esclama il cognato di Justine, quando i personaggi guardano al cielo prima del matrimonio. La visibilità della stella che a metà vicenda è in coppia con la luna, (è l’anomalia che preannuncia i movimenti planetari), è possibile per la donna grazie al suo dono profetico. Non è all’inizio del tutto rivelato : incuriosisce che zietta Spezzacciaio si rifiuti di indovinare il numero dei fagioli nel gioco proposto al ricevimento.

Melancholia di Lars Von Trier, prologo- artscore.it
Melancholia. La prima immagine del film
Il trittico filmico

Il film è scandito in tre momenti, Prologo, Justine, Claire: ognuno di questi parla della “fine” da tre punti di vista differenti. Ogni sezione narrativa porta con sé il seme della morte e la simbologia sapientemente scelta dal regista appare lungo tutto il film per non farcene scordare. Misteriosamente, o con intento attivante sullo spettatore. L’incisione Melancholia aleggia sul film insieme ad altre suggestioni artistiche, insieme alle rivelazione della psiche delle protagoniste, a circondare e smontare tassello su tassello il senso della vita nei suoi rituali e nei suoi valori, inscenando la manifestazione moderna di una Melancholia che annuncia il pericolo e accoglie l’arrivo della distruzione totale.

Melancholia. Pioggia di polline. artscore.it
Pioggia di polline prima dell’Apocalisse
Prologo

Il prologo è il primo capitolo e presenta una sequenza di immagini prive di una narrazione lineare ma costituita da tableaux in slow motion che ci preannunciano gli avvenimenti della storia a cui assisteremo. Questo non pregiudica la curiosità dello spettatore che al contrario viene travolto da tensione e così disorientato prosegue nella narrazione mano nella mano con i personaggi principali, vivendo ogni emozione con loro. Il presagio di quella fine viene anticipato dall’arte, meta o extralinguistica. 

Nella primissima scena la figura della protagonista Justine appare quasi statica in un tableau vivant, circondata dal movimento rallentato della caduta, per morte immediata, di piccoli uccelli. E’ la Natura in disfacimento ( o annientata) che richiama la sua celebrazione poetica nel dipinto di Pieter Brueghel, I cacciatori nella neve, inquadrato in una lunga sequenza.

 Il dipinto I cacciatori nella neve di Brueghel citato nel film di Lars Von Trier
Il dipinto di Brueghel citato nel film di Von Trier

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Wagner stuggente

Questi tableaux vivant sono accompagnati dal preludio a  Tristano e Isotta di Richard Wagner, il primo di una lunga serie di simboli che connotano la pellicola. Nella prima parte del film ogni immagine e suono ci preannunciano quella fine. 

L’amore di Tristano e Isotta è la dimostrazione di una realtà superiore, l’Universo, che trascende la volontà umana e diventa un mezzo per raggiungere la consapevolezza. L’opera di Wagner è stata infatti definita anche un dramma religioso, che può condurre ad una conversione una consapevolezza spirituale superiore. Anche il dramma musicale è diviso in tre atti come il film, la colonna sonora diviene così parte inscindibile dell’opera filmica.

Melancholia, Lars von Trier sul set con gli attori- artscore.irt
Melancholia. Il regista sul set con gli attori
Le sorelle filmiche

La seconda parte del film è divisa in due capitoli: Justine (Kristen Dunst) e Claire (Charlotte Gainsbourg). Ruota attorno al rapporto conflittuale fra le due donne mentre la Terra è minacciata dalla collisione con il pianeta Melancholia.

Se nella prima parte il tono del racconto voleva essere suggestivo e prettamente simbolico, nei capitoli successivi si fa invece volutamente pessimista. Lo sconforto dei protagonisti e la depressione di Justine sono rese grazie a una direzione della fotografia cupa con predominanza di situazioni buie, i colori desaturati e i movimenti di camera a mano veloci e repentini accentuano questa dimensione di disagio che diverrà frustrazione e arresa nell’ultima parte del film, quando la scrittura registica rallenta portandoci nella dimensione dell’attesa e accompagna verso la “fine” le due protagoniste.

Melancholia, Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg- artscore.it
Melancholia. Le sorelle Justine e Claire
Alchimia e femminismo 

Nel personaggio di Justine, nella sua trasformazione, si tratteggia per certi versi un sentore di femminismo intersezionale, che sia o meno volontario da parte del regista. La donna è a tutti gli effetti una outlier, un’anomalia per un sistema di valori, messi in discussione. Non ne percepisce più il senso, tantomeno il fascino, in un momento in cui si moltiplicano le sue insistenze: tutto il rituale, tutto l’insieme dei legami ( famigliari, professionali, romantici) e di senso della felicità comuni sono per Justine letteralmente la Morte, da quando la sua anomalia ha incontrato quella cosmica. 

Solo che la sollecitazione si fa parossistica tra le aspettative della sorella Claire, gli avvertimenti della madre, e la delusione per l’abbandono del padre: una famiglia di “squilibrati” che non la può consolare. Ci si mette pure il lavoro: anche quella notte è un obbligo dimostrare in continuazione il proprio valore in un mondo dai valori non condivisi. E’ come essere uno straniero in qualunque contesto sociale. E’ lo straniamento che conduce alla preveggenza, per questo al matrimonio è lasciato così tanto spazio d’azione; perchè è la nigredo dell’alchimia, la trasformazione psichica che in una notte di obblighi disattesi termina in Melancholia. Per il capo, per la sorella e per tutti il matrimonio è come una cospirazione in nome della felicità, amorosa, professionale, è come una storia cucita su di lei e a cui lei si ribella.

