Big Eyes. Il talento abusato di Margaret Keane secondo un insolito Tim Burton

by Giada Destro
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Big Eyes, una scena del film di Burton- artscore.it

Big Eyes è un film biografico che indaga i terreni dell’arte degli anni ’60, solcando strade e territori che in quel periodo storico divennero fondamenta della contemporaneità. Big Eyes, pellicola del 2014 diretta da un insolito Tim Burton, racconta la storia vera di Peggy Doris Hawkins, meglio nota come Margaret Keane (Amy Adams) i cui dipinti vennero resi celebri dal suo secondo marito da cui prende il nome.

 

Big Eyes. Il talento abusato di Margareth Keane. 5- artscore.it

Big Eyes. Amy Adams in una scena con il cameo di Margaret Keane

 

Alle Donne: «Andate e lasciate che le storie, ovvero la vita, vi accadano, e lavorate queste storie della vostra vita – la vostra, non quella di qualcun’altro, riversateci sopra il vostro sangue e le vostre lacrime e il vostro riso finché non fioriranno, finché non fiorirete.» Clarissa Pinkola Estès

 

Burton atipico

In questa pellicola troviamo diverse tematiche, tasselli che ne compongono la vicenda stessa: insicurezza di Margaret Keane, narcisismo di Walter Keane, ricerca di espressione della prima e desiderio di fama e ricchezza del secondo, misteri del legame amoroso, scenario sociale degli anni ‘60, plagio artistico e morale. Burton decide di descriverle mettendo da parte il suo stile registico. Sono dunque tasselli impersonali, raccolti e distribuiti come semi che contengono il potenziale di una rivendicazione socioculturale.

 

Big Eyes. Margareth al lavoro- artscore.it

Big Eyes. La serrata produzione di Margaret Keane

 

Tratto da una storia vera

Walter Keane (Christoph Waltz) conosce la sua futura moglie in una domenica pomeriggio soleggiata durante una fiera d’arte di città. Non ci volle molto per accorgersi di che stoffa fosse fatta quella donna timida dal grande talento pittorico. Così i due si innamorarono grazie alla condivisione di una grande passione: la pittura.

Ciò che in questa storia dai sorprendenti risvolti traspare è che per i coniugi Keane il collante fu un rapporto di ricatto emotivo, e non di ricerca artistica profonda. Walter sognava di essere un pittore alla stregua dei più grandi rivoluzionari parigini del primo ‘900. Il desiderio lo accecava tanto da acquistare quadri di altri e falsificarne la firma con il suo nome, ma questo Margaret lo saprà molto tempo dopo.

 

Big Eyes, scena del film 4- artscore.it

Big Eyes. Ricatto artistico e coniugale

 

Fu proprio questa scoperta che la porterà ad allontanarsi da Walter. Comprese che la promessa su cui si era basata la scelta del loro matrimonio ovvero la condivisione di una vita “nell’arte e per l’arte”, il desiderio di una lotta per il riconoscimento artistico (e dunque della propria anima) fu tradito dal desiderio di Mr. Keane di raggiungere il successo e la fama sociale che ne derivano. In questo concatenarsi silenzioso di intenti i due amanti intrecciano le loro speranze in un gioco di forze solidale, alla crescita del fenomeno Keane.

Lui la conquista non solo grazie alla sua “messa in scena” del pittore insicuro e incompreso ma dandole quella garanzia economica di cui lei ha bisogno per non perdere l’affidamento della figlia. Lei al contempo infonde in lui coraggio ed entusiasmo. Finalmente entrambi si sentono visti, compresi, accolti e avvalorati.

 

Big Eyes. L'artista nello studio- artscore.it

Big Eyes. La pittura di Margaret Keane nel film di Burton

 

Un fenomeno di cultura di massa

Così Margaret continua a dipingere centinaia di quadri, i cui soggetti divennero un fenomeno culturale degli anni ’60: gli Orfanelli, bambini dai grandi occhi neri spesso accompagnati da teneri animali domestici. Dipinse anche donne, anch’esse caratterizzate da uno sguardo amplificato e vuoto, enormi buchi neri di cui Walter astutamente si appropria non appena si accorge dell’interesse che riscuotono nelle persone.

Alle spalle di Margaret si pavoneggia autore indiscusso. Grazie alla sua dote di venditore in pochi anni riesce a far diventare quell’immagine iconografica tanto da produrre il primo merchandising della storia dell’arte contemporanea. E’ significativa la scena di Big Eyes in cui troviamo le corteggiatrici di Walter lusingarlo e affermare che lui è meglio di Andy Warhol. Stampe di manifesti rappresentanti le opere degli Orfanelli invasero gli Usa, arrivando anche a casa Burton.

