al Museo civico Luigi Varoli di Cotignola e FAR Fabbrica delle Arti di Rimini
di MICHELA ONGARETTI
Mattia Moreni, Nicola Samorì La disciplina della carne: due mostre al Museo civico Luigi Varoli di Cotignola e alla FAR Fabbrica delle Arti di Rimini.
Ad inizio dicembre in terre di Romagna si è inaugurata una mostra fuori dal comune, che credo si farà ricordare a lungo. “La disciplina della carne” a cura di Massimiliano Fabbri e Massimo Pulini,mette in scena l’opera di due artisti di notevole importanza nel panorama italiano: Mattia Moreni e Nicola Samorì. Non parliamo di una bipersonale ma una “doppia ” esposizione che confronta due visioni legate in maniera diversa alla fascinazione materica, dipinti e sculture presenti contemporaneamente in due luoghi: il Museo civico Luigi Varoli di Cotignola e la FAR Fabbrica delle Arti di Rimini.
Gli artisti appartengono a due generazioni diverse, hanno percorso strade separate che per molti occhi appaiono lontanissime, inconciliabili, ma che per i curatori possono essere analizzate e apprezzate sotto la stessa luce: quella della loro incessante sperimentazione con la pittura e sulla pittura, sulle possibilità e i limiti di un linguaggio inteso come primario e insostituibile per la sua capacità di generare immagini potenti che sappiano scardinare una visione abitudinaria, pur facendo tesoro di una tecnica che affonda nella tradizione, a cavallo e mediante lo scontro tra la riflessione lucida e il gesto violento, di slancio romantico.
La materia, la carnalità, il colore fanno parte della stessa ossessione che si è rivelata un metodo e un marchio di stile nella forzatura di una disciplina portata all’eccesso nella sua sostanza, per condurci sul ragionamento metalinguistico dell’opera.
L’esposizione si compone di due sezioni distinte, una al Museo Varoli e una al Far, dove in entrambe le sedi vediamo le opere di entrambi gli artisti, messe vicine per evidenziare contrasti e differenze, chiare nell’aspetto formale, non disgiunte da affinità e punti di contatto intellettuale, di concetto alla base degli intenti, come indica Fabbri ” in questa carne e pasta pittorica sensuale, e nella disciplina del gesto e tecnica che prova ad addomesticare la belva”. Sono oltre sessanta dipinti con alcune sculture; il percorso ambizioso pone quindi anche un confronto su potenzialità ed esiti di queste due discipline, la seconda intesa come estensione della prima nella sua logica materializzazione.
I luoghi che accolgono il progetto sono anch’essi molto differenti, ma riescono a rendere nella loro struttura peculiare l’organicità del progetto espositivo: a Cotignola vediamo gli autoritratti di Moreni e le Marilù in dialogo diretto con i volti scorticati di Samorì, e una sala di disegni dove emerge una forte similitudine segnica ; a Rimini è stato possibile presentare opere di grandi dimensioni come alcune teste monumentali di Samorì, i suoi teatrini dipinti e gli spettri di santi secenteschi, con le baracche, i cartelli e le angurie di Moreni.
Si gioca abilmente e senza sosta con la duplicità nelle poetiche degli artisti, nelle sedi, nelle discipline. E’ il filo rosso che accompagna il visitatore in un viaggio su binario, tra velature e pastosità, razionalità e sragione, composizione e disfacimento, o semplicemente un non pacificato dialogo tra natura e Cultura, in costante battaglia.
Mattia Moreni era nella pittura e nella persona una rappresentazione dionisiaca e impetuosa, ” satiresca e luciferina” secondo le parole di Massimo Pulini, le cui opere sensualmente gonfie di colore paiono rifarsi costantemente ad una pratica erotica, mentre Nicola Saporì appare preciso e cerebrale, filosofico e lontano da una fisicità esacerbata, ma nella sua raffinata minuzia, nei suoi lavori intrisi di bellezza antica affiora un desiderio feroce di dissoluzione, un lesionismo materico attuato con la precisione di un bisturi sui sette strati della sua pittura, come sulla pelle umana. I due si incontrano qui, in questo “epicentro carnale”.
FAR e Museo Civico Luigi Varoli di Cotignola sono due realtà molto attive nell’ambito delle arti visive non soltanto in Romagna, il primo noto per la Biennale del Disegno, il secondo protagonista del progetto Selvatico, una rete tra luoghi persone, artisti e collezioni museali, una mappatura di diversi ambiti e discipline, autori di varia provenienza interessati a piani espositivi dialoganti con la memoria storica delle location ospitanti.
Questi autori spesso si trovano ad operare in una veste straordinaria, per presentare punti di vista nuovi su una tematica, ad esempio come curatori. In questo senso “La disciplina della carne” è germinata da Selvatico dato che Samorì e Moreni sono senza dubbio parte di questa mappa sulla pittura contemporanea, dove l’artista vivente legge l’operato dello scomparso non solo come co-protagonista, ma come co-curatore: viene coinvolto nella ricerca e negli orientamenti progettuali, soprattutto nella selezione delle opere.
Una scelta volutamente arbitraria, da parte di chi ha osservato a lungo le opere di Moreni con una tesi di laurea sui suoi ultimi dipinti, e funzionale al percorso espositivo, alla narrazione di questo labirinto a doppia entrata, intrecciandola progressivamente all’universo di Samorì.
Il prezioso catalogo a corredo della mostra, stampato dalle Grafiche Morandi di Fusignano, presenta una campagna fotografica di Daniele Casadio nello studio dei due artisti, che non si sono mai incontrati ma che attraverso le loro opere hanno raccontato un momento condiviso.
Da non perdere: per il potere ipnotico della materia pittorica di due grandi artisti.