Che siate tornati o non ancora partiti, o vi trovate ad essere turisti cittadini, la Milano estiva offre alcune mostre interessanti da visitare. Tra queste consiglio la retrospettiva di Fang Zhaolin ( 1914-2006), per fare un tuffo nella pittura cinese moderna, senza allontanarsi dall’Italia e ad ingresso libero per poterla vedere e rivedere.
L’esposizione è prodotta e ospitata dal museo della Permanente di via Turati, in collaborazione con il Museo Xuyang di Pechino e rimarrà aperta fino al 10 settembre. E’ curata da Daniel Sluse (direttore dell’Académie Royale des Beaux Arts di Liegi) con la collaborazione di Jean Toschi Marazzani Visconti, ed ha ricevuto il patrocinio della Regione Lombardia e dal Comune di Milano.
Si potrà esplorare il lungo percorso artistico della pittrice cinese attraverso ben 66 opere su carta di riso realizzate con inchiostro nero calligrafico e con pigmenti colorati, in entrambi i casi utilizzando il pennello calligrafico orientale, innovando la tecnica tradizionale per creare uno stile originale rispetto all’epoca e alle creazioni di altri autori conterranei; non diciamo necessariamente in territorio cinese perché molti lavori hanno visto la luce durante i numerosi viaggi e soggiorni esteri di Zhaolin. Molte opere sono di grandi dimensioni, rendendo l’esperienza di visita ancora più suggestiva.
Sicuramente Fang Zhaolin rappresenta un’eccellenza e un’ unicità nel panorama dell’arte cinese del ‘900, ma è anche interessante la sua figura intellettuale, una personalità libera che ha attraversato il secolo scorso, i suoi episodi tragici per la storia dell’umanità e per la sua storia umana. Perde il padre in tenera età e rimane vedova a trentasei anni, poi si trova a dover gestire l’azienda di famiglia e ad allevare otto figli, eppure continua a studiare e dipingere, allieva e discepola dei più grandi maestri cinesi. Per la sua ricerca intraprende molti viaggi e residenze di lunga durata in Asia, in Europa (soprattutto in Gran Bretagna), in Brasile e negli Stati Uniti, tornando diverse volte in patria.
Il riflesso di tutto questo, dei viaggi e della conoscenza della storia dell’arte e dei movimenti artistici europei e mondiali, vive nella sua pittura che può ben essere considerata un ponte, un collegamento, tra la tradizione artistica e culturale cinese e quella occidentale. Le due visioni convivono nelle sue opere, pur mantenendo come punto di partenza ed osservazione la Cina; il suo linguaggio non si traduce quindi in un’appropriazione di stilemi del pre e post impressionismo, del fauvismo, del cubismo e dell’espressionismo astratto, piuttosto la lezione assorbita dei grandi maestri convive assimilata alla rappresentazione di paesaggi sublimi, paesaggi dipinti che spesso sono stati creati lontano dalla Cina e che sono perciò immagini mentali, generate dal ricordo e dall’osservazione passata, con un desiderio di “parlare cinese” al mondo pur nella comprensione e nell’arricchimento di ciò che è stato davvero innovativo per noi occidentali, che abbiamo guardato e guardiamo tutt’ora un’arte frutto di una cultura lontana.
Il suo instancabile viaggio alla “ricerca della propria origine cinese” come scrive Sluse, la porterà a fare la conoscenza dell’arte moderna che sarà uno stimolo a comprendere meglio la propria cultura d’arte, per portarla come tutti i grandi artisti a volerla innovare. Ritrovare la sua tradizione per poterla vivere in maniera libera e personale.
In questi lavori, degli ultimi quarant’anni carriera di Zhaolin, notiamo l’utilizzo di colori contrastanti e vivaci e la descrizione dei monti ergersi a momenti come figure geometriche quasi astratte a partire dal basso di uno specchio d’acqua popolato da piccole figure di un’umanità intenta nel lavoro quotidiano, con una prospettiva fuori dalle regole codificate dal nostro Rinascimento in avanti. I contorni scuri che a noi appaiono pennellate veloci capaci di costruire un ritmo musicale nel loro percorso sono qualcosa che noi occidentali non avvertiamo istintivamente di grande portata innovativa della disciplina impiegata da Fang Zhaolin, non essendo osservatori figli della pittura cinese e la sua storia. Viene in nostro aiuto il Prof. Yguo Zhang, storico dell’arte e direttore del Dipartimento di Calligrafia e Pittura Cinese della Poli Cultura di Pechino, già ricercatore del Museum of Fine Arts e al Metropolitan di Boston, che ci consola affermando che in realtà non sono molti i cinesi a conoscere a fondo la calligrafia, difficile da comprendere perché non è semplicemente un insieme di simboli e caratteri ma un’arte a sé, ma che tutti possiamo godere del suo risultato e dell’atmosfera evocata dalla raccolta di lavori in mostra.
Zhang fa notare come l’alternanza continua di inchiostri leggeri e densi, tra i grigi e i pigmenti colorati proviene dall’unicità di un talento che ha saputo integrare la calligrafia cinese tradizionale nella pittura. La calligrafia si trasforma in pittura utilizzando gli strumenti del pennello, inchiostro, carta e pietra d’inchiostro, come mai prima, in un intreccio senza soluzione di continuità tra le due discipline.
E’ lo stesso stile calligrafico ad evolversi dagli anni sessanta, si badi bene da quando i suoi spostamenti tra oriente e occidente si fanno più numerosi, punto di partenza con linee decise e nette verso un punto di arrivo caratterizzato da imprevedibilità più ricca e accentuata di linee pesanti e leggere, bagnate o asciutte, aspre e discontinue pronte ad accogliere e accogliere il colore nel loro percorso. Esplorando il soggettivismo del nostro novecento nel suo aspetto gestuale e istintivo, (qualcuno vede nei dipinti in mostra una eco della visione di Pollock, Kline, Kandinsky e Cézanne), Fang Zhaolin è cinese con il cuore, l’occhio e la mano; ancora vicina, forse più vicina, al suo territorio culla della sua ispirazione artistica.
Fang Zhaolin, è tra i più grandi artisti cinesi, acclamata in patria dove la sua “avanguardia” pittorica ha lasciato una eredità indelebile. Se ora ci sono in Cina delle scuole che insegnano pittura insieme alla calligrafia, gran parte del merito è suo. Ha aperto un varco tra la divisione delle discipline e costruito un ponte tra oriente ed occidente.
Da vedere per entrare nelle atmosfere della Cina più antica e profonda, attraverso lo spirito e il pennello contemporaneo di una grande innovatrice.
Michela Ongaretti