Setsu Ito. Il designer giapponese più italiano al mondo

by Michela Ongaretti
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Setsu Ito. Il designer giapponese più italiano al mondo. Intervista di Michela Ongaretti prima della Design Week2016

Setsu e Shinobu Ito

Setsu e Shinobu Ito – Milano Design Week 2016 e Salone del Mobile

Eventi Fuorisalone 2016 Milano Design Week : Setsu Ito –  intervista diMichela Ongaretti.  L’anno scorso ho scritto (vedi articolo) della partecipazione alla Design Week della coppia di designer Setsu & Shinobu Ito: sono un’importante presenza fissa da tempo e anche nel 2016 ci sarà la possibilità di vedere il loro lavoro sia al Salone del Mobile che al Fuorisalone. Quest’anno ho avuto l’onore di essere ricevuta nel loro studio aMilano, dove ho rivolto alcune domande a Setsu Ito e mi sono immersa nel suo mondo creativo, fatto di compenetrazione tra la cultura giapponese di origine e quella italiana.

Setsu e Shinobu Ito

Setsu e Shinobu Ito

Noi che ora guardiamo all’estremo est come luogo di opportunitàper chi opera in ambito artistico e progettuale, dovremmo sempre pensare cheper il design quella italiana è da sempre reputata una grande scuola.

E’ il ricordo delle esperienze giovanili, dell’entusiasmo di un mondo nuovo a far brillare gli occhi di Setsu Ito quando mi racconta del suo “incontro” con il nostro paese.

Era la fine degli anni ottanta e in Giappone si parlava moltissimo delmovimento postmodernista italiano, il giovane non sapeva ancora esattamente in che modo far nascere la propria carriera e dal paese stesso ebbe un’impressione assai positiva ma del tutto differente dalla cultura del paese d’origine. Ciò che lo impressionava maggiormente era come qui gli oggetti vecchi e antichi avessero un valore e fossero usati da tutti anche dalle menti brillanti mentre in Giappone ciò che è vecchio è considerato povero, poco utile o soddisfacente. In Giappone ogni cosa è nuova, mi dice.

Salone del mobile 2016, Studio Ito per Adrenalina

Setsu ha lavorato con Studio Alchimia di Alessandro Mendini, Angelo Mangiarotti e Aldo Cibic, che lo meravigliò per il fatto voler aiutare l’amico in un trasloco con una vecchia.. Cinquecento! Insomma per lui tutti gli incontri con i grandi del design sono stati all’insegna della semplicità, i nomi presenti nei media più prestigiosi, con le idee più rivoluzionarie e una gran “voglia di fare”,erano umani, non “facevano barriera” come nel contesto nipponico.

E’ quindi entrato nel gotha del design italiano adottando questo entusiasmo genuino, e il suo talento ha potuto svilupparsi unendo la filosofia giapponese a quella di casa nostra.

Con mia grande gioia mi regala il libro di Virginio Briatore che ha seguito il progettista fin dagli esordi. Nel volume definisce lo studio Ito east-western designer, mettendo in risalto cinque concetti, Ito mi dice come le cinque dita, che esemplificano questa visione.

Space Rythm evidenzia per i giapponesi lo stretto rapporto – tattile – con il terreno.

Nella nostra tradizione non c’è la sedia e il modo di sentire il terreno viene dal fatto di essere un popolo molto legato all’agricoltura.” Per Ito ciò che è tattile lo è materialmente e nel senso della forma, come in alcuni lavori dove non ci sono linee parallele; proseguono verso il pavimento con un andamento che cambia a seconda della visuale, come ad esempio per il divano Cosmos con inclinazioni diverse per ogni angolo, e per le boccette di cosmetici Vecua.

Anche Senscape descrive il paesaggio della linea, dettato da questo input sensoriale dal terreno.

Emotional Island è l’idea creativa che pone sempre priorità nei rapporti,anche con l’ambiente e con la possibilità di esplorarlo intorno, da diversi lati, come per la cucina chiamata appunto Isola nel 2004.

La cucina Isola ad Abitare il tempo, Verona2004

Sott’acqua i pesci le rocce e le alghe formano un universo che sembra un festeggiare intorno ad un’isola”, che per Ito è una funzione. In Giappone la cultura architettonica fa sì che un’abitazione sia flessibile, le mura movibili a seconda dell’uso momentaneo e non c’è un luogo fisso come per noi, dove ad esempio una cucina ha una strumentazione separata e specifica dal resto della struttura. E’ un’idea che aveva messo in pratica l’occidentale Le Corbusier. Il divano Edera si muove, cambia la propria organizzazione dei volumi a seconda del momento, e dei rapporti tra chi vi è seduto.

Il concetto di Leaf solid regala pure all’Italia parte del pensiero del Sol Levante.Setsu mi spiega che il Giappone è naturalista prima di essere minimale:è osservando gli elementi naturali come una foglia che ci si ispira, e non è detto che siano elementi semplici. Dal punto di vista geometrico una foglia è complicata! Inoltre molte forme della Natura hanno una poliedricità innata, quindi in un progetto di interior se “serve la linea semplice e pulita è necessaria anche la vivacità, quella naturale. Se in Occidente l’uomo e la Natura sono due opposti, il primo vuole lasciare il segno nella seconda, in Giappone invece si vuole rispettare il più possibile perché anche l’uomo ne è parte. Ed è stato parlando con Mendini che me ne sono reso conto”.

Per la mostra Frottage nel 2013 ho mescolato tutti i materiali naturali tra cui la pietra che è un materiale tipicamente occidentale. Esso è nato tridimensionale, mentre la carta che è nata unidimensionale può espandersi in bi-multi dimensionale con il meccanismo degli origami. Anche qui si sente il tattile della natura, ma la modularità nella pietra ha anche la funzione di alleggerire, avvicinarsi all’idea del solido composto da una superficie sottile.

L'installazione per Grassi Pietre, design Studio Ito

Se penso a Marmomacc nel 2012 mi viene spontaneo domandare..in che modo si sviluppano i vostri progetti riguardo alla tematica ecosostenibile.

Per Setsu Ito ciò che conta è l’approccio nel riutilizzo di un materiale, nella sua scelta oculata di ciò che può durare anche con la sperimentazione. La parete per Grassi Pietre è infatti in pietra di scarto, graffiata o spezzettata poi ricomposta, e muschio: è la sua frammentarietà intrinseca ad enfatizzare la modularità ritmica. Per il Salone di quest’anno i mobili in cartone pressato diStay Chair e Botto Armchair con pouf di Staygreen subiranno invece un nuovo trattamento impermeabilizzante, per aumentare la durata del pezzo e renderlo più versatile.

Mi fa l’esempio di un resort su un’atollo, che in nuce mostra le stesse problematiche della città, solo che non si possono nascondere: la spazzatura non si può trasportare altrove e se non c’è acqua di sorgente bisogna crearne di potabile dal mare. Setsu Ito pensa alla responsabilità che hanno le aziende verso tutto ciò che rimane occulto dei nostri consumi: i designer devono pensare al lungo periodo con reale attenzione al problema e per fare tutto questo ci vuole unsistema attivo. Quello che serve è un’attenta sperimentazione dei materiali riciclabili che costano ancora molto, quali e come usarli. Ad esempio si può utilizzare il legno di potatura, ma oggi è mescolato con la plastica che va bene per l’estrusione ma non per iniezione, quindi difficile produrre in serie con uno stampo. Insomma la strada è ancora lunga.

Salone del Mobile 2016,Setsu e Shinobu Ito per Staygreen

Chiedo se lavorando in coppia esiste una divisione netta dei compiti nello studio, ma mi risponde che non c’è un ruolo preciso, “l’importante è essere in due per confrontarsi”. Shinobu ha una visione più commerciale e funzionale, avendo lavorato a lungo alla Sony Creative guarda con lungimiranza al mercato, ma spesso le sue idee creano una svolta. E’ ripensando ad Edera, un progetto ormai iconico, che Setsu ricorda come i de pezzi fossero concepiti come porta sale e pepe, Shinobu suggerì la sua realizzazione come mobile.

Continua a parlarmi del suo lavoro con grande naturalezza e modestia, quando accenno ai premi internazionali vinti mi spiega che Good Design in Giappone rappresenta per un prodotto o prototipo la qualificazione per poter essere industrializzato, ciò che dimostra qualità e perfezione. Per lui è stato ilportapenne How senza angoli, “tutto un difetto”, con cambi di spessore che creano una non-omogeneità: prima di capire come produrlo si è dovuto buttare lo stampo alcune volte eppure..la caparbietà di questi progettisti ha fatto premiare il lavoro. Vedo sullo scaffale le ciotole coloratissime Guzzini My Fusion e Setsu mi spiega l’innovazione della tecnologia, nello stampo ad iniezione di tre coloriCon la stessa intonazione di voce mi dice che può andare in lavastoviglie e che un mese prima ha vinto il tedesco Design Plus2016.

MYFUSIONGUZZINI_01

Per il 2016, come il 2015 del resto, la presenza dello studio Ito alla Milano Design Week 2016 è notevole.

Mi mostra il sistema di schienali per sedute in luoghi pubblici Maji diAdrenalina, differente nel concetto di creare con l’ambiente non un contatto ma una separazione per la privacy, e il progetto che mi ha più colpito: si tratta di unmobile per macchine da cucire di New Days- Futaba Aisin, del gruppoToyota, che ha iniziato come Suzuki a produrre prima delle auto macchine di questo tipo, ora super-computerizzate. Ciò che conta sono anche qui i rapporti e questo arredo con due pouf è inteso come una work station, favorisce la comunicazione “del passaggio”, quella che si instaura quando si lavora in due, quella del maestro sarto e del suo apprendista. Vedremo anche il tavolo Kukiper Riva 1920, mentre per Desirée del gruppo Euromobil gli Ito hanno disegnato i side table Yori e Sabi e il letto Shellon.

Al Salone del Mobile 2016 Aisin Futaba, design Studio Ito

Altri pezzi sono in anteprima al Fuorisalone 2016 presso lo showroom di via Rossini Hands on Design, brand che ha come mission la collaborazione tra noti designer con officine artigiane, che nel caso di studio Ito provengono dalla tradizione giapponese. Parliamo dei bicchieri in vetro Dondolino, si chiamano così perché la forma ne consente il dondolio, decorati in tre maniere diverse con la lacca Urushi dall’artigiano Maruyoshi Kosaka. E ancora i piatti Traccia inpietra nera di Ogatzui e Giardino Sasso in porcellana Risogamafabbricata da Terauchi. Altri artigiani della ceramica di tradizione coinvolti, stavolta italiani di Faenza e Albisola, alla Fabbrica del Vapore per la mostraTogether L’oggetto per due. Si tratta del set di tre vasi Hybrid Family, ironici e sinuosi con i pattern decorativi a suggerire l’idea del felino: dimostrano ancora una volta il legame forte con la patria d’origine e la scelta professionale e di vita tutta italiana dei designer.

Fuorisalone 2016 Hybrid family dello Studio Ito alla Fabbrica del Vapore

Michela Ongaretti

 

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