Melancholia, la preveggenza della Come nel dipinto Ofelia di Millais- artscore.it
La preveggenza della sposa, come Ofelia
Justine o l’intuito dell’arte

Von Trier semina questo capitolo di allegorie alla depressione melanconica, qualcosa di terribile sta per accadere. Justine si rivela testimone consapevole quando cambia nella biblioteca i libri d’arte contemporanea esposti da Claire. Sceglie di sostituirli con quelli dedicati all’arte del passato, tutti presentano opere simbolicamente legate alla morte. Questo passaggio è il più enigmatico del film ed è proprio attraverso l’arte, il genio, che Justine racconta la sua preveggenza. 

Il primo libro ad essere esposto contiene un dipinto di Bruegel, i cacciatori nella neve. L’arrivo dei cacciatori a un villaggio tranquillo è presagio di morte esattamente come nel film il pianeta alieno minaccia la vita. La seconda opera è la più volte citata Ofelia del preraffaellita Millais. Così come la protagonista dell’opera di Shakespeare, Justine si ritrae dal matrimonio, si abbandona alla sua follia, guidata da Melancholia verso una consapevolezza depressiva, che in seguito la investe di un’aura ultra-terrena. Le due donne hanno in comune dunque l’estasi della morte, avvenuta o prevista. 

Estasi e godimento sono pure nell’altra citazione a Bruegel, Il paese di Jauja. Troviamo 3 uomini in estasi dopo un’abbuffata. L’unico sveglio è l’intellettuale, vicino al quale possiamo trovare un manoscritto contenente tutte le verità. La quarta immagine rappresenta il bramito di un cervo  alla luna (Cryn’ Deer di Carl Fre-dik hill), come un poeta malinconico. L’ultimo quadro è di Caravaggio, Davide con la testa di Golia: autoritratto e preveggenza della propria morte. 

La Melancholia di Dürer, è citata nel titolo e mai inquadrata nel film. Il riferimento alchemico è il nodo del collegamento extratestuale poiché la Melancholia è intesa dal regista come atto creativo/generativo che muove alla rivelazione di una verità: Justine non a caso è una creativa, sensibile all’esistente ma anche in relazione con una realtà superiore e inaccessibile agli altri.

Due sorelle e un bambino aspettano la fine del mondo. Melancholia- artscore.it
Melancholia. L’ultima famiglia
Claire o della Ragione

Nel capitolo dedicato a Claire infatti viene raccontata esplicitamente questa incapacità comunicativa tra le due sorelle, che simbolicamente rappresentano la razionalità (Claire) e la creatività (Justine), intese come approccio alla vita. Fin qui troviamo da una parte una donna rigida, caparbia, dedita alla famiglia, dall’altra una persona che non accetta le imposizioni esterne e fugge dai rituali per seguire il suo istinto. 

E’ sempre la biblioteca il luogo di passaggio, quando al risveglio Justine viene portata a passeggiare a cavallo dalla sorella, e dove la Natura letteralmente inizia a bloccarsi. Il cavallo sa di dover morire e lo trasmette alla ragazza che vedrà con chiarezza il destino, passando dal calvario della depressione invalidante, alla successiva adesione panteistica. Claire inizia in quel momento la sua trasformazione. 

La sua rinuncia, nel non credere al marito ottimista, non è al romanticismo, ma proprio alla ragione, per come viene trasmessa da un sistema di valori patriarcali. Quel “sentore” è in questo passaggio ancora più avvertibile, così Claire trova la sua ragione per proprio conto, anche se non se ne dà pace perché comprende quanto sia incontrollabile il suo mondo. Il marito con la sua scienza non sussistono più letteralmente, perchè quando capisce di aver sbagliato i suoi calcoli decide di porre fine alla sua vita. Sono due sorelle e un bambino, per tradizione l’infanzia è uno stato di rivelazione, ad arrivare alla Fine.

L'apocalisse di Melincholia- artscore.it
L’arrivo di Melancholia
E ora l’Apocalisse

Claire cerca di aiutare la sorella in tutti i modi possibili, ma dopo aver scoperto dell’avvicinamento di Melancholia, dopo la frantumazione di tutte le sue certezze, cadrà nell’angoscia. Sarà Justine con una calma disarmante ( e disarmata) a prendersi cura della famiglia.

676. I fagioli nel barattolo. “Io so le cose”. La sposa aveva già sviluppato doti divinatorie ed ora si trova in tutt’uno con la Natura in disfacimento, in estasi sotto la luce del messaggero Antares.

La metafora dell’apocalisse è l’esternazione di un male che ora non è più solo di un soggetto, ma condiviso con il mondo. Ed è questo che succede nell’arte: l’opera è “apocalittica” nel manifestare una visione che unisce il razionale all’irrazionale, dopo la gestazione “melanconica”. Nel finale Troviamo Justine padrona di sé, mentre il pianeta sta per essere distrutto. Siamo di fronte forse a quello che possiamo chiamare “sublime psicologico”, la sofferenza si placa con l’arrivo di un evento tragico. Come nei lavori di Friedrich e Turner o come Ofelia, Justine si abbandona all’inevitabile, alla forza della natura/universo/amore e trova il suo compimento personale.

Estasi sotto i raggi di Antares, Melancholia di Von Trier
L’estasi planetaria

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