 

Big Eyes. Lo studio della pittrice - artscore.it

Big Eyes. Moglie e marito nell’atelier della pittrice

 

Fu solo negli anni ‘70 che Margaret rivendicò la sua arte ribellandosi agli inganni di Walter: il tradimento morale e artistico fece crollare tutto il teatrino per il quale lei aveva scelto di recitare. Inizia così a ristabilire un contatto con se stessa, dipinge nuovi soggetti nella speranza di ritrovare la sua individualità artistica. Portò così in tribunale Walter e vinse la causa dipingendo in meno di un’ora un quadro, lì in aula, dimostrando a tutti la paternità delle sue opere d’arte.

Sulla tecnica non si mente, e fu proprio questo a mettere sempre in difficoltà Walter, gran venditore ma pessimo conoscitore delle tecniche artistiche. D’altronde non è mai stata la sua chiamata alla vita quella di creare arte, piuttosto usarne la grande forza intrinseca per trarne il maggior profitto possibile.

 

Big Eyes nel film di Tim Burton. artscore.it

Big Eyes. La pittura di Margaret Keane nel film di Tim Burton

 

 Un paradosso di sguardi

Margaret passa le giornate chiusa nel suo studio a dipingere quadri dai grandi occhi. Le scene in cui il regista ci racconta di questi momenti di raccoglimento sono le più intime e toccanti di Big Eyes. Le scenografie e i costumi perfettamente ricreati riportano indietro nel tempo, ci fanno sentire la solitudine e la tenacia di una donna che coibenta il suo animo fragile di pennellate macabre, nonostante i soggetti teneri che pescano da immagini dell’infanzia. Il suo sguardo costretto entro quattro mura si apre al mondo grazie al grande successo che, come lei stessa afferma, arriva attraverso le abilità di venditore di suo marito.

 

Big Eyes. L'artista Peggy Doris Hawkins- artscore.it

Big Eyes. Peggy Doris Hawkins, nota come Margaret Keane, tra due sue opere

 

Quel che non riesce a dire a parole lo concentra tutto nelle pupille dei suoi soggetti: il nero accoglie tutta se stessa, una culla in cui rifugiarsi. Animosa la scelta di un’arte figurativa proprio negli anni (‘50/’60) in cui la ricerca artistica tendeva all’astrattismo, al materico e al gestuale. Sicuramente questi sono gli anni in cui nasceva la pop art con la sua figurazione e la Keane ne è in qualche modo co-partecipe. Il desiderio di allontanarsi da un’arte elitaria per abbracciare il cambiamento socio-economico e soprattutto una cultura di massa fa si che i suoi dipinti diventano simbolo di una abolizione dei confini culturali dati da una stratificazione sociale rigida e da quelle responsabilità morali di cui in particolar modo gli Stati Uniti ne erano portavoce sostanziali. 

 

Big Eyes. L'ossessione di uno stile- artscore.it

Big Eyes. La persecuzione dello stile

 

Così le case degli americani, gli esercizi pubblici, le strade e le gallerie d’arte pullulavano di grandi occhi, come un Grande Fratello cieco nell’intimità di una società nel pieno del cambiamento.

Big Eyes dal profondo

Margaret ripone tutta la sua esperienza nei suoi dipinti. Al contrario di quel che si potrebbe pensare i suoi lavori non sono mai ruffiani, leziosi ma racchiudono l’intera emotività di una donna che trova sollievo e gratificazione comunicativa nel dar vita a personaggi che ricalcano tutto il suo sapere del mondo. Lei dipinge quel che sa. Principalmente sua figlia, che ritroviamo in tutti i suoi primi quadri. Ma anche le sue sofferenze di bambina, la malattia che l’ha costretta alla sordità e condotta attraverso la scoperta della vita affidandosi unicamente alla vista. Ed ecco i suoi grandi occhi, unici strumenti per comunicare i moti della sua anima. 

 

Big Eyes. Una scena del fiilm 3- artscore.it

Big Eyes. Madre e figlia

 

“È personale l’arte” dice, ed è proprio questa sua profonda identità che la salverà dall’inganno frutto della ricerca di un alleato che potesse salvarla dalla sua fragilità e insicurezza. 

“La creatività viene da dentro” dice alla figlia, testimone della sua verità e alleato sincero contro il raggiro di Walter.

