The Danish Girl costruisce scena per scena una possibile e profonda risposta ad un quesito. Cosa succede quando è l’arte a plasmare un’identità e non l’Uomo a decidere di che forma dovrà essere un’opera d’arte? L’essere umano, impotente e incredulo, lascerà che la forza dell’arte lo persuada e riveli la sua più profonda essenza.
The Danish Girl è un film che parla di arte, donne, amore e coraggio. Una storia intensa ed emozionante, di rassegnazione e rinascita ma soprattutto di creazione e modellazione: la pittura e l’amore sono complici inseparabili di una storia coraggiosa che non lascia indifferenti.
Oltre le convenzioni
The Danish Girl, diretto da Tom Hooper è un film del 2015 liberamente ispirato al romanzo autobiografico Man into women (raccolta di lettere e confessioni pubblicato postumo). Narra la storia dell’artista Einar Wegener, il primo transgender della storia a sottoporsi a numerosi interventi chirurgici, e di sua moglie Gerda Gottlieb, pittrice ritrattista.
Siamo negli irrequieti anni ’20, più precisamente in una Danimarca “all’avanguardia”. Incontriamo fin dalle prime scene una coppia di coniugi al loro massimo splendore: complici e genuini vivono della loro arte in un lussuoso appartamento di Copenaghen. Gerda è invitata a tutti gli eventi mondani ai quali partecipa con entusiasmo e allegria, Einar invece non è mai a suo agio tra la folla. La coppia si distingue per la sua unicità, la loro unione è forte e luminosa, i loro sguardi profondi e densi di segreti. Nel privato il loro sodalizio è un intreccio di intimità, giochi, arte e individualismo. Il loro legame non si esaurisce nel supporto reciproco ma si fa garante di una crescita personale, sia artistica che privata, come vedremo più avanti. Einar è un paesaggista di grande successo. Gerda una ritrattista poco considerata fino a quando non iniziò la serie di ritratti di Lili.
Oltre i confini del proprio io
“Divento come mi vedi, tu mi hai fatta bella, e ora mi fai forte… Quanto potere c’è in te.”
La fortunata produzione artistica arriva quando Gerda chiede ad Einar di travestirsi da donna per posare come sua modella. È in questo preciso momento che Einar concepisce Lili. In The Danish Girl metaforicamente la fecondazione è avvenuta attraverso l’arte; Gerda con il tocco del pennello ha dato dapprima vita a una idea timida e successivamente alla forma tronfia di Lili. Le linee, i colori, le sfumature, la scelta delle pose, tutto concorre nella creazione identitaria di un nuovo Essere: Einar soffre perché costretto in un limbo dove l’immagine che ha di sé non rispecchia né quella che gli altri hanno di lui né la conformazione del suo corpo. Soffre per l’impossibilità della sua anima di risplendere della sua luce naturale.
Oltre la seduzione
Inizialmente fu un gioco erotico, a cui Gerda decide di partecipare con entusiasmo (senza escludere qualche titubanza iniziale). Einar assuefatto dalla sensazione delle sete sul suo corpo si veste con gli abiti della moglie facendosi trovare con sorpresa a casa, pronto a posare per lei.
Poi un giorno decisero di attuare una messa in scena beffarda durante una festa, alla quale Gerda avrebbe partecipato con Lili, presentandola come la cugina di Einar. Fu proprio in questa occasione che la situazione prese una direzione ben precisa: Lili si lascia corteggiare da uno scrittore omosessuale e Gerda li coglie in fragrante in un bacio appassionato.
Oltre il tradimento
Gerda, Heinar e Lili: “Il matrimonio la unica vera cosa augurabile nella vita ciascuno”
Einar non sembra voglia scusarsene, e perché mai? È stata Lili a baciare Hans Axgil, non lui. Gerda si sente tradita e umiliata ma lascerà che la determinazione e il coraggio lavorino in lei per darle la forza di non abbandonare l’Amore. L’arte giocherà un ruolo importante in questo scenario: è proprio dal gesto pittorico di Gerda che Lili prende vita e trova spazio nella vita reale. In The Danish Girl vediamo due donne che instaurano una nuovissima sintonia diventando amiche. Ma non solo.
Gerda esorcizza il suo dolore e alimenta il bene verso l’uomo che ama e l’amica per cui combatterà molte battaglie. Abbandona così il ruolo di moglie per quello di Donna in senso più arcaico e ancestrale. Non mancano i momenti di fragilità, ma d’altronde anche questo fa parte dell’essere Donna ed è proprio in quei momenti che trova la forza di non abbandonare Einar e Lili.
The Danish Girl. Oltre ai ruoli
Gerda è la vera protagonista della pellicola, il “Creatore” e il “Testimone” universali della vita del primo transgender della storia. Tenace e sensibile allo stesso tempo, la vediamo durante i 120 minuti vivere in prima persona tutte le fasi evolutive di Lili tanto da anticipare sul suo volto tutta l’intimità e l’umanità della sua nuova amica. Meritato dunque l’Oscar (e non solo) come miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander che ha saputo vivere attraverso la sua eccellente recitazione tutti i turbamenti emotivi e le metamorfosi di Lili.
Nella realtà The Danish Girl, Gerda, si occupava di libri illustrati, riviste di moda e non disdegnando vignette a tema erotico. Si può dire dunque che questa donna dal pensiero molto aperto è stata in grado si seguire i grandi cambiamenti della sua epoca accogliendo tematiche tabù non solo nella sua arte, ma anche nel suo privato. Forse i due coniugi hanno saputo, al di là delle convenzioni sociali e relazionali, compensare a vicenda le mancanze dell’altro anche scambiandosi i ruoli uomo/donna senza nascondersi dietro la paura del giudizio e in nome dell’Amore nel suo significato più universale.
Oltre la ricerca sul soggetto
Lili Elbe nasce figurativamente nella pellicola attraverso l’arte. Non solo. Il collegamento con la pittura non si esaurisce nel mero gesto pittorico, ma va cercato più in profondità nella scelta dei soggetti pittorici. Di Gerda abbiamo già parlato a lungo, abbandona i ritratti su commissione per dedicarsi alla creazione di un “alter ego” che diverrà l’identità primaria di suo marito.
The Danish Girl osserva altrettanto l’interessante evoluzione pittorica nella mente e nel corpo che ha ospitato Lili per molti anni, con quella ripetuta veduta del paesaggio che ha infestato come un fantasma d’amore la pittura di Einar.
Oltre il paesaggio
“La palude è dentro di me”.
Singolare il cambiamento di Einar, che nello scenario di tutta la vicenda passa in sordina ma non è meno importante di tutto il resto. Ossessivamente dipingeva lo stesso landscape, tanto da non essere capito da sua moglie, cercando ogni volta di migliorarne i colori, la luce, la tattilità di un terreno paludoso, restituire l’odore della campagna e del legno al crepuscolo. Quello scenario, simboleggiato da quattro alberi persi all’orizzonte, era il luogo in cui trascorreva il tempo durante l’infanzia con il suo primo amore: un amico e compagno di scuola.
Fu il suo primo contatto con Lili e subito stroncato dall’intervento di un padre molto severo che sorprese i due bambini intenti in un innocente bacio. Furono separati di forza (si ritrovarono dopo molti anni grazie a Gerda). Da quel momento in poi Lili fu sepolta in quella palude ed Einar la tenne con sé dipingendola ripetutamente nei suoi quadri. L’arte anche in questo caso è stata una ricetrasmittente nella comunicazione con il proprio io: quando Einar divenne Lili, quest’ultima smise di dipingere. Non aveva più bisogno di quella connessione, di tenere tesa la corda che la univa con la sua vera essenza. Ora era nata, riemersa da quella palude che l’ha accudita per vent’anni.
Oltre la direzione registica
Hooper inoltre sceglie di dirigere ogni scena di The Danish Girl come un vero racconto pittorico intriso di poesia e grazia. Ogni inquadratura è una pennellata visiva resa possibile grazie alle scenografie, ai costumi e alla direzione della fotografia che hanno saputo mettere in risalto l’emozionalità di un racconto carnale.
Anche l’uso dello specchio gioca un ruolo molto importante e trova un suo naturale collegamento con l’autoritratto. Sono tre i momenti topici dove vediamo Einar, Gerda e Lili sdoppiarsi e fondersi l’uno nelle altre realizzando anche in questo caso un concepimento metaforico dato dalla scissione del sé e dal conseguente ricostituirsi come nuovo Essere.
Ma il protagonista registico indiscusso di tutto il film è il primo piano, trasposizione diretta del ritratto nel cinema. I primi piani sono parte centrale del racconto filmico e creano un collegamento diretto con le tematiche base del soggetto ma anche una comunicazione intima e diretta con lo spettatore che è costantemente in stretto contatto con l’espressività dei personaggi e un voyeur involontario. D’altronde è quello che succede con i ritratti: nella tela cogliamo accidentalmente quel segreto del soggetto dipinto che vuole svelare solo a noi.
Giada Destro