Selfie. La periferia di Napoli vista dai giovani per Agostino Ferrente

by Michela Ongaretti
0 comment
Selfie. Alessandro e Pietro nel rione

Selfie, la periferia di Napoli vista dai giovani.

E’ stato presentato a Milano una settimana fa l’atteso docu-film di Agostino Ferrente, Selfie. Artscore ha partecipato all’incontro con il regista presso il Cinema Beltrade, che ha parlato della genesi del progetto e del rapporto con gli adolescenti attori I protagonisti sono Alessandro e Pietro, due ragazzi che scelgono come altri del rione Traiano di non lavorare con la Camorra, liberandoci dallo stereotipo del film di denuncia sociale dove la mafia regna senza defezione alcuna nel territorio.

Il racconto della vita quotidiana, tra problemi occupazionali, rapporti famigliari e l’amicizia come costante in una realtà difficile nella quale crescere si costruisce attraverso il video selfie di Alessandro Antonelli e Pietro Orlando, citati nei titoli come “fotografia”. Eppure l’occhio del regista è presente,  soprattutto nel montaggio, a cura di Letizia Caudullo e Chiara Russo, e nella  selezione delle scene girate per rendere una logica narrativa inedita e al contempo mai noiosa o ripetitiva.

Per una maggiore chiarezza informativa allo spettatore, in alcuni momenti le riprese provengono dall’inquadratura di telecamere fisse in alcuni punti delle strade, teatro delle abitudini degli adolescenti del rione, e si aggiungono spezzoni, sempre in modalità selfie, dei provini ad altri ragazzi, piccole interviste sintomatiche della mentalità e ritratto corale di una generazione.

Il film è prodotto da Art France e Magneto, Casa delle Visioni e Rai Cinema. Distribuito da Istituto Luce Cinecittà.

Lo sguardo selfie nell’amicizia fraterna dei due protagonisti riesce talvolta a commuovere, e persino ad essere ironico, intenerisce la volontà di cercare un presente il più possibile spensierato, come dovrebbe essere per tutti gli adolescenti. Artscore ha la fortuna di farvi sentire la visione a caldo di una giovane penna, Nathan Greppi, entusiasta del linguaggio cinematografico e vicina anagraficamente ai desideri e alle paure di Pietro e Alessandro.

 

SELFIE. RECENSIONE DI NATHAN GREPPI

 

Al giorno d’oggi quella dei selfie è diventata una moda che assieme ai social riflette il desiderio di mettersi in mostra, spesso al limite del narcisismo, soprattutto delle generazioni più giovani. Ma cosa succede se i selfie diventano uno strumento per raccontare una realtà sociale tutt’altro che idilliaca?  La risposta ce la offre Selfie, un documentario diretto da Agostino Ferrente e uscito nelle sale il 30 maggio, dopo essere stato presentato al Festival di Berlino.

L’occhio dei protagonisti

Il film è ambientato nel Rione Traiano di Napoli, e parte dalle vicende di Davide Bifolco, un ragazzo di 16 anni che nel 2014 fu ucciso da un poliziotto che l’aveva scambiato per un latitante, sebbene non avesse mai avuto problemi con la giustizia. Da qui due giovani del suo quartiere, Alessandro Antonelli e Pietro Orlando, attraverso un telefonino si auto-riprendono per narrare la vita quotidiana nel rione dove loro e Davide sono cresciuti, fatta di amicizia, svago e lavoro, in un luogo degradato e infestato dalla Camorra dove i giovani nutrono poche speranze per il futuro.

 

Selfie. Locandina

Selfie. Locandina del film di Agostino Ferrente

 

La prima peculiarità che salta subito all’occhio sta nel fatto che i due giovani sono sia protagonisti che cameraman del film; tenendo sempre l’i-phone puntato verso di loro mostrano allo spettatore uno spaccato della loro vita nel Rione Traiano, dove molti giovani lasciano la scuola precocemente per cercare un lavoro nel migliore dei casi o darsi allo spaccio nel peggiore.

L’occhio del regista Agostino Ferrente

Oltre a loro altri giovani abitanti del quartiere si fanno riprendere raccontando la loro quotidianità, le loro speranze e i loro timori. Tuttavia, il regista fa sempre sentire la sua presenza dietro le quinte, e talvolta se ne sente la voce mentre da istruzioni ai ragazzi, che a volte appaiono timidi e impacciati, sebbene non si facciano problemi a dire ciò che pensano davvero: una scena che colpisce chi non vive in quel contesto è quella in cui una ragazza di 16 anni non si fa problemi ad ammettere di essere disposta a sposare un criminale e a rimanergli fedele se questi finisce in carcere.

 

Selfie, frame del film

Selfie. Frame del film di Agostino Ferrente con le riprese dal cellulare di Alessandro Antonelli e Pietro Orlando


Un elemento inquietante sta nel fatto che alle immagini dei “video-selfie” si alternano le immagini delle telecamere sparse per le strade del quartiere, che riprendono spesso ragazzi che vanno in motorino come faceva Davide qualche minuto prima di essere ucciso.
Il documentario di Ferrente, che ai problemi sociali di Napoli aveva già dedicato anche il suo precedente documentario Le cose belle del 2013, ci offre uno sguardo dall’interno su una realtà spesso trascurata o trattata in modo superficiale dai media e dalle istituzioni, e lo fa attraverso uno strumento come l’i-phone, che tutti possiedono ma di cui pochissimi sfruttano appieno le potenzialità. E non è un caso che a sfruttarle siano due adolescenti la cui generazione è nata con questi strumenti.

You may also like

Leave a Comment