Il Corpo del fiore è un progetto speciale della giovane galleria Pallavicini22 di Ravenna, che presenta una serie inedita disegni e fotografie, rispettivamente di Gio Manzoni e Sara Meliti. Per i lettori di artscore.it un invito alla visita da due punti di vista, un doppio racconto nel testo critico a corredo del catalogo in mostra, dal 10 al 25 settembre.
L’esposizione è organizzata da CARP Associazione di Promozione Sociale in collaborazione con lo Spazio Espositivo
PALLAVICINI 22 Art Gallery e con l’ Archivio Collezione Ghigi-Pagnani, è patrocinata dal Comune di Ravenna
Assessorato alla Cultura e dall’ Accademia di Belle Arti di Ravenna.

Ricorda che ciò che è più bello al mondo è il più inutile, i pavoni e i gigli ad esempio.
John Ruskin
Esuberante.
L’aggettivo più indicato per un fiore, qualcosa che va oltre il necessario, che quasi esagera. Rappresenta la manifestazione più fulgida del processo vitale che coinvolge tutte le creature sulla terra, animali e vegetali. Non quella matura del frutto, la sua esplosione è un annuncio di ciò che in potenza diverrà. Un fiore è una promessa di nuova vita, e appare per restare per breve tempo, diventando altro da sé, come la giovinezza. Un fiore potrebbe palesarsi vestito di un rosa pallido, con petali adeguati a custodire gli organi che producono il polline, invece non basta, deve attrarre per farsi scegliere da un’ape che reintegra energia ad altri esseri viventi, innescando nuove trasformazioni nell’ecosistema.

La Natura segue un ciclo di creazione e distruzione: di nascita, crescita, sviluppo, riproduzione e morte. Al culmine del terzo stadio il saluto delle corolle è sfavillante, In un certo senso sfacciato, soprattutto se visto con gli occhi di un artista.
Per Giovanni Manzoni l’analogia tra il corpo femminile.e quello di una rigogliosa dalia, o di uno screziato giglio, avviene spontaneamente, dopo una pratica ventennale di fregi con coreografie anatomiche in punta di lapis. Sono fregi perchè spesso le muliebri movenze si moltiplicano, si intrecciano in articolate scene che non dimenticano una composizione simmetrica o speculare; sono coreografie perchè nell’insieme delle figure ritratte si legge un ritmo, una danza. Non sono per forza ballerine ma interpreti del linguaggio universale del corpo che sprigiona un’energia individuale e corale. Si tratta di un vitalismo che nella visione del disegnatore prosegue una tradizione non conclusa.

La Primavera è avvolta e circondata dai petali e la sua personificazione è donna per Botticelli, per fare un esempio antico di iconografia originale, libera dalla religione. Il suo passo è soave come quello degli altri personaggi dell’allegoria, costellata di fiori con precisi rimandi simbolici, tutto porta ad una dimensione spirituale. Più vigoroso quello delle figure che animano le carte di Manzoni, che non temono il rischio di dichiarare la loro gaudente appartenenza terrena. Esprimono semplicemente la bellezza dell’esistenza nel dinamismo delle forme. Perché no?

Nella storia dell’arte l’iconografia dei fiori ha mantenuto una funzione sia simbolica che decorativa, in quella più recente anche il nudo è portatore di idee o sentimenti. Una danza in tondo è pura joie de vivre per Matisse, citato dall’artista in un’opera di alcuni anni fa.
Sul versante della decorazione schietta, fa capolino nell’ispirazione di Manzoni lo studio dello Stile Liberty, detto anche Stile Floreale. E’ un gusto trasversale, che coinvolge diverse discipline, che elabora linee sinuose del mondo vegetale e animale, spesso accompagnate dal profilo del corpo femminile. Se è sull’architettura milanese di casa Galimberti, con la sua ceramica parietale, o sulle sculture del portale di Casa Campanini, che si posa lo sguardo dell’artista incontrando il Liberty, costituisce da anni un riferimento importante la grafica di Alphonse Mucha.
Anche maggiormente per il boemo prolifera nell’arte un’integrazione radicale di anatomie e tracciati vegetali. Queste scelte decise stanno portando l’artista a realizzare gli ultimi lavori con disegni arrampicati ad elementi architettonici in ambienti pubblici, ora con il Corpo del Fiore Manzoni apre un nuovo capitolo, più etereo e simbolico.