Questi Big Eyes sono il suo esclusivo battello comunicativo; nelle tele vediamo lei stessa con le sue esitazioni e nomadismo emotivo. Cerca un porto sicuro, illusa di poter trovare quella quiete ambita, quella dimora calda che possa farle dimenticare le sofferenze. Ma la salvezza non arriva mai dall’esterno. Non è il pontile su cui attracchiamo a donarci garanzie ma bensì il mare impetuoso che sappiamo navigare nonostante il mutare delle maree, gli scogli imprevisti e l’infinito di una distesa d’acqua che ci fa perdere lo sguardo in un apparente vuoto.

 

Big Eyes. Il collezionista Olivetti scopre Keane. artscore.it

Big Eyes. Il collezionista Olivetti scopre Keane in una scena del film

 

Art victim

Margaret nella rilettura di Burton appare innanzitutto come una donna abusata. E’ sottomessa alle decisioni di un marito istrionico (in tutto e per tutto) tanto da non aver il coraggio di dire al primo grande collezionista Olivetti che è lei l’autrice del quadro esposto, cede all’inganno morale e pubblico rinunciando ai suoi diritti. Sceglie di sacrificarsi pensando di fare del bene alla famiglia, a sua figlia, dandole sicurezza economica e un futuro di certezze. 

Intenerisce scoprire come tutt’ora lei difenda Walter, in cuor suo forse sa che da sola non avrebbe avuto quel bramato coraggio di affrontare un mondo così ostile. Con Big Eyes il regista ci racconta di una vicenda umana e artistica coabitata da contraddizioni e limitazioni di un ambiente e periodo poco propensi a premiare le donne.

 

Big Eyes, una scena del film di Burton- artscore.it

Big Eyes. Il talento abusato di Margaret Keane. Una scena del film

 

Margaret sceglie per lungo tempo di assecondare le menzogne: “Noi siamo sposati, i segreti non sono contemplati. Quello che facciamo si chiama plagio” dice Walter, “Lo so!” risponde lei. La forza di questa donna risiede proprio nella sua consapevolezza, nella conoscenza del suo limite che piano piano ha visualizzato, accettato e poi superato trovando il coraggio di lasciarsi trasportare dalle correnti della vita, in quel mare che forse così spaventoso non era più.

Uno stile lineare

In Big Eyes il regista abbandona ogni sua peculiare caratteristica per lasciare spazio all’arte della Keane. Tutto è estremamente lineare, Burton mette da parte il suo sguardo visionario per il distacco della cronaca, la programmaticità del documentario e si getta nel mondo delle biopic di facile consenso.

 

Big Eyes. Amy Adams con Margareth Keane. artscore.it

Big Eyes. L’attrice e l’artista

 

Le interpretazioni meritevoli degli attori non sono sufficienti a rendere giustizia a questa storia. Big Eyes purtroppo si è perso nel qualunquismo stilistico, sorvola appena le tematiche sul percorso introspettivo di Margaret, le contraddizioni e le paure che la portarono a scegliere di essere soggiogata e complice di una truffa. Il film perde così l’occasione di essere una di quelle pellicole intimiste che hanno il privilegio di essere il prolungamento delle grandi persone di cui ne raccontano le vesti, i vissuti, le speranze perdute e le conquiste ambite.

 La Donna Selvaggia

La vicenda di Big Eyes si ambienta non a caso nei favolosi anni ’60, non solo per la novità del multiplo, ma anche perché si inizia a mostrare maggiormente il lavoro di artiste donne. E’ proprio in questo decennio che possiamo riscontrare i primi studi pioneristici e attenzione critica su alcune figure femminili.

 

Big Eyes. La stanchezza dell'artista- artscore.it

Big Eyes o il talento abusato. Margaret si addormenta mentre dipinge

 

Artiste come Artemisia Gentileschi, Frida Khalo, Tamara de Lempicka, Tina Modotti ma anche muse come Gala per Dalì o Jeanne Hébuterne, iniziano ad essere osservate con spirito critico, analitico e redentorio. Ma ancor oggi la Donna nel mondo dell’arte, e non solo, deve dimostrare il suo “valore” nuotando costantemente controcorrente. Lo riporta anche una ricerca di Kooness (fonte Artribune) che riporta alcune statistiche del 2020 non trascurabili: gli artisti maschi campionati nello studio guadagnano il 24% in più delle colleghe. Ma a stupire sono i commenti da loro rilasciati ovvero che l’impressione è che gli artisti uomini siano più bravi, solidi e affidabili delle artiste donne. Questo dimostra come le dinamiche distorte di genere siano ancora un fardello che il mondo dovrebbe ridistribuire con generosità.

Giada Destro

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