Federica Galli è l’acquaforte nel secondo novecento italiano. Un incisore puro, o inciditrice come la ribattezzò Giovanni Testori inventando un sostantivo femminile per la professione, vale a dire tra quei pochi che si sono cimentati esclusivamente con la grafica d’arte, nello specifico all’acquaforte, con quella dedizione che ha portato a dominare completamente la tecnica al punto da rendere inconfondibile il suo stile.
Federica Galli (1932-2008), è finalmente rappresentata da una grande retrospettiva a cura di Lorenza Salamon presso Palazzo Morando, visitabile gratuitamente su prenotazione fino al 27 giugno.
La mostra nasce dalla collaborazione del Comune con la Fondazione Federica Galli che tutela e conserva l’archivio dell’artista.
Incisione da collezione
Forse perchè l’unica a fare propria e quasi esclusiva la suggestione del paesaggio lombardo, è stata molto amata e collezionata fino alla sua scomparsa. Io stessa ho scoperto da bambina cosa fosse l’acquaforte da un paesaggio acquatico della Galli, alle pareti di un salotto milanese. Leggevo un esito intimista e poetico nascere dell’osservazione del reale e dalla maestria di trasporlo in un’immagine bidimensionale attraverso una tecnica personale, dalla resa prospettica attraverso quella definizione lineare e quell’alternanza di diverse gradazioni di nero e grigio, rese possibili dal sapiente controllo dell’azione dell’acido sulla matrice. Crescendo ho visto molti ambienti domestici connotati da quei paesaggi: rivelano come vi sia stata una stagione, tra gli anni ottanta e novanta, in un cui l’incisione entrava nelle piccole e grandi collezioni, e di cui Federica Galli è stata una regina incontrastata.
Senza il sensazionalismo della provocazione, senza la costruzione del proprio “personaggio” che talvolta caratterizza l’artista moderno, senza concessioni alla manifestazione di opere che siano rappresentative, forzatamente, dello spirito dei tempi. Il fascino che sprigiona dal bianco e nero di Federica Galli è personalizzazione di una tecnica che è diventata linguaggio, è la grafia di una bellezza sospesa, di un attimo rubato al Tempo.
Green Grand Tour
Cento acqueforti rappresentano l’evoluzione dell’opera di Federica Galli, immagini suddivise nelle principali tematiche affrontate nel corso degli anni con la speciale dedizione riservata a soggetti rurali e acquatici. Il titolo della mostra indica la vocazione alla Natura, ma offre anche uno sguardo sulle vedute cittadine di Venezia e Milano. Quest’ultima tematica rappresenta in particolare un’interessante testimonianza storica dell’incontro della giovane con la città duramente colpita dai bombardamenti.
Per ciascuna sezione è presente un estratto del testo presente nel catalogo edito dalla Fondazione e da E20 progetti con progetto grafico di Francesca Habe.
Gli interventi di Cristina Muccioli, Stefano Fera, Andrea Dusio, Tiziano Fratus, Stefano Zuffi e Mauro Broggi, toccano le sei direttrici su cui si sviluppa la mostra, suddivise in dieci sale al piano terra del Museo, allestite su progetto dell’architetto Michele Piva.
Federica Galli: una vita per l’incisione
Federica Galli nasce nel 1932 a Soresina, letteralmente circondata dal paesaggio di pianura che raffigurerà nel corso dell’intera vita artistica. Per crescere deve però lasciare la provincia e trasferirsi coraggiosamente a Milano, dove arriva giovanissima per frequentare prima il liceo artistico e in seguito l’Accademia di Brera. All’inizio degli anni Sessanta, ad Amsterdam scopre le incisioni di Rembrandt, deciderà così di dedicare la sua ricerca interamente al segno inciso.
Lavora alacremente per tutta la vita lasciando quasi novecento incisioni: sono tutti soggetti naturalistici, alberi, paesaggi di pianura, alpini e marittimi, architetture rurali e urbane, interpretati secondo uno stile personale, ben riconoscibile. Il suo successo è stato continuo e testimoniato da oltre trecento mostre a lei dedicate in Italia e all’estero. Il Comune di Milano riconosce l’importanza dell’artista, conferendole nel 1971 l’Ambrogino d’Oro e dieci anni dopo la sua scomparsa, nel 2019, iscrive il suo nome nel Famedio al Cimitero Monumentale.
Il panorama culturale di un’epoca
Introduce l’esposizione un excursus sulla figura di Federica Galli, con documenti, fotografie, dipinti, oggetti e premi tra i tantissimi ricevuti. Si osservano anche lettere e scritti di artisti, poeti e critici tra gli anni ’70 e ’90, che testimoniano la presenza attiva dell’artista in una vivace rete culturale, italiana ma anche di alto respiro internazionale. Spicca Giovanni Testori, critico di riferimento per la Galli, che favorì la sua crescita intellettuale mettendola in contatto con diversi intellettuali con cui la Galli ha collaborato realizzando spesso opere ad hoc, ispirandosi ai loro scritti. Tra le diverse collaborazioni cito le illustrazioni per Addio Milano Bella, con il testo di Dino Buzzati.
Tutto nella sala iniziale dove pare di essere invitati a proseguire la visita del Green Grand Tour dalla scultura a misura naturale della Galli realizzata da Ernesto Ornati. E’ una giusta contestualizzazione del personaggio e dell’opera, senza annoiare.
Cascine
Sono necessarie due sale per esplorare il tema dell’architettura rurale, tanta è l’attenzione data a Federica Galli fin dall’inizio della sua carriera a cascine, mulini, aie, campi e risaie. Anche se in minor misura rispetto alla sezione successiva troviamo l’acqua come elemento tipico della vita e del lavoro agricolo. Le architetture silenti si ergono nelle campagne con le caratteristiche tipologiche e funzionali tradizionali. Sono le cascine della pianura padana, sulle quali lo sguardo si posa da lontano, senza abitanti, come in una veduta dove è il paesaggio a vincere sull’intervento urbano o a richiedere un suo adattamento.
Talvolta queste costruzioni mostrano un decadimento che il bulino dichiara graduale e derivante dall’abbandono, ma senza gusto decadente per l’idea di rovina. Baluardi della vita operosa possibile nell’integrazione con la Natura circostante, sono soggetti di un “censimento inciso” che parte dal Cremona per allargarsi a tutta la Lombardia. Le cascine di Federica Galli sono un lascito prezioso per il patrimonio architettonico in parte perduto.
Lo studio dell’incisore
E’ presente in mostra anche il grande compagno di tutta la carriera di Federica Galli: il suo torchio calcografico. Accanto allo strumento è possibile leggere un’introduzione alla tecnica dell’acquaforte di Lorenza Salamon, alla parete l’esempio di una matrice incisa con un esito di stampa dell’artista.
Pianura padana/ Natura
Nella sezione dedicata alla pianura si arriva al cuore della produzione della Galli: essa è in qualche modo sempre presente ed è stata origine e sviluppo del suo approccio al segno inciso. E’ inscindibile dalla ricerca l’osservazione vivida del paesaggio connotato da zone umide, nella scelta anche di piccole apparizioni di una superficie specchiante, cangianti riflessi d’acqua resi magistralmente senza l’uso del colore. Nella logica grafica del bianco e nero la Galli riesce a diversificare la sostanza materica degli elementi nei rapporti formali tra alberi, erba, foglie, pozzanghere e corsi d’acqua .
Le linee trasmettono nella trasparenza della sovrapposizione delle fronde una soggestiva profondità prospettica semplicemente operando una sintesi tra la viarità e la complessità delle componenti naturali. L’atmosfera della pianura è suggerita dal delicato equilibrio di luci e umori, possibile grazie alla rara capacità ( attribuita solo a Pirnaesi nella storia dell’incisione) di incidere direttamente en plein air. Federica Galli ha portato sulla carta la poesia semplice di radure, sottoboschi e rogge senza farsi intimorire da situazioni climatiche avverse.
La Signora degli Alberi
Federica Galli è conosciuta anche come la Signora degli Alberi per il lavoro dedicato fin dagli esordi agli alberi monumentali, ben prima che divenissero oggetto di classificazione e tutela. E’ un ciclo ininterrotto che unisce le ragioni italiane come in una sorta di green Grand Tour contemporaneo la ricerca e la rappresentazione di esemplari, selezionati per motivi storici, letterari, estetici e leggendari, non solamente botanici.
Trent’anni di ricerca per una raccolta di settanta opere per altrettanti monumenti verdi, dal Friuli alla Sicilia, sentinelle del passaggio temporale oggi oggetto di catalogazione scientifica. Di questa sezione segnalo la peculiare scelta stilistica del Platano del 1994. La figura arborea è isolata contro il fondo nero, rendendo chiari i dettagli con un’aura d’apparizione magica.
Milano dal Dopoguerra
L’acquafortista raggiunge il capoluogo lombardo nel 1946, che l’accoglie con l’immagine sfigurata dei bombardamenti negli edifici del centro. Federica Galli ritrae un momento di trasformazione caratterizzato sia dai ruderi che dal concomitante avanzamento delle nuove costruzioni. La sua vocazione al paesaggio la porta a scovare anche in città gli scorci di verde dei parchi o l’integrazione urbana con i monumenti spesso diroccati.
Come indica Stefano Zuffi l’artista “osserva, studia, incide e restituisce ferite e dolore, ma anche la voglia di rinascita dei milanesi”, vediamo così le grandi imprese architettoniche della rinascita economica come gli scavi della prima metropolitana o la nascita della stazione della Bovisa, più di recente la costruzione del terzo anello di San Siro negli anni ottanta.
Vedute veneziane
Le incisioni veneziane fanno parte invece di un progetto di mostra a carriera avanzata. Su suggerimento di Giovanni Testori e Renzo Zorzi sfida la grande tradizione degli incisori del Grand Tour. Zorzi è stato promotore dell’impegno culturale di Olivetti che ha commissionato a Federica Galli trentanove scorci della città lagunare.
Le spettacolari acqueforti furono una sfida sia per i formati, che in alcuni casi hanno richiesto l’impiego di due lastre, che per le scelte stilistiche sui soggetti scelti con sguardo inedito, ben testimoniate nelle interviste rilasciate dall’artista in occasione della mostra alla Fondazione Giorgio Cini dell’isola di San Giorgio. Per la prima volta l’istituzione ospitò un artista vivente, modificando appositamente il proprio statuto.
La Fondazione Federica Galli
La Fondazione nasce per lascito testamentario dell’artista, continua la promozione della sua arte attraverso convegni, volumi ed esposizioni, ma si dedica anche a divulgare conoscenza circa il ruolo dell’incisione, della grafica e del multiplo nella cultura occidentale moderna. le diverse iniziative didattiche sono sostenute per intero attraverso la vendita delle stampe originali, lasciate da Federica Galli a questo scopo.
Michela Ongaretti