Tutta l’essenza della Natura è racchiusa nella metafora di un fiore che ha molto in comune con il corpo della donna, non in un intreccio ma solitaria figura che vive nella sua personale relazione con una creatura.
Quest’ultima cela un’informazione sulla signora, come l’attributo nell’iconografia di un santo o una bestiola che accompagna una dama rinascimentale. Austera e trasognante la modella condivide anche un’atmosfera: nella rispondenza armonica di uno stato d’animo soggiace un livello di lettura dell’opera. L’immagine funziona senza troppi segreti, senza cercare una simbologia codificata di quel garofano, o di quella peonia. Nondimeno la corrispondenza è da subito profonda, è l’affinità tra organismi complessi in potenza trasmettitori di vita. E’ il pensiero dell’artista prima della composizione, prima di immaginarsi le corolle.
Istruito a disegnare le anatomie come perfetta rispondenza tra funzione e forma, “un’architettura perfetta piena di leve muscoli ingranaggi, capelli, sguardi, piedi e mani che toccano te per come tu le disegni”, riscopre la disarmonia e la casualità di elementi che possono essere esagerati nelle proporzioni.
Non è necessario in questo progetto rispettare regole accademiche per trasmettere la freschezza di un fior di loto o di una peonia, perché ciò che conta è il movimento libero della danza di una chioma in espansione.

La crescita rigogliosa è per l’artista persino insubordinata alla funzione di custodire l’ovulo, che al momento giusto emanerà il seme risalendo attraverso le stimma e i pistilli. Gli organi interni potrebbero essere la parte più rilevante del fiore e della continuazione della specie, eppure la matita si attarda sulla corolla mossa, divampante colore, una controparte esteriore che per Manzoni è sempre in esubero rispetto alla semplice utilità. Forse anche giacché il mondo delle possibilità interiori si riverbera all’esterno con una grazia audace. Nella contemplazione di due mondi la bellezza supera il necessario, pur creando un’identità riconoscibile. Le corolle usano un linguaggio del corpo stupefacente per incontrare il loro destino.
“Se potessimo vedere chiaramente il miracolo di un singolo fiore, l’intera nostra vita cambierebbe.” Buddha
Buddha
Delicata.
In tutto il mondo l’esplosione floreale si veste di ogni foggia e colore. Che sia un carnoso giglio o un mandala di infiorescenze come il tarassaco, una nostra ulteriore lettura è quella di vederlo più seducente in quanto transitorio, fragile. La contemplazione della sua delicatezza ci tocca, alleggerisce l’anima.

Forse dura a sufficienza per farci rendere conto di quanto siamo fortunati a poter cogliere le meraviglie del creato, ma anche resistesse turgido nell’espace d’un matin, la sua trasformazione è continua ed inevitabile.
Sul tema della caducità si associa il senso della memoria in un progetto speciale della fotografa Sara Meliti, generalmente impegnata ad esplorare il linguaggio del corpo umano codificato dalla danza, sul palco del contemporaneo. Il reportage si intitola Flores Mei ed è tuttora in progress: reca su petali di seta il senso del ricordo di qualcuno che non appartiene più a questo mondo. Sono i fiori che popolano i luoghi di sepoltura, tutt’altro che silenziosi o tristi raccontano più storie e sentimenti di una collezione cinematografica. Le opere in mostra di Meliti fanno tesoro sia dell’esperienza teatrale che di quel viaggio nella memoria.
E’ interessante scoprire come tutta quell’estetica di linee sinuose del naturale, presente nelle affiche liberty d’inizio secolo, sia entrata nell’immaginario della musica degli anni della Contestazione e di Woodstock, sulle copertine dei dischi, ad esempio sui poster della band Big Five. Tralasciando il discorso della psichedelia rock suggerita dai colori complementari, ricordo che l’espressione Flower Power è stata attribuita al poeta Allen Ginsberg, protagonista della “selvaggia” generazione Beat. Il fiore con la sua delicata giovinezza è messaggero di pace, orgoglioso di non combattere. E’ molto più di uno slogan, è un ossimoro vibrante.
Quando i cannoni spareranno fiori il mondo sarà dedicato alla contemplazione, alla gioia e non all’offensiva. In un certo senso i teneri petali sono osservabili come esempio dell’inevitabilità del loro decadimento, su questo tema c’è tutta la storia della natura morta intesa come vanitas, che può continuare ad interessare l’umano senza accostamenti religiosi ma semplicemente come espressione del tempo scritto sugli elementi naturali, ancora più attuale in tempi di disastroso global warming.

La forza simbolica del fiore sta nell’accettazione della mutevolezza, nel farsi vessillo di vita in perenne transizione.
Ho già detto che l’artista può vedere in nuce, nella bellezza esteriore, lo sviluppo di una nuova vita. E’ così anche per Sara Meliti che rispetto al lavoro di Manzoni tende a esaltare l’interiorità che persiste nella forma più di ciò che l’esteriorità sublima, custodendo il cuore. Nelle foto di Meliti la donna accompagna il proprio silenzio alla voce tremula di tanti petali di un organismo vegetale. La poesia del piccolo incoraggia, muove alla possibilità di manifestarsi così come si è, delicati esseri.
Quando la mente di Ofelia si obnubila, nell’Amleto di Shakespeare, ella inizia a comunicare solo attraverso inintelligibili metafore floreali, quando misteriosamente cade nel fiume stava cercando di appendere coroncine di “di ranuncoli, ortiche, margherite” ad un salice. Esce di scena trovando conclusione al suo tormento nell’identificazione del verde, dell’acqua, e così viene resa immortale dall’immaginazione preraffaellita di Millais. Mi piace pensare che le Ofelia della fotografa invece di soccombere al destino in un letto di fiori galleggianti, vengano risvegliate dal sottile profumo di uno solo. La sua salvezza non consisterà nel perdere la sua fragilità, ma nell’accolgierla. Di fronte all’incedere del Tempo perderemo sempre, come accade al fiore condivide con noi la condizione di finitezza, ma essere coscienti di vivere in un processo infonde accettazione ed attaccamento alla breve giacché preziosa esistenza. Siamo forti della nostra delicatezza grazie all’esempio di un comune ranuncolo.

Sara Meliti osserva nella dimensione teatrale il movimento, attraverso uno scatto ferma l’istante in cui la danza esprime un moto interiore.
Le performer di Buto incarnano un approccio anti decorativo, scomposto e drammatico del linguaggio corporeo, la loro concentrazione è un atto di consapevolezza di quella fragilità. Ad essere ritratto è un personaggio teatrale che ritorna persona avvicinandosi, abbracciando, odorando corolle colorate. La pelle diafana pare riscaldarsi a contatto con il potere rigenerante dei petali. In altre immagini emerge dal buio la figura assorta della donna accompagnata da grandi fiori con i quali sembra intrattenere una relazione empatica. Se nelle sequenze giocate sul chiarore la modella tiene gli occhi socchiusi, e appare dedicata alla propria interiorità come in una sorta di rituale ancestrale, in queste visioni adagiate nella tenebra lo sguardo è rivolto altrove, fuori dall’inquadratura.

Si suggerisce così che i fiori che l’accompagnano non condividono soltanto una logica grafica, ma assumono la valenza di talismani protettivi. Essi potenziano l’attitudine alla riflessione, ma un attimo prima di alzarsi, come un Pensatore di Rodin in versione più dinamica, incoraggiata ad affrontare il mondo oltre la scena, animandosi portando con sè un’armatura di petali impavidi.
Mi sono a lungo interrogata sul senso del fare arte in un momento di crisi ambientale, su una sua utilità sociale senza lo scrupolo di enunciare una teoria. Tenendosi rispettosamente da parte rispetto alle certezze dei dati scientifici, restando il più possibile fedele al suo valore di portare in superficie ciò che è sentimento profondo. Una risposta è tra le più ambiziose: saper liberare la fragilità. E’ stato necessario viaggiare nel mondo per trovarla nel giardino dietro casa, sulla caduca corolla di un fior di pesco.
Michela Ongaretti
Per maggiori informazioni www.pallavicini